Torna il derby Perugia-Ternana: due mondi separati, ma d’ora in poi (si spera) soltanto in campo
Scritto da Redazione il 18/12/2021
Mancano ormai sempre meno ore all’atteso derby tra Perugia e Ternana. Sommando campionati e Coppa Italia, si tratta della sfida numero 107 tra le due compagini e della numero 49 disputata nel capoluogo di regione. Tra le mura amiche, la serie storica vede in netto vantaggio i Grifoni con 23 vittorie, 16 pareggi e 9 sconfitte, frutto di 64 reti fatte e 33 subite.
Le più nette affermazioni casalinghe del Perugia risalgono alla Coppa Italia 1972-’73 (5-0), alla Serie C 1949-’50 (4-0) e alla Serie B 2004-’05 (4-0), mentre solo in due occasioni la Ternana realizzò più di due reti a Perugia: nella Seconda Divisione 1925-’26 (1-3) e nella Serie B 2017-’18 (2-3).
Quest’ultimo risultato rappresenta anche una tra le più clamorose debacle interne subite dal Perugia nell’era Santopadre, con la rimonta rossoverde andata in scena tra la fine del primo tempo e la mezz’ora della ripresa, dopo che i padroni di casa erano passati doppiamente in vantaggio con due reti di Samuel Di Carmine. Una sconfitta che – ben più della gara di Supercoppa dello scorso maggio al Liberati (1-0), quasi dimenticata dall’ambiente perugino – ha lasciato grande amaro in bocca ai tifosi biancorossi.
Quella tra i Grifoni e le Fere è una sfida calcistica dal sapore “antico”, emersa sin dagli anni Venti e Trenta del secolo scorso, sebbene nutrita da una rivalità che ha vissuto fasi alterne, soprattutto a Perugia, dove dalla metà degli anni Settanta alla metà degli anni Ottanta, complici i diversi destini calcistici delle due squadre, fu di fatto rimpiazzata dalla contesa con l’Arezzo, protagonista del cosiddetto Derby dell’Etruria.
Etruria? Sì, perché l’Umbria moderna, frutto delle riforme amministrative dello Stato Pontificio e dei successivi aggiustamenti dell’Italia unitaria, ha ormai poco a che fare con l’etnonimo di epoca augustea, quando la Regio VI (Umbria) indicava un territorio caratterizzato dalla maggioritaria presenza degli antichi umbri, che dall’area del ternano e del reatino si estendeva sino alla costa adriatica, passando per la fascia appenninica umbro-marchigiana.
A quel tempo, Perugia e l’intera porzione occidentale della regione (Trasimeno-Pievese ed Orvietano) ricadevano invece nella Regio VII, cioè l’Etruria, insieme agli odierni territori della Toscana e dell’Alto Lazio. Il Tevere era in pratica lo spartiacque tra due “mondi”, comunicanti per ragioni commerciali ma profondamente diversi tra loro per origine, estrazione e tecnica.
Differenze sociali, culturali e linguistiche non da poco che, nonostante il sedimentarsi dei secoli, si sono declinate fino all’era contemporanea. Pur con i grandi sconvolgimenti della storia e le dovute eccezioni, il limes naturale del Grande Fiume – decisivo anche in epoca altomedievale, quando “di qua” c’erano i Bizantini e “di là” i Longobardi, o in epoca tardo-rinascimentale, quando le truppe papaline, guidate proprio dal ternano Alessandro Tomassoni, assediarono il capoluogo ribelle che voleva affrancarsi dal dominio pontificio – ha continuato a fare di Perugia e Terni due realtà quasi incomunicanti, due pezzi di Centro Italia molto diversi l’uno dall’altro.
Perugia è adagiata su un territorio collinare, Terni in una conca. Perugia è città culturale e universitaria, Terni è città tecnica e operaia. Perugia è comprensorio di prevalente industria leggera e piccole-medie imprese, con qualche grande nome che ha fatto la storia, Terni è area di industria pesante, con agglomerati produttivi di rilievo nazionale.
Perugia è rivolta verso Firenze e Milano, specie per il suo florido settore moda/abbigliamento, Terni guarda invece a Roma, in virtù di un comodo tragitto ferroviario che ha sempre favorito l’interazione professionale e universitaria con la Capitale.
Eppure, questa eterogeneità non è forse anche la risorsa più preziosa di una regione piccola ma capace di fornire un contributo importante allo sviluppo culturale, formativo, economico e sociale del Paese?
Dovremmo chiederci, tanto più in tempi di globalizzazione (coi suoi “pro” e i suoi “contro”), se una nuova strategia di rilancio dell’Umbria non possa passare anche per un superamento dei tanti, troppi campanilismi incrociati (non solo tra Perugia e Terni) che la caratterizzano, riservandoli alla sola dimensione calcistica senza coinvolgere altri ambiti, ben più complessi di quanto le brutali semplificazioni da social o da bar possano far credere.
La sana rivalità e lo sfottò restano naturalmente il miglior sale per tornare ad animare uno sport sempre più lontano dalla gente comune, senza bisogno di trasformare gli stadi in una specie di salotto oxfordiano in nome di un “politicamente corretto” per molti aspetti ormai stucchevole e persino controproducente.
Sebbene con spalti ridotti dai problemi strutturali del “Renato Curi” e dalle regole anti-Covid, la gara di domani non dovrà fare eccezione. L’auspicio è quello di poter assistere ad una partita combattuta, grintosa e, se possibile, divertente augurandoci – ovviamente dal nostro punto di vista – che sia il Grifo ad avere la meglio.
Da lunedì, però, tutti noi – perugini e ternani – torneremo al lavoro, affrontando le quotidiane difficoltà di una fase critica della nostra storia recente. Non dimentichiamocelo.
Andrea Fais – TifoGrifo.com