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Si chiude l’era Santopadre, unica via percorribile dopo anni di tensioni e malumori

Scritto da il 11/09/2024

Quella del 7 settembre 2024 è una data destinata a rimanere impressa nella storia, almeno recente, del Perugia Calcio. Si chiude, infatti, l’era di Massimiliano Santopadre ai vertici del sodalizio biancorosso, dopo quasi tredici anni caratterizzati da alti e bassi.

Al termine di una trattativa proseguita per settimane, sabato scorso le due parti hanno siglato il contratto di vendita del 100% delle quote societarie a Javier Faroni, imprenditore argentino attivo nel settore della cultura e dell’intrattenimento, proprietario di Deportick, piattaforma on-line di acquisto biglietti per grandi eventi, ex deputato ed ex direttore generale di Aerolíneas Argentinas, compagnia di bandiera del Paese latinoamericano.

Tanti tifosi attendevano con ansia questo momento, quasi come una liberazione, dopo aver perso le speranze di fronte all’arenarsi, nel giugno scorso, della trattativa imbastita dalla cordata guidata da Claudio Sciurpa, che ha comunque avuto il merito di gettare un sasso nello stagno, rendendo pubblico il suo tentativo di rilevare il Perugia. Altri – ormai molto pochi invero – avrebbero invece visto di buon occhio una nuova ripartenza con il titolare del marchio Frankie Garage ancora al timone, malgrado la due retrocessioni in appena quattro anni e l’eliminazione dai playoff di Serie C della scorsa stagione.

Ci sarà tempo, come sempre accade in questi casi, per soppesare e valutare ex post se siano stati più significativi i successi o gli insuccessi sportivi di Santopadre, anche se ormai da qualche anno il rapporto tra gran parte della tifoseria perugina e l’imprenditore romano si era irrimediabilmente compromesso.

Un inizio positivo Tutto cominciò tredici anni fa sotto i migliori auspici, dopo la rinascita voluta e realizzata da Roberto Damaschi, il presidente-tifoso che permise al Perugia di ripartire dalla Serie D, ricostruendo attorno a quel gruppo l’entusiasmo e la passione che il fallimento del 2010 aveva rischiato di spegnere per molti anni.

Entrato in società nell’estate del 2011, nel marzo dell’anno successivo Santopadre assunse, insieme al socio Gianni Moneti, la guida del sodalizio immaginando traguardi ambiziosi, a partire dal ritorno in Serie B, centrato nel 2014, al termine di un testa a testa contro il Frosinone, risolto proprio all’ultima giornata nello scontro diretto di campionato, vinto grazie alla memorabile rasoiata di Marco Moscati davanti ad oltre 20.000 spettatori.

Con due ex grifoni doc come Andrea Camplone e Roberto Goretti in veste rispettivamente di allenatore e direttore sportivo, il Perugia, tornato in cadetteria a nove anni di distanza dall’ultima volta, centrò immediatamente il sesto posto con 66 punti in classifica, ottenendo l’accesso al preliminare playoff, dove fu sconfitto dal Pescara in gara secca interna (1-2). Al netto della delusione, quel primo campionato di B della gestione Santopadre suscitò grande entusiasmo in città e tornò ad imporre il nome della compagine biancorossa nell’alveo del calcio che conta.

L’obiettivo, d’altronde, era stato esplicitamente dichiarato: Serie A entro tre anni. Messa in archivio la successiva annata, senza lode e senza infamia, con l’ex mediano biancorosso Bisoli alla guida dello spogliatoio, Santopadre affidò la panchina all’ennesimo grifone dell’era Gaucci, cioè Christian Bucchi: la squadra, giunta quarta in classifica nella stagione regolare, staccò il biglietto per la semifinale playoff, dove fu sconfitta dal Benevento, malgrado il vantaggio dei due risultati su tre nel quadro del doppio confronto.

La rottura del giocattolo Tra il dire e il fare – come si sa – c’è di mezzo il mare. In particolare quando le risorse a disposizione sono limitate. Infranto il sogno-promozione in quella sera di fine maggio del 2017, per Santopadre cominciarono i problemi. La stagione successiva vide ancora un ex grifone in panchina, cioè Federico Giunti: il campionato partì alla grandissima grazie ad un centrocampo importante, arricchito dai promettenti Bandinelli e Colombatto, e ad un attacco in stato di grazia con lo straripante Di Carmine, l’efficacissimo Cerri e lo scatenato nordcoreano Han.

Tutto bene fino al primo tempo della settima giornata, in casa del Brescia. Poi, dal secondo tempo del Rigamonti, il black-out totale: improvvisamente la squadra smarrì tutte le sue certezze tra lo stupore generale e le contestazioni dei tifosi per uno dei più grandi misteri irrisolti nella storia recente del Perugia. Dopo una serie di rovinose sconfitte, Santopadre puntò su Roberto Breda, il normalizzatore riuscito, tra mille difficoltà, a riportare la squadra ai piani alti della classifica per poi cedere un po’ il passo nel finale ma centrando comunque i playoff. Il pari casalingo contro il Novara alla penultima di campionato fu sufficiente per rientrare matematicamente nella griglia delle prime otto. Eppure quasi tutti, quel pomeriggio, si accorsero della presenza di Alessandro Nesta in tribuna.

In uno dei più clamorosi coup de théâtre della sua gestione, mentre Breda stava ancora parlando in sala stampa per le rituali dichiarazioni post-gara, Santopadre decise di affidare la squadra all’ex centrale di Lazio, Milan e Nazionale, giusto in tempo per l’ultima, irrilevante, sfida ad Empoli e per traghettare la squadra nei playoff. Il preliminare a Venezia fu disastroso: i grifoni affondarono in Laguna subendo un 3-0 netto e senza appelli. Una scelta, ancora oggi, del tutto incomprensibile.

Nesta, che gestì anche l’intera stagione successiva, raggiungendo i playoff soltanto in virtù dell’esclusione del Palermo dal campionato, mostrò più volte il suo malumore per i campi di allenamento, a suo dire non all’altezza di una società di B: segno evidente di una certa disorganizzazione e di risorse sempre più risicate. La stagione si chiuse, nemmeno a dirlo, con l’ennesima delusione ai playoff (4-1), stavolta nel preliminare contro il Verona dell’ex Di Carmine e Pazzini, mattatore ai supplementari.

Altra corsa, altro giro: via Nesta, dentro Oddo. Non più ex grifoni, dunque, ma protagonisti della Nazionale campione del mondo nel 2006. Appena il tempo, per il tecnico abruzzese, di inanellare una serie di risultati deludenti tra novembre e dicembre, che Santopadre torna all’antico, ovvero puntare su vecchi beniamini della tifoseria. A gennaio 2020 viene chiamato chiamato Serse Cosmi ma con scarsi risultati, anche a causa dell’interruzione pandemica, che costringono mesi dopo il presidente a contattare nuovamente Oddo. Stavolta c’è da affrontare un play-out: niente sogni-promozione da inseguire ma incubi-retrocessione da scongiurare. La sconfitta ai rigori nella gara di ritorno dello spareggio col Pescara scatena la rabbia dei tifosi, che chiedono a gran voce l’uscita di scena di Santopadre.

L’ultimo giro di valzer L’imprenditore romano è inamovibile e decide di ripartire quasi da zero in Serie C, malgrado un clima sempre più ostile. Gli ingaggi del tecnico Fabio Caserta e del direttore sportivo Marco Giannitti si rivelano intuizioni vincenti. Il Padova ci mette del suo, perdendo ingenuamente punti preziosi nel finale di campionato, ma i grifoni hanno il merito di non mollare e riconquistano subito la Serie B. Forse per la prima volta c’è la possibilità concreta di avviare finalmente un ciclo preservando il tecnico e l’ossatura della squadra vincitrice del campionato, ma Santopadre lascia andare Caserta al Benevento e chiama Massimiliano Alvini, appena retrocesso dalla B con la Reggiana.

L’ottavo posto ottenuto dal coach toscano è inaspettato ma meritato ed il preliminare contro il Brescia viene affrontato a visto aperto, nonostante il divario tra le due compagini. Solo una svista arbitrale nel finale dei tempi regolamentari impedisce ai grifoni di raggiungere la semifinale, confermando la capacità di Alvini di tirare fuori il massimo da un gruppo non certo di prima scelta. Eppure, ancora una volta, Santopadre non riesce a trattenere l’allenatore. Il tecnico di Fucecchio preferisce l’ebbrezza della Serie A, alla guida della neopromossa Cremonese, mentre a Perugia arriva Fabrizio Castori, puntando tutto sulle certezze di un veterano.

Chiamato a Perugia per compensare con la sua esperienza l’evidente deficit qualitativo del gruppo, frutto di un calciomercato ancor più scarno del solito, Castori non riesce ad imprimere i suoi dettami tattici ai giocatori. Santopadre, preoccupato, convoca Silvio Baldini, già pronto, nell’incredulità generale, a parlare di sogni e mattoncini da costruire per la Serie A, ma dopo tre sconfitte consecutive, col Perugia relegato in fondo alla classifica, l’ex tecnico del Palermo saluta tutti e se ne va, lasciando il posto al rientrante Castori.

Durante la fase invernale del campionato, la squadra appare rigenerata: macina punti, risale la classifica e lascia addirittura ipotizzare ai più ottimisti la possibilità di agganciare i playoff. Tuttavia, i pesanti carichi di lavoro imposti dall’allenatore marchigiano per sopperire alla modesta qualità dell’organico, indebolito a gennaio dalle cessioni di Melchiorri e Strizzolo, si fanno sentire eccome: i grifoni tornano a faticare, ricominciano a perdere punti ed infine sprofondano al terz’ultimo posto, retrocedendo direttamente in terza serie.

Il resto è storia recente. L’intero mese di luglio 2023 viene monopolizzato dalla trattativa con la holding Ninedots, che già ad agosto scompare dai radar lasciando spazio al ricorso imbastito da Santopadre per cercare di ottenere la riammissione in Serie B a spese del Lecco, accusato dal Perugia di aver inviato in ritardo la documentazione relativa all’impianto di gioco. Dopo due gradi di giudizio, il 30 agosto anche il Consiglio di Stato dà ragione alla società lombarda e la squadra, costretta a completare l’organico in tempi risicatissimi, deve ripartire dalla C. Alla guida dello spogliatoio era già pronto Francesco Baldini, chiamato un mese prima a gestire una situazione surreale, nella più totale incertezza sull’immediato futuro e in un clima di contestazione sempre più rovente.

Alla fine del girone d’andata è fatale la sconfitta di Arezzo, che convince Santopadre a puntare tutto su Alessandro Formisano, giovane tecnico della Primavera, alla sua prima esperienza nel professionismo. Malgrado una grande preparazione teorica, sul campo i risultati non arrivano: il Perugia parte bene nel girone di ritorno, anche con un po’ di fortuna, ma poi torna ad esprimere un brutto gioco. Alla fine ottiene soltanto il quarto posto: l’esordio nei playoff contro il Rimini viene superato grazie ad un opaco pareggio casalingo, ma il doppio confronto con la Carrarese, che poi salirà in B, è letale.

Poche risorse e scarsa programmazione Dopo l’addio di Camplone, rimasto a Perugia per due anni consecutivi, nelle nove stagioni successive a Pian di Massiano sono passati tredici allenatori diversi, frutto di ben quindici cambi in panchina. Ancor più affollato e discontinuo il parco giocatori, caratterizzato da molti prestiti e svincolati. Come se non bastasse, non pochi dei nuovi acquisti provenivano da periodi di inattività più o meno lunghi, con storie di infortuni pregressi o squalifiche alle spalle, rendendo necessaria una fase di reinserimento che ha logicamente comportato numerosi problemi per i tecnici di turno.

Se le risorse a disposizione erano insufficienti ad allestire una rosa davvero competitiva per la promozione, cioè impreziosita da elementi di spessore, gli allenatori di volta in volta transitati per Perugia non hanno nemmeno potuto concretamente attingere al settore giovanile, da cui non è mai davvero emerso qualcuno che fosse in grado di fare la differenza in prima squadra.

Le difficoltà di un campionato come quello di Serie B, aumentate nettamente da quattro anni a questa parte per la comparsa di proprietà particolarmente facoltose, costituivano ormai da tempo una sfida troppo grande per le tasche di Santopadre, come egli stesso ha affermato lo scorso anno. Eppure è opinione comune che, con qualche piccolo sforzo sul mercato, si sarebbe potuto ottenere molto di più. A questo si aggiungano le varie trattative – o tentativi di trattativa – per la cessione della società, rimaste avvolte nel mistero per diverso tempo ma ormai sulla bocca di tutti, dalla stampa locale allo stesso Santopadre, che più volte ne ha ammesso l’esistenza: tutte arenatesi, sino ad un mese fa.

Sono sempre più chiari, insomma, i motivi che hanno condannato per anni la piazza ad una condizione di apatia e stagnazione, allontanando tanti tifosi dallo stadio o comunque snervando ed esasperando quelli che, al contrario, continuavano ad andarci per dovere di “militanza”.

Grande attesa in città Comincia ora per il Perugia (e per Perugia) una nuova era, si spera di successi e immediato rilancio. La nuova compagine societaria sarà chiamata ad imprimere una svolta alle sorti biancorosse segnando una netta discontinuità col passato. Fermo restando il carattere transitorio di questa stagione, con le operazioni di calciomercato vincolate e limitate dallo “stralcio” fiscale ottenuto lo scorso giugno, la tifoseria si attende investimenti importanti per il futuro.

Dopo anni di squadre costruite in modo raffazzonato e completate quasi sempre all’ultimo giorno di calciomercato, con ciò che restava sul proverbiale “bancone dell’ortolano”, i perugini sognano ora l’impiego di risorse più sostanziose e migliori capacità di programmazione non solo per quanto riguarda la prima squadra ma anche nel settore giovanile, ad oggi stagnante e privo di prospettive solide.

Inoltre, dinnanzi ad uno stadio sempre più fatiscente ed inospitale, che da un paio d’anni sta costringendo le autorità a ridurre la capienza massima in vari settori, appare urgente intervenire. In questo senso, a sbloccare l’empasse potrebbero contribuire le buone relazioni già imbastite da Faroni con l’Amministrazione, anche considerando che la sindaca Vittoria Ferdinandi e l’assessore Pierluigi Vossi, sin dall’insediamento della nuova giunta, hanno seguito da vicino e con grande attenzione l’intero svolgimento della trattativa.

Tramontata, forse definitivamente, l’opzione “Arena Curi”, l’ipotesi di una ristrutturazione radicale dell’impianto, senza tuttavia snaturarne la naturale vocazione calcistica, gestita direttamente dal Comune attraverso il credito sportivo, risveglia gli entusiasmi del popolo biancorosso e dei tanti appassionati che sognano di poter rivivere i fasti dell’era D’Attoma e dell’era Gaucci, riabbracciando una massima serie che, a queste latitudini, manca ormai da più di vent’anni. Javier Faroni riuscirà a riportare il Grifo dove merita? Staremo a vedere. Nel frattempo, bienvenido a Perugia.

Andrea Fais – TifoGrifo.com

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il 11/09/2024.
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