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Paura di cadere

Scritto da il 25/02/2025

Mi avessero detto a settembre che a febbraio avrei avuto paura di retrocedere, li avrei presi per scemi.

Non credevo che il Perugia avrebbe ammazzato il campionato, ok, pensavo piuttosto a un piazzamento decente per i play-off. Un quinto – sesto posto, tipo. Però non avrei mai creduto di vedere il nostro Grifo in zona playout a 10 turni dalla fine. E provo a spiegare il perché. 

Pur nelle problematiche della nostra rosa abbiamo comunque gente che ha fatto categorie più alte, che proviene da vivai importanti. E forse più di tutto avevo la rassicurante certezza che diverse delle squadre nostre avversarie avessero scarsa dimestichezza col pallone, e in un mondo di ciechi chi ha un solo occhio è un re.

Devo anche ammettere che sulla base di questo ragionamento fino al nuovo anno non guardavo nemmeno chi stava sotto in classifica, piuttosto cercavo di capire quanto servisse per far parte della lotteria dei play-off, da giocare a scopo ludico più che sperando in chissà cosa. 

Diciamo che la sconfitta contro la Vis Pesaro non è stata tanto la mannaia finale sulle speranze di un play off con piazzamento decente, tenuto comunque conto che fare la fase finale da sotto il terzo o quarto posto ti regala un’illusione più che una prospettiva, quanto una coltellata sulle mie certezze: possibile che facciamo così schifo da rischiare da retrocedere in serie D? La risposta affermativa è venuta la settimana successiva dalla sconfitta di Lucca, maturata dopo essere addirittura passati in vantaggio, a casa di una squadra che come detto dall’allenatore dei toscani nemmeno percepisce gli stipendi. Uno sfacelo. Jovanotti canta (o almeno ci prova) che la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare. Le mie vertigini, a Lucca, invece nascevano guardando in basso la serie D.

La sconfitta di Lucca è stato l’ennesimo attentato alla mia carriera di tifoso. Perdere giocando in maniera pietosa contro una squadra sull’orlo del fallimento fa male. Ma se dovessi dire di essere rimasto sorpreso da quella partita sarei un bugiardo. Perché che l’andazzo fosse quello era chiaro da due mesi e (specialmente) le ultime partite di Zauli sono state un inutile strazio.

Proporre la squadra con un modulo inadatto per buona parte della rosa, il 4-2-3-1 (vorrei capire in società, se è vero quello che disse Formisano, chi spinse per mettere in campo la squadra con un modulo così inadeguato), interpretandolo in una chiave di possesso palla e palleggio totalmente conservativo, senza movimenti dei giocatori ad accompagnare possibili attacchi e senza un filtro credibile in fase difensiva aldilà di due mediani che, a parte Giunti, non hanno nella mobilità la loro dote migliore è valso passare da essere comprimari in una C di scarsa qualità a rischiare di perdere categoria e faccia giocando un playout, e quindi avendo reali prospettive di retrocessione, contro avversari mediocri. 

Zauli, purtroppo, è stato per me una grossa delusione, al livello dei vari Oddo e Castori ai quali dobbiamo la frequentazione della terza categoria.

Sentirlo parlare sempre di palleggio, come se il calcio fosse semplicemente passarsi la palla, quando nel 4-5-1 di Guidolin, modulo in cui lui è esploso e di per sé simile al suo 4-2-3-1, la differenza la faceva l’intensità feroce di quella squadra, che noi non abbiamo mai mostrato nemmeno per un minuto, mi ha fatto incazzare quanto quando sentivo parlare Bisoli di partite che non esistevano, con la differenza che almeno Bisolone ci metteva un’enfasi e una teatralità nelle dichiarazioni che facevano quasi il giro diventando istant classic di arte surreale, mentre Zauli mi ha condotto alla tristezza. E non solo a me.

Trasformato, per dirne uno, Montevago da terminale feroce a spaesato naufrago nella metà campo avversaria, il destino si è compiuto, seppur in ritardo, con l’esonero. Perché che “gli atti non fossero belli” era ben chiaro, e se devo assegnare una colpa alla società è proprio non essersi mossa tempestivamente quando era adamantino che l’andazzo con Zauli era disdicevole a dir poco.

Zauli si è giocato tutti i jolly mettendo insieme meno di un punto a partita e dando la sensazione di lasciare una squadra ancora più involuta (e già quando l’ha presa non è che fosse “evoluta”, per dire). Le assenze, specie in difesa, sono un alibi che però è stato sovrastato dalla quantità di scelte e impostazioni tattiche sinceramente rivedibili messe in campo in questi mesi. Zauli ha provato ad impostare un gioco plausibile per 3 o 4 partite e poi il progetto è imploso, così come il rendimento dei giocatori. Il mazzo di carte senza jolly passa ora a Cangelosi, che dovrà giocarsi la sua partita con margini di errore davvero risicati, perché la situazione è davvero compromessa.

Quando mi è arrivato da amici il messaggio dell’arrivo di Cangelosi la prima reazione è stata “Chi cavolo è?”, ma poi ho ricollegato il nome a Zeman e ho avuto una reazione mista. 

Positiva perché adoro il calcio di Zeman, negativa perché una proposta di gioco così peculiare e propositiva non so quanto possa essere assorbita bene in così poco tempo, specie in una situazione di estrema difficoltà come quella che vive oggi il Perugia, fisicamente e psicologicamente. Il dubbio, ancor più dopo domenica, è anche dal punto di vista atletico, e la partita di Chiavari è stata piuttosto esemplificativa: la squadra ormai non è neanche più abituata a correre, ed ha mostrato i propri limiti fisici nell’ultima mezz’ora, quando il Grifo era palesemente sulle gambe. La speranza è che con avversari meno forti tecnicamente e fisicamente della capolista Entella i biancorossi riescano a gestire meglio nell’arco dei 90 minuti le proprie energie non finendo in riserva come capitato domenica. 

Pur nella sconfitta, domenica, sono venuti fuori degli aspetti positivi totalmente sconosciuti nel corso degli ultimi due mesi, tipo che abbiamo giocato a calcio muovendoci. E questo non può che essere buono. Anche se la situazione nel suo complesso ha bisogno di una sterzata davvero forte per rientrare nella rotta corretta nei tempi stretti a cui il campionato ora ci costringe. I giocatori devono essere pienamente consapevoli della situazione e spingere in questi due mesi, perché al terzo allenatore non hanno più alibi. È ora di tirare fuori l’orgoglio, ne va della dignità di tutti.

Federico Basigli per TifoGrifo

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il 25/02/2025.
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