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Approfondimento tecnico a cura di Michele Antognoni

Scritto da il 29/04/2015

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Le partite dicono sempre molto di più rispetto a quanto esprime il risultato. Ed in fondo, come diceva Emiliano Mondonico, il calcio è bello anche per questo. Latina – Perugia, ad esempio, ha detto che il Grifo c’è. Non con l’urlo da vittoria ripetuto tre volte stile Guido Meda per le imprese del leggendario Valentino Rossi in Moto GP, almeno non stavolta. Ma il Grifo c’è e ci sarà fino all’ultimo secondo dell’ultima partita che il fato gli riserverà in sorte per questa stagione, poco ma sicuro. Che le avversarie se ne facciano una ragione e prendano (se possono e se ce la fanno) le adeguate contromisure: non sarà facile per niente e per nessuno battere il Perugia, questo Perugia, estrometterlo dai playoff e soprattutto nei playoff. Il pareggio di Latina è stato di quelli che lasciano l’amaro in bocca, ma che non fanno storcere la bocca. Personalmente, ho apprezzato tantissimo la mentalità, il piglio, la personalità con le quali il Perugia è sceso in campo. D’accordo che il Latina si è rivelato poca cosa, ma il merito va ascritto principalmente al Perugia che sviluppando il proprio gioco ha esaltato i limiti oggettivi di un avversario che non era ostico: dava proprio ‘mosco’. E ne aveva ben d’onde: già i pontini sono focosi di natura, per di più si stavano giocando una bella fetta di salvezza diretta e andare a prendere punti a casa loro contro un avversario così motivato e determinato a vendere carissima la pelle è impresa assai difficile, molto al di là dei valori tecnici, perchè l’avversario sa di essere più scarso e non dice ‘prego s’ accomodi’, bensì triplica gli sforzi pur di non soccombere di fronte al proprio pubblico. La posta in palio per il Latina era decisamente troppo alta: subire un’altra sconfitta in casa, dopo quella contro il Catania (che ha sudato il giusto per averne ragione), avrebbe significato piombare nel dramma. Non è un alibi questo per la mancata vittoria del Perugia, sia chiaro. Mai siamo stati teneri, quando non c’era da esserlo. Abbiamo il dovere di essere oggettivi: se questa partita, la stessa per come si e’ sviluppata, si fosse giocata dieci giornate fa il Perugia avrebbe passeggiato. Ottime le scelte iniziali di Camplone. Spazio intanto a Marco Amelia: un conto è allenarsi e ben altro, soprattutto nel suo ruolo, la tensione agonistica, i riflessi che servono in partita: anche per un Campione del Mondo chiamato a confrontarsi con una categoria che con lui non c’entra nulla. Molto intelligente la mossa di Camplone di riproporre Amelia in una partita esterna: non solo era necessario far rifiatare Koprivec, ma altrettanto importante preparare una soluzione in più ( e di livello assoluto) in chiave play off, in una gara ove le sollecitazioni (che non ci sono state) potevano abbondare a differenza che nelle gare casalinghe. Iniziativa che crediamo il mister abbia preso per non ripetere l’errore di due stagioni fa contro il Pisa, alla cui doppia sfida arrivò una squadra spompata nei suoi titolari ed i rincalzi che c’erano, pur se di livello (Italiano, Dettori per non parlare di Clemente la cui vicenda -a naso, senza conoscere come stiano realmente le cose e soprattutto senza alcun intento neanche velatamente polemico di sorta- ricorda quella odierna di Taddei) si rivelarono assolutamente inadeguati alla doppia sfida stante la desuetudine all’impegno agonistico di chi aveva giocato meno. Stesso discorso vale, mutatis mutandis, per Comotto, Hegazy, Lanzafame, Parigini e Fazzi:titolari a tutti gli effetti ben più di Amelia, la cui freschezza fisica e la prontezza all’impegno potrebbero rivelarsi armi decisive in attesa del recupero, più difficile del previsto, di Rizzo. Bene, molto bene il Perugia nel primo tempo.Squadra equilibrata, di gamba, tecnica, incisiva. È mancato solo il gol, più per sfortuna che altro, ma in almeno quattro circostanze c’è mancato poco. Detto di Nielsen che si è fatto espellere da pollo (l’arbitro non aspettava altro) mentre eravamo in superiorità numerica e non stava andando male, soprattutto perché equilibrava bene la squadra coprendo le avanzate di Lanzafame e di Crescenzi che sta tornando su buoni livelli ( ottima una sua diagonale difensiva dopo un quarto d’ora sull’esterno alto del Latina: a Terni e contro il Livorno siamo andati in difficoltà soprattutto perché sono mancate quel tipo di chiusure), ci è piaciuta di meno l’opzione tattica scelta da Camplone nel secondo tempo. D’accordo sul fatto che Lanzafame già sbilancia il centrocampo a tre, figurarsi con l’uomo in meno. Ma l’opzione che avremmo scelto rischiando il tutto per tutto poiché la modestia dell’avversario lo consentiva, non era di certo il ritorno della difesa a quattro. La storia di questo campionato ci dice che la squadra non la digerisce proprio: si corrono rischi eccessivi perchè si aprono spazi imbarazzanti. Giocare a quattro dietro presuppone che ci sia un affiatamento non indifferente: rispetto millimetrico delle distanze, capacità di chiudere le diagonali e di scalare all’indietro a protezione della porta, attenzione da parte dei due centrali nell’affrontare l’uno la giocata avversaria e l’altro a proteggere. Roba difficile, che richiede tanto allenamento. Molto piu semplice giocare a tre dove i punti di riferimento ed i movimenti sono piu facili. Personalmente non ripeterei l’esperimento, anche perché non sempre si trovano avversari come gli attaccanti del Latina, che se fossero stati più rapidi nella giocata avremmo visto i sorci verdi. Ma anche a voler passare la difesa a quattro, anche a voler passare due mediani tecnici (Verre e Fossati) che mediani non sono, la scelta degli interpreti per il tridente non ha convinto. Perchè Fabinho andava piazzato stabilmente a sinistra nel suo ruolo, Falcinelli in mezzo e Lanzafame e non Parigini a destra. Parigini è molto piu pericoloso quando parte da sinistra per rientrare o da centravanti puro (come nel primo tempo) perchè col guizzo che si ritrova partendo centrale ha più opzioni per fare male.
Archiviata Latina, sotto a chi tocca.
Arriva il Trapani di Serse Cosmi. Oltre che un pezzo importante e nobile della nostra storia calcistica, Serse è un’altra espressione nella professione che svolge dell’eccellenza perugina. Soprattutto per il valore del suo tecnico che dovremo affrontare il Trapani col piglio e la concentrazione necessarie e fare attenzione alla loro catena di sinistra ( Rizzato e Barilla’) e ad Abate e non ripetere gli errori nell’approccio visti in molte gare e spariti per fortuna a Latina. La giornata appena trascorsa ci ribadisce che per vincere queste ultime partite è sufficiente sbloccarle e gestire ( vedi Frosinone e Pescara): frecce all’arco biancorosso non mancheranno di certo. Mi permetto di suggerire come opzione lo stesso assetto che ha schiantato la Pro Vercelli, tanto piu o meno la difesa del Trapani equivale quella dei piemontesi. E quindi Fabinho quinto di centrocampo, davanti Ardemagni e Lanzafame ( o Falcinelli) e a destra Crescenzi più di Fazzi, proprio perché il Trapani è particolarmente temibile su quella fascia.
Tutti al Curi a tifare Grifo e a cantare a squarciagola per spingerlo ad una vittoria che sarebbe determinante, quello che cantava Umberto Tozzi: ‘Primo Maggio (anche se sarà il due poco importa)/ su coraggio/ IO TI AMO’.
Michele Antognoni – TifoGrifo.com

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