Che ne sarà di noi?
Scritto da Redazione il 05/06/2023
Se le vittorie hanno molti padri, le sconfitte, come noto, nascono spesso orfane.
Si ritrova, al massimo, la mamma, ma nemmeno sempre.
Così il Perugia torna nell’inferno della Serie C per la seconda volta in tre anni, e se la prima volta la speranza, poi ottemperata, era che fosse una roba di passaggio, stavolta, con una società più debole ed un pubblico più sfiduciato, si prospetta un periodo non semplice.
Il Presidente
La mamma della retrocessione è Santopadre, penso lo sappia anche lui. Il primo a rimetterci è chi sta al comando e, consapevolmente o meno, il presidente è rimasto sempre più solo. Per imperizia, carattere e disponibilità economiche (mettete voi in ordine le tre voci) la situazione in questi ultimi anni, mano a mano, è andata deteriorandosi. Sarebbe servito un colpo di scena positivo, tipo un successo anno scorso ai playoff, ma certe cose succedono più nei film che nelle stagioni del Grifo, che invece se iniziano ad andare male seguono la legge di Murphy: se inizia a piovere, probabile che grandini. Santopadre non solo è sembrato avere sempre meno legami all’esterno della società, nel territorio, ma è riuscito nel nefasto compito di saldare le varie anime a lui antagoniste, quelle di chi gli imputa tradimenti di vario tipo (il post La Spezia, per dire, che a mio avviso è il peccato originale), quelli che gli imputano la mancata A in tre anni, quelli che ne contestano la mancanza di programmazione, quelli che ambivano a qualcosa nella società e non l’hanno avuto.
A Santopadre riconosco il merito di averci riportato in B e il limite di non aver capito che per tutta una serie di motivi, giusti o sbagliati che fossero, conveniva a tutti cedere la società – o quantomeno cercare un modo diverso di gestione della società – prima di arrivare ad un epilogo come questo.
Conveniva a tutti, a lui per primo.
Non so se e quali offerte siano arrivate, ma forse per uscire da questo matrimonio finito male (come il 99% dei matrimoni calcistici) conveniva anche rinunciare a qualcosa, invogliare qualche compratore, mostrarsi più risoluto nella volontà di vendere. Detto che non so se sarebbe stato meglio o peggio chi fosse arrivato al suo posto, in questo calcio in cui i conti non tornano mai.
La società (Presidente e Direttori sportivi)
Penso che la società si sia preoccupata troppo di un campionato descritto come una sorta di A2 che valeva meno della stessa serie B dello scorso anno. Onestamente pensavo anche io che i valori fossero ben più alti, visto il blasone e le supposte potenzialità di parecchi club, ma alla prova dei fatti questa considerazione è stata smentita dalla realtà, avendo visto una qualità di gioco che al confronto le sane partite di Serie C degli anni 90 erano accademia del futbol. Noi ci abbiamo messo del nostro a rendere il campionato più brutto possibile, ma penso di poter dire che la pochezza tecnica di questa serie B sia stata generale, tanto che l’impressione che abbiamo avuto tutti quanti è che, nonostante facessimo regolarmente schifo, le altre squadre non fossero tanto meglio, e più perdevamo punti, meno le squadre davanti ci staccavano, un fenomeno che ha reso la retrocessione quasi un miracolo alla rovescia.
La scelta della società (Presidente e direttore sportivo Giannitti) di prendere Castori penso abbia seguito 2 criteri precisi: confermare la difesa a 3 e mettere in panchina un mister di esperienza che doveva essere un valore aggiunto quando si andava a combattere contro le supposte corazzate.
Sul primo aspetto non si è tenuto conto che la difesa a 3 di Alvini stava 30 metri più avanti di quella di Castori, per dirne una, e quindi aveva caratteristiche tattiche quasi opposte, praticamente un altro sport.
Al netto dei gusti personali non avrei mai preso Castori (e non lo avrei nemmeno richiamato), ma non perché sia un fautore del tikitaka quanto perché non mi sembrava l’allenatore adatto per diversi elementi della rosa. Diciamo poi che a mio avviso, tranne poche eccezioni, un mister deve in primis non fare danni, e certi modi di Castori mi hanno dato nel corso dell’anno l’idea di un padre padrone senza nemmeno la necessaria autorevolezza. Dopo Baldini, intermezzo semiserio di un allenatore con una filosofia molto particolare, avrei chiamato di corsa Breda, scusandomi per averlo esonerato qualche anno fa in un modo che non aveva un minimo di logica. Qualcuno dice che la nostra rosa era scarsa, che non ci avrebbe salvato nemmeno Guardiola, ma se avete visto le formazioni tipo di squadre che si sono piazzate a metà classifica qualche dubbio deve venire.
Qualcuno parla anche del ritardo nel fare la squadra, problema che è atavico per il Perugia Santopadriano ed è stato per anni coperto dalla bravura di un direttore sportivo (parere personale) da Serie A come Goretti. Io su questo sono più morbido: se non hai i mezzi per sparigliare il campo o aspetti le parti finali del mercato cercando quei giocatori che possono dover essere ricollocati all’ultimo o prendi giovani dalle serie inferiori, rischiando che siano inadatti o che necessitino di un tempo di inserimento più lungo, venendo bruciati da una piazza comunque esigente come la nostra. Se si parla di organico non completo, poi, Palermo – Perugia della prima giornata ci ha visto soccombere ad una squadra che faticava a metterne in campo 11 con un allenatore che non aveva nemmeno disfatto le valigie in una partita che non fatico ad annoverare tra le più pietose mai viste, considerato anche l’anno di Serie D, qualche match di amici di Eccellenza e anche le partite coi compagni di classe delle superiori al Green Club.
Se parliamo invece del mercato di gennaio le partenze di Strizzolo e Melchiorri hanno indebolito il reparto avanzato, ma in queste ultime 8 partite era un miracolo arrivare al tiro. Avrebbero prodotto più di Ekong, e grazie al ciufolo, ma non penso avrebbero spostato molto dato che è stato proprio il progetto di gioco a naufragare miseramente. Pensate che il poro Melchiorri avrebbe potuto seguire i dettami di Castori e coprire 50 metri di campo? La squadra, come all’inizio dell’anno, non riusciva più a risalire il campo, e Di Serio ed Olivieri, i più adatti a questo non gioco, giovani e sani, entravano ed uscivano per problemi fisici.
Sempre della società è stata la colpa di fornire a Castori alcuni giocatori non adatti al suo gioco. Bartolomei, che pure in autunno ha retto la baracca per diverse partite, salvo poi sparire dai radar e sembrare l’ombra del giocatore arrivato a settembre (colpa dei metodi di allenamento?) e Di Carmine hanno fornito un contributo piuttosto modesto rispetto alle aspettative.
E’ anche vero che potremmo dire, però, lo stesso per Luperini e Capezzi, presi per volontà di Castori e responsabili di un rendimento tra il disdicevole e l’opaco. Peraltro, contando anche Casasola e Struna, penso che mai questa società abbia tanto assecondato nei nomi richiesti un allenatore. Sbagliando. Ed il legarsi a questo allenatore, quindi, è stato per me un fattore decisivo per l’incubo vissuto quest’anno, culminato con la retrocessione.
La preparazione atletica
Capitolo brevissimo, ma purtroppo decisivo, a mio avviso. Il modo di interpretare il calcio di Castori è che si corre e si mena, mica si gioca di fino, ma se guardiamo l’andamento del campionato i nostri hanno corso per due – tre mesi. Punto. Sette punti in dodici partite all’inizio, sei in nove partite alla fine (Benevento compreso). Tra inizio e fine, 13 punti in 21 partite.
Perché abbiamo cominciato a correre a novembre? Perché abbiamo smesso di correre a 10 partite dalla fine, proprio quando, dopo Cittadella, Castori diceva che la macchina era partita e sarebbe arrivata a fine campionato a pienissimi regimi? Cosa è successo a livello fisico all’inizio? Alla fine c’è stato un crollo fisico (che è l’opposto di quanto sosteneva l’allenatore nel post Cittadella) o è successo altro a livello di spogliatoio?
L’allenatore
Sgomberiamo subito il campo: partivo da un pregiudizio negativo nei confronti del Mister. Sportivamente l’ho sempre odiato. Veder giocare le sue squadre è sempre stata una sofferenza: se di Gasperini si dice che giocare contro le sue squadre dia lo stesso piacere che dà andare dal dentista, per il gioco di Castori possiamo usare la metafora della rettoscopia? Eppure ho sempre riconosciuto nelle sue bande virtù riguardo l’impermeabilità difensiva e la brutalità agonistica. Diciamo che l’annata ha confermato i miei pregiudizi senza confermare quelle specifiche positive che ero disposto a riconoscergli. Insomma, un disastro assoluto.
La prima impressione è che non abbia mai avuto in mano il gruppo, come testimoniamo i fuori rosa e i cambi di formazione praticati con scriteriata costanza. Per alcuni giocatori non avevo dubbi ci sarebbero stati problemi. Ci sono calciatori che hanno infatti caratteristiche specifiche che possono esaltarsi in un gioco e diventare distruttive in altri contesti: come Scala annientò Gautieri, ala pura galeoniana, mettendolo terzino e seconda punta, così Sgarbi, forte nell’anticipo e nella pressione alta ma limitato nell’uno contro uno e nella difesa in area, era scontato che si sarebbe trovato a mal partito nel gioco di Castori. E’ fisiologico e quindi, in definitiva, non è colpa né di Sgarbi né di Castori, ma di sceglie Castori credendo che valorizzerà Sgarbi. Credevo andasse meglio a Kouan, che ha corsa e potenza fisica, ma i ballottaggi regolarmente persi con Luperini lo hanno mano a mano emarginato, fino a diventare la brutta copia del giocatore ammirato, coi suoi limiti, in tante occasioni. E parlo di Kouan e Sgarbi, i due giocatori che per noi all’inizio dell’anno erano un tesoretto di buon valore.
Gli unici giocatori che hanno beneficiato di questa annata per risaltare sono stati Santoro, a mio avviso aiutato dalla presenza iniziale di Bartolomei, perché è da quelle partite che ha iniziato ad uscire dal guscio, e Casasola, che ci fosse stato anno scorso, al posto di Falzerano e Ferrarini, sarebbe valso discreti punti. Per il resto, macerie.
Capisco poi che è un fattore secondario, e forse influenzato anche da un nervosismo che è montato settimana dopo settimana, fino a diventare difficile da gestire, ma di certo l’atteggiamento tenuto verso i giornalisti non è stato mai (uso eufemismi) il massimo dell’educazione, fino a sfiorare (toccare) la non professionalità. Se penso ad Ilario e Galeone, a Cosmi, a Camplone e agli altri grandi allenatori che ho vissuto in decenni di Grifo, sentire Castori raccontare episodi e partite pro domo propria prevaricando ogni opinione avversa con toni francamente evitabili, ecco, anche meno su.
Venire a trattare una piazza come la nostra raccontando partite che non c’erano, con parole che non avrebbero dovuto esserci, ad un pubblico che ha avuto il piacere e l’onore di crescere e godere con il calcio e le parole di Castagner e Galeone, squalifica totalmente chi lo fa.
Non pensavo di dovermi sorbire, quest’anno il Marchese del grillo in panchina.
Almeno avesse fatto risultato…
La squadra
Terminato il mercato estivo nella mia testolina avevo piazzato la squadra proprio sopra i playout, anche perché temevo tantissimo, come detto all’inizio, un campionato che si prospettava “grandi firme” e perché sostituire portiere ed attaccante, Chichizola e De Luca, grandi valori aggiunti dello scorso anno, non era facile. La fortuna è che è stato un campionato così scarso che ci ha aspettato fino all’ultima giornata. La sfortuna è stata che per quello che (non) abbiamo dimostrato retrocedere non era giusto, era sacrosanto.
La difesa è passata da essere una sicurezza, la migliore lo scorso anno, a una accozzaglia di giocatori che faceva come veniva, tra chi non ha retto allo shock anafilattico di passare dal gioco di Alvini a quello di Castori, a chi si è rotto (quanto voleva dire un elemento di classe come Dell’Orco!), a chi non vedeva l’ora di finire questa maledetta stagione.
Il centrocampo ha visto un Santoro che è cresciuto fino a diventare un riferimento, un Lisi che – prima accantonato – è rientrato in campo perché non c’era altro e si è dimostrato sempre uno dei migliori in campo (e quindi perché stava in panchina? Boh!), un Casasola cecchino e giocatore deputato a creare occasioni da gol – crossando dalla trequarti – e… basta.
Davanti Di Carmine ha passato mesi a provare a tirare giù i palloni sparati da dietro e Di Serio e Olivieri, sicuramente i giocatori più adatti al gioco di Castori a farsi ogni volta i 60 metri alla Jacobs, ripetutamente, infortunandosi continuamente come lo sprinter olimpico (a me comunque un giocatore di calcio costretto a correre dietro a un pallone come un Jack Russell fa un po’ pena a prescindere).
Il portiere, infine. Gori ha iniziato male l’anno e poi è diventato un punto fermo della formazione, garantendo diversi punti. Fino alla notte con la Reggina. In realtà mi sembrava in calo già da un paio di partite, ma gli errori contro i calabresi sono davvero difficili da spiegare. Cosa c’è dietro un crollo psicologico così evidente, quando la fase peggiore sembrava alle spalle? Cosa lo determina? Purtroppo da una sera all’altra siamo passati dall’avere un buon numero uno a ritrovarci infine con in campo il terzo portiere.
E salvarsi con queste premesse, nonostante la pochezza delle avversarie, sarebbe stato davvero un miracolo.
E adesso?
La musica è finita,
Gli amici se ne vanno,
Che pessima stagione, Grifo mio
(cit. riarrangiata di Califano, Franco, il cantante)
Il primo ad andarsene è stato Castori, che finita la gara col Benevento ha sprintato a manetta in direzione Marche chiudendo la stagione agonistica con la medesima eleganza mostrata durante l’anno. Il secondo ad andarsene dovrebbe essere il direttore sportivo Castagnini, arrivato a stagione in corso senza aver inciso. I giocatori, poi, difficilmente sono legati alle piazze in cui giocano, quindi ciao alla maggior parte di loro con la speranza di poter trattenere quegli elementi realmente utili che manifesteranno la volontà di rimanere.
E rieccoci, quindi, alla foto di partenza. Un Presidente isolato che siede sulla panchina del Curi, piegato dai suoi errori e da quelli dei suoi collaboratori che, essendo lui il Presidente, sono anche errori suoi. La prima promozione dalla C2 vissuta da co-protagonista, le promozioni dalla Serie C e le retrocessioni dalla B, con tanti playoff per la A giocati, ma persi.
Probabilmente, dato anche il rapporto compromesso con tanti, tra chi gli imputa tradimenti di vario tipo, chi gli rinfaccia la mancata A in tre anni, chi gli contesta la mancanza di programmazione, chi ambiva a qualcosa nella società e non l’ha avuto, passare la mano diventa la soluzione meno dolorosa (che non significa automaticamente una soluzione di successo, ma questo è logico), e probabilmente in ritardo di un paio d’anni dall’optimum, sempre se in quel periodo fossero giunte realmente offerte serie.
Dovesse rimanere non sarebbe semplice, a livello economico, ambientale, umano.
Ma per il prossimo futuro, come dopo Gaucci, come dopo i Silvestrini, la vera domanda è: che ne sarà di noi?
Federico Basili per TifoGrifo