Attori apparentemente senza copione, umiliati dai proletari del Carpi.
Scritto da Redazione il 24/12/2014
Bastava guardare le facce dei grifoni alla fine della disfatta di Carpi per capire che non ci hanno capito granché. Novanta minuti a ruminare per il campo senza idee e la capacità di metterle in pratica. Tutto un incontro a farsi infilare dai proletari del Carpi, come attori mandati sul palcoscenico senza un copione preparato e studiato. Improvvisazione e sconclusionatezza. Insomma, un Grifo senza capo né coda, tatticamente e sul piano agonistico. La formazione messa in campo da Camplone ha finito per sorprendere anzitutto i grifoni. Taddei in regia (fuori Fossati, il migliore col Pescara) Verre, Crescenzi e Del Prete in mediana, con dietro Flores, Comotto e Goldaniga, era uno schieramento pensato per bypassare il pressing dei carpigiani e tentare di dare consistenza e continuità alle manovre avanzate. Ma a sinistra, nel Carpi, ha giocato un certo Pasciuti che ha potuto infilare Crescenzi in uno-contro-uno sistematici, anche perché Taddei, a metà campo, sulla sinistra, non filtrava nulla. Aggiungiamo alla ricetta un Verre insipido, Parigini e Falcinelli inconsistenti, una linea difensiva disastrosa in tutti i suoi componenti e ne esce una squadra senza identità, in balia di un Carpi che non sembra trascendentale, ma riassume e incarna alla perfezione le doti peculiari della categoria: spirito agonistico altissimo, ripartenze determinazione, verticalizzazioni senza fronzoli, cinismo sotto rete. Il Perugia è apparso scarico mentalmente, non convinto dei propri mezzi, sterile davanti e fragile in difesa. Niente aggressione degli spazi, niente movimenti senza palla, nessuno che si sia mai proposto con movimenti tempestivi e giusti. Più che la quaterna subita, è l’approccio alla partita dei grifoni che in prospettiva deve far preoccupare. La classifica ha a lungo aspettato gli indugi del Perugia, ma ora la coda comincia ad avvicinarsi pericolosamente. Il Perugia, sia chiaro, ha tutti i mezzi per ambire ad un piazzamento interessante ma, proprio per questo, deve evitare accuratamente di avvicinarsi alle sabbie mobili, perché non ha le caratteristiche per affrontarle. Diventa, perciò, davvero decisiva la partita di domenica col Cittadella. Decisiva per il mercato, per le convinzioni della squadra e, a questo punto, anche per lo staff tecnico, non più fuori discussione. La presenza di Cosmi in tribuna a Carpi alla vigilia di Natale sarà stata senz’altro una coincidenza casuale, ma qualcuno l’ha voluta interpretare se non come una campana a rintocchi lenti, almeno come un segnale di preallarme per Camplone. Il quale, sia chiaro, ha grandi meriti per quanto ha fatto a Perugia negli ultimi due anni e anche all’inizio della stagione. Ma, nel calcio, se quando giochi bene e puoi vincere pareggi solamente e quando giochi male perdi puntualmente e magari, come oggi, di brutto, non esistono intoccabili, e la memoria delle cose buone tende ad essere messa da parte. Insomma, il legame tra Santopadre e il tecnico abruzzese, finora apparso indissolubile, comincia a tentennare, aldilà della stima reciproca, di fronte ad una serie di partite non brillanti e di risultati negativi. Partite e risultati caratterizzati, più di ogni altra cosa, da un elemento costante per i grifoni: l’incapacità di essere pratici, cinici, agonisticamente feroci, concreti e concludenti. Come la serie B esige dai giocatori e dagli allenatori che la frequentano.
Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia