Un tuffo nella memoria del Grifo. Alessandro Gaucci, le sue gioie, i suoi rimpianti. I suoi ricordi sul Perugia e su Perugia, la “sua” città.
Scritto da Raffaele Garinella il 29/10/2018Secondo Confucio, filosofo cinese, una voce forte non può competere con una voce chiara, anche se questa non fosse altro che un semplice mormorio. Nel caso di Alessandro Gaucci, il problema non sussiste. La sua voce dall’altra parte della cornetta è forte e chiara allo stesso tempo, è decisa, sicura. Alessandro Gaucci ricorda il protagonista della canzone “Le cose della vita”, di Antonello Venditti. Non deve essere facile per lui condividere momenti belli e meno belli con chi, a differenza dei diretti interessati, come suo padre Luciano o suo fratello Riccardo, ha vissuto lontano da determinati rumori, da determinate vicende che hanno decretato la scomparsa del Perugia dal professionismo.
Perugia è amore puro, vero, intenso, non una città qualunque, è la città.
“La sento mia anche più di Roma, dove sono nato. Ho trascorso degli anni meravigliosi, vissuto momenti bellissimi al di là dei risultati sportivi, ed ho lasciato tantissimi amici.”
A Perugia, città nella quale secondo Guido Piovene si respirano grazia, gentilezza e dolcezza morale come sciolta nell’aria, ha mosso i primi passi della sua carriera nel mondo del calcio, che ha saputo concedergli tormento ed estasi. Perugia, certo, ma anche Genova, sponda rossoblù,-dove ha conquistato una promozione in serie A-, e Spagna.
Luoghi tanto cari anche a Cristoforo Colombo. In comune con il celebre navigatore possiede l’abilità nella ricerca. Se il primo ha dimostrato qualità nell’identificare terre inesplorate, Alessandro Gaucci possiede le doti e le capacità per individuare talentuosi calciatori.
“Oggi continuo a vivere in Spagna,-dice Alessandro,- anche se è un aspetto relativo perché viaggio spesso. Il calcio è la mia vita, e dopo Perugia ho maturato altre importanti esperienze, come quella con il Genoa, dove conquistammo una promozione in serie A ed esperienze all’estero, in Spagna, dove sono arrivato con grande piacere e curiosità.
Avventure cominciate molto bene, ma anche lui, così come il celebre Don Chisciotte della Mancia, si è dovuto scontrare con una serie di mulini a vento.
“Durante la mia gestione al Cadìz e al Marbella stavamo ottenendo risultati importanti, poi non ho potuto continuare. Nel primo caso cambiò la società, nel secondo, dopo aver ottenuto il miglior risultato del Marbella in cento anni, ebbi divergenti opinioni con il presidente. Sfortunatamente quando me ne andai cambiarono quello che non volevo, ed arrivarono al settimo posto. Il mio lavoro,-in questo momento-, è cercare talenti in tutto il mondo, un po’ sempre quello che ho fatto, senza però l’onere di dover gestire una squadra.”
In Umbria gli anni più belli ed intensi, arricchiti da tantissime soddisfazioni, da numerose vittorie, da giocate superlative di calciatori memorabili, ma anche da cocenti delusioni, come la retrocessione in serie B del 2004.
“Ricordo tanti calciatori, Rapaic e Miccoli erano straordinari ed avrebbero potuto fare ancora più di quello che hanno fatto, così come lo stesso Nakata. Erano grandissimi campioni, grandissimi talenti. Per Rapaic rifiutammo un’offerta della Juventus da parte del Cavalier Umberto Agnelli. In quel momento non lo avremmo potuto cedere, avremmo rischiato la retrocessione. Ricordo con enorme soddisfazione la vittoria della Coppa Intertoto, ma anche lo spareggio di Reggio Emilia contro il Torino dopo una straordinaria rimonta. Se invece penso alla semifinale di coppa Italia contro il Milan (stagione 2002/03 nda), ancora non mi capacito di come abbia fatto Kalac a non colpire quel pallone. Peccato perché avremmo raggiunto la Roma in finale e ci saremmo giocati la conquista della Coppa Italia.”
La stagione 2003/04 cominciata benissimo con il trionfo in Intertoto, ebbe un triste epilogo. Una retrocessione tanto incredibile quanto inaspettata fece ripiombare il Perugia in serie cadetta.
“Ripensando a quella stagione dovrei togliermi tanti sassolini, forse una pioggia di meteore. Costruimmo una squadra tra le più forti mai assemblate. Vincemmo la Coppa Intertoto quasi senza subire gol, battendo il Wolfsburg sia in casa che fuori. Durante la stagione subimmo una serie di arbitraggi scandalosi che falsarono il nostro campionato così come tutta la gestione del calcio in quel momento. La riprova l’abbiamo avuta con Calciopoli e con tutto quello che è seguito. Siamo stati vittime perché tutto è nato da ripercussioni dovute al caso-Catania. Più che trasversale, si trattò di una vendetta diretta che ci condusse alla retrocessione. Eravamo la squadra che commetteva meno falli e che riportava il maggior numero di ammoniti. Si pensi ad una statistica del Corriere dello Sport, che riportava il numero di ammonizioni per squadra. Al Perugia ammonivano un calciatore ogni sei falli e mezzo, mentre a squadre come Juventus o Milan ne ammonivano uno ogni quindici falli. La prima vittoria la ottenemmo alle ventiduesima giornata sul campo della Reggina (2-1, reti di Ze-Maria ed Hubner nda) dove ci fischiarono contro un calcio di rigore. Tutte queste situazioni condizionarono non solo i risultati finali, ma anche la gestione dello spogliatoio. I calciatori erano talmente disperati che durante il mercato di gennaio fummo costretti quasi a cambiare la rosa.”
Durante il mercato di gennaio 2004, come giustamente ricorda Alessandro Gaucci, il Perugia subì una vera e propria rivoluzione. Furono acquistati Salvatore Fresi, Roberto Cardinale, Carlos Arano, Felix Benito, Domenico Maietta, Eusebio Di Francesco, Paul Codrea, Christian Manfredini, Riccardo Cazzola, Fabrizio Ravanelli, Dario Hubner, Franco Brienza, Marcelo Zalayeta, Francesco Zerbini, Luigi Giandomenico. Salutarono Perugia Domenico Di Dio, Fabio Grosso, Konstantinos Loumpoutis, Jamal Alioui, Giovanni Tedesco, Gael Genevier, Massimo Margiotta, Emanuele Berrettoni.
La squadra non rinunciò mai a lottare e riuscì, grazie alla conquista di dieci punti nelle ultime quattro partite, a guadagnarsi l’accesso allo spareggio retrocessione contro la Fiorentina, sesta classificata nella serie B.
“Anche in quella circostanza dovemmo affrontare un grosso problema. Non potemmo disputare amichevoli per un mese, in attesa che terminasse il campionato cadetto. Fu un aspetto che ci penalizzò tantissimo così come le decisioni arbitrali. Al ritorno dopo aver ottenuto il pareggio avremmo potuto ribaltare il risultato d’andata, ma ogni qual volta superavamo il centrocampo l’arbitro fischiava fallo in favore della Fiorentina. Fummo costretti a sostituire Ravanelli che si lamentava giustamente con l’arbitro. Ogni volta che un pallone arrivava in area di rigore viola, si fischiavano falli di confusione.”
Il Perugia ripartì dalla serie B dopo sei stagioni. La panchina fu affidata a Stefano Colantuono, all’epoca un allenatore emergente. La squadra si rivelò, sin dalle battute iniziali, forte e competitiva.
“Ci classificammo,-tolto il Genoa che fu penalizzato-, al primo posto con Empoli e Torino. I granata non avrebbero potuto iscriversi, noi saremmo andati in serie A. Quella del 2004/05 era veramente una grandissima squadra, capace di ottenere grandissimi risultati. Era già pronta per affrontare la massima serie, necessitava solo di pochissimi innesti. Avevamo Kalac, Di Loreto, Do Prado, Floro Flores, Mascara, Squizzi. Sfortunatamente è finita come sapete, ma bisognerebbe parlarne per mesi interi.”
Alessandro Gaucci decide di fare chiarezza sugli avvenimenti che portarono al fallimento del Perugia affrontando le tante voci messe in giro all’epoca.
“Tutto quello che è successo è stato camuffato da voci. La verità è che ci sono dei sistemi che gestiscono tante cose, e quando tu vai contro il sistema, questo ti schiaccia, per quanto tu possa essere forte. Il Perugia era una squadra sana, tutto è stato falsato, e sono state scritte tante stupidaggini. Sono state mosse delle accuse su basi che non ho mai capito, non c’erano nemmeno gli estremi per gli arresti. È veramente incredibile quello che abbiamo dovuto subire per ritorsioni politiche e non certo per questioni economiche. Mi limito a questo altrimenti dovrei tornare nello specifico e ci sarebbe da rifare una guerra che non finirebbe più. Sinceramente non ne ho neanche più voglia.”
In quel periodo tenne banco anche la questione del nuovo stadio Curi, un impianto innovativo, una novità assoluta per il calcio italiano.
“A dicembre (2004 nda) incontrai l’allora sindaco Locchi e in quell’occasione fu ribadita l’intenzione di vincere il campionato e di tornare in serie A. Gli dissi anche che non c’erano grossi problemi economici. Per fare l’iscrizione al campionato mancavano poco meno di 4 milioni di euro. Avevamo venduto alla Fiorentina la metà di Obodo per 2,5 milioni di euro, e a gennaio (2005 nda) ne rifiutai altri 2,5 dalla famiglia Della Valle per l’altra metà del cartellino.
Avevo ricevuto rassicurazioni e garanzie dalla giunta comunale in merito al diritto di superficie dello stadio che sarebbe stato concesso a febbraio (2005 nda). A marzo (2005 nda) avevo già un principio di accordo con un costruttore per la cessione dello stadio per una cifra vicina ai 18 milioni di euro. L’imprenditore si sarebbe accollato le spese per la costruzione dell’impianto ed avrebbe concesso al Perugia la gestione della pubblicità, quasi mille metri quadrati di ufficio all’interno dello stadio, più la cittadella sportiva che sarebbe stata costruita intorno. Una operazione bellissima che avrebbe portato alla realizzazione del primo stadio privato in Italia, alla nascita di un impianto stupendo. Ricevemmo critiche anche su questo, come se lo stadio fosse qualcosa che avremmo portato via con noi. Avrebbe invece rappresentato un patrimonio per la città di Perugia, per la squadra, per la tifoseria, e tutto quello che è successo dopo non sarebbe mai avvenuto.”
Non solo passato, in questa lunga e piacevolissima chiacchierata con Alessandro Gaucci non poteva mancare l’attualità, l’incertezza generale della serie B sul numero delle squadre partecipanti. Eventi che tengono banco dalla scorsa estate.
“E’ una delle motivazioni che mi hanno spinto a trasferirmi all’estero. Il nostro Paese, non solo in ambito calcistico, appare quasi in caduta libera e non riesco a capire perché. Il sistema calcio potrebbe beneficiare di alcuni arrivi importanti, come ad esempio quello di Cristiano Ronaldo alla Juventus, o del gruppo Suning all’Inter. Il problema rimane nella mentalità, che, forse, è da riformare. Siamo gli unici al mondo a non conoscere con esattezza il numero delle partecipanti al campionato cadetto.”
Attestati di stima nei confronti dell’attuale proprietario del Perugia, Massimiliano Santopadre.
“Santopadre sta facendo un grande lavoro. Perugia ha un grandissimo tifo, ma a fare la differenza sono le entrate dei diritti televisivi, la pubblicità, più degli incassi al botteghino. La possibilità di fare grandissime cose è sempre limitata e credo che Santopadre vada elogiato per quanto fatto nella sua gestione molto saggia e molto capace.”
La chiusura è dedicata ad un eventuale ritorno a Perugia che, almeno per il momento, non sussiste.
“Tanta gente ha provato a riportarmi a Perugia. Dopo aver lasciato il Genoa, fui contattato da Vincenzo Silvestrini. Ringraziai ma declinai, era passato troppo poco tempo dagli ultimi avvenimenti. Ero stato il proprietario del Perugia, avevo impostato determinati modi di gestione del calcio, e non me la sono sentita di tornare. Sono stato contattato anche da altri imprenditori. Al momento non ci sono possibilità di un mio ritorno, ma in futuro non si sa mai, tutto può cambiare. Mi piacerebbe sottolineare un aspetto e ci terrei che la gente capisse che Perugia è stata la mia famiglia, la mia città. Volevo veramente fare grandissime cose, oltre a quelle già fatte, e sono sicuro che se avessimo avuto la possibilità di andare avanti con il nostro progetto, a quest’ora forse saremmo stati meglio dell’Udinese, che con la famiglia Pozzo ha realizzato ottime cose. Avevamo un modo alternativo di concepire il calcio, scovavamo calciatori in tutto il mondo. Cambiammo la mentalità di un calcio dai tantissimi pregiudizi, imponemmo le nostre idee in un calcio che in quel momento era assolutistico. Di questo sono molto orgoglioso. Oggi è più semplice, all’epoca fu difficile cambiare la mentalità. Ricordo che durante il primo anno di Cosmi in panchina la stampa nazionale scriveva che non avrebbe totalizzato più di cinque punti, che saremmo retrocessi ancor prima di cominciare.”
A differenza dell’interlocutore del protagonista della canzone di Antonello Venditti, la nostra stima nei confronti di Alessandro Gaucci, il protagonista di questa intervista, è profonda. Quello che ci ha raccontato ha fatto breccia nel nostro cuore, lo ha catturato. Continui dunque, Alessandro, a cantare le cose della vita, e lo faccia come sempre ha fatto, sin da quel primo giorno così lontano, eppure così nitido e per nulla sbiadito che lo vide abbracciare Perugia, la “sua” Perugia, per la prima volta. Segua le dolci note che nascono dalle giocate dei talenti che ha scovato e che continua a scovare in giro per il mondo. E’ questo il suo modo di cantare le cose della vita, ed è un modo che ci piace tantissimo. Alessandro Gaucci come Cristoforo Colombo, entrambi hanno attraversato l’oceano senza mai aver paura di perdere la vista della riva. Hanno osato, hanno vinto.
Raffaele Garinella- Tifogrifo.com