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Santopadre. Giocare adesso sarebbe un danno con beffa. Spostiamo tutto a luglio. Tifosi del Perugia straordinari.

Scritto da il 17/04/2020

 

 

Il protocollo sanitario è inattuabile se non ci sostengono.

Massimiliano Santopadre non sottovaluta nulla. Dice che c’è un problema sanitario che viene prima del resto. Ma, anche, che ci sono problemi economici sui quali il governo e la FIGC non possono lasciare soli i club; e su cui i presidenti e i giocatori non devono essere messi gli uni contro gli altri, perché solo una “visione di sistema” può limitare i danni che inevitabilmente ci saranno per tutti.

Il protocollo sanitario per la ripresa dell’attività elaborato dalla commissione federale “è inattuabile” secondo Santopadre, “per motivi logistici e sanitari; perché detta condizioni impossibili da sostenere per le squadre di serie B e di C. Abbiamo calcolato che tra ritiri, tamponi ogni due giorni,  sanificazioni di tutti gli spazi, presìdi, per tutto il gruppo (70 persone tra calciatori, staff, accompagnatori e perfino i raccattapalle) ci vogliono circa 400.000 euro a squadra Se non si può prescindere da quelle norme, secondo il presidente la Federazione dovrebbe attivarsi per “sostenere le società in questa ulteriore spesa” che si aggiungerebbe alle altre, notevoli perdite già acclarate.

 

Io non riprenderei il campionato adesso

Tutta questa frenesia di ripartire, dice Santopadre, in realtà è causata dalla necessità di assegnare i titoli, decretare l’accesso alle coppe europee e definire promozioni e retrocessioni. Cose legittime, ma che interessano un cinque per cento delle squadre, mentre il restante 95 non ne è riguardato. Tra le prime c’è anche la Lazio di Lotito, con cui Santopadre ha rapporti storicamente ottimi. “Stimo l’uomo e il suo modo di gestire il club, ma questo non esclude che a volte io possa essere in disaccordo con lui”, precisa.  Anche perché il Perugia, a differenza della Lazio,  non ha interessi specifici a finire o non finire la stagione.  “Io posso parlare anche come consigliere di Lega di B, precisa, perché la mia squadra non è coinvolta in situazioni di classifica di promozione o retrocessione. E dico che, se potessi scegliere io, deciderei di non riprendere  a giocare subito”. Anzitutto, motiva, per non esporre i suoi giocatori e tutto lo staff ai rischi del corona virus: “sono tutti amici e, se succedesse qualcosa, non me lo perdonerei mai”. E gli stessi giocatori e le loro famiglie  hanno remore a tornare all’attività adesso.  

 

La FIGC ci sostenga anche sulla responsabilità civile

Se, invece,  la ripresa fosse  imposta, il Perugia non potrebbe tirarsi indietro ma, osserva, “prima ci obbligano, poi ci dicono anche di pagare. Insomma, dopo il danno anche la beffa”. E, in questo quadro già critico, c’è poi anche il problema della responsabilità civile in capo alle società per danni subiti dai propri dipendenti nello svolgimento della propria attività lavorativa, previsto dal decreto Cura Italia. “Anche su questo punto, -osserva Santopadre- perché la FIGC non si attiva per farci almeno accedere a polizze assicurative agevolate? Nessuna società potrebbe sopportare questa responsabilità e le relative implicazioni finanziarie. Spero che il governo e la FIGC si mettano una mano sulla coscienza”.

  

Il calcio è un’industria che si regge sui sacrifici dei Presidenti ma lo Stato non lo riconosce

Perché c’è un problema di fondo, secondo Santopadre, e cioè che “il calcio è un’industria vera, ma sorretta dai Presidenti che attingono ai fondi delle proprie aziende. Per esempio, la serie B ha uscite complessive per 90 milioni l’anno, di cui solo 20 finanziati con le entrate (diritti televisivi, pubblicità, sponsor, etc.) e gli altri 70 li coprono i presidenti con altri finanziamenti che, però, è impensabile ci siano nell’immediato futuro”. A fronte di questo impegno serio, faticoso e gestito con oculatezza, sul filo del rasoio, da gran parte delle società, dice Santopadre, “ci dobbiamo poi veder dipinti come degli irresponsabili, sconsiderati, che si divertono come bambini che fanno spese folli perché hanno soldi da buttare e che, perciò, non vanno aiutati, né dal governo che ci ha escluso dagli aiuti nonostante siamo la terza industria del Paese; né dalla Federcalcio”.

 

Ragionare come “sistema calcio” e non ognuno per i propri interessi

Invece, sono proprio le società meno facoltose (la maggioranza) e, perciò,  più rigorose nella gestione dei propri bilanci,  che permettono alle altre (la minoranza) di allestire i campionati. Ecco perché occorre ragionare come un sistema unico, e non ognuno secondo i propri interessi, ancorché  legittimi”. E il discorso lo estende a tutte le categorie, ma in particolare alla serie B e alla C, perché la serie A, comunque, ha possibilità di entrate e, quindi, di ammortizzare il colpo, ben più rilevanti.

 

Due scenari; sospensione della stagione o ripresa a maggio/giugno

Di fronte a questa situazione, per il presidente perugino gli scenari sono due. Il primo, se non si gioca più, vedrebbe per le società zero entrate e, quindi, l’impossibilità di pagare gli stipendi. Ma, “se non si pagano gli stipendi, che sono la voce maggiore di spesa (90%) per le società , queste in qualche modo potrebbero sopravvivere”. In questo caso il vero problema sarebbe la non assegnazione dei titoli e le prevedibili code di ricorsi e controricorsi giudiziari. Il secondo scenario, invece, è quello che si riprenda l’attività (allenamenti e poi partite) tra maggio e giugno, come ipotizzato dalla Federcalcio.  In questo caso, tenuto conto delle perdite che comunque le società avranno,  la proposta di Santopadre  per i giocatori del Perugia è di pagare loro due delle quattro mensilità in discussione. “Ho già dato mandato a Roberto Goretti di sondare tutti i nostri giocatori su questa ipotesi per capire la loro effettiva disponibilità; io ho tutti giocatori che sono ragazzi ragionevoli e, se si giocherà e accetteranno, bene; altrimenti si dovranno aprire altri scenari”. Si tratta di una proposta sensata, sottolinea il patron biancorosso, perché “se questo salva il sistema e le società, va anche nell’interesse dei giocatori”. I giocatori, spiega, “sono anche loro degli imprenditori”, perché sanno fare cose che non può fare chiunque, perciò è giusto che guadagnino quello che guadagnano. Ma, in questa situazione di crisi drammatica, perdere due mensilità “sarebbe per loro un grande risultato e, poi, bisogna saper perdere qualcosa oggi per non rischiare di non ripartire più”. Il messaggio è chiaro e Santopadre, pur senza dirlo, sembra rivolgersi a tutte le componenti che ruotano attorno ai giocatori e spingono per ottenere comunque tutto dal loro punto di vista. Ciò, ovviamente, senza considerare cosa potrebbe accadere al primo, eventuale caso  di positività di un qualunque membro del gruppo, con la messa in quarantena di tutta la squadra, partite perse a tavolino e campionato falsato e, anche qui, ricorsi a iosa.

 

La terza  via di Santopadre

In uno scenario come nell’altro, ci sarebbero comunque problemi notevoli e di difficile gestione. E allora Santopadre propone un’altra soluzione, l’unica a suo parere in grado di tener conto degli interessi di tutti, anche se chi vi si oppone si basa sul fatto che i contratti dei giocatori scadono al 30 giugno.  “Stop a questa stagione”, suggerisce (con conseguente pareggio a zero di entrate e uscite per le società) per poi fare il “ritiro il 10 luglio, quando i protocolli sanitari si spera che non serviranno più; da agosto si disputano partite che mancano (in serie b, dieci) e si decidono i verdetti. Poi, quindici giorni di stop e si riparte con la stagione 2020-2021, che potrà finire regolarmente a giugno”. Questo anche per avere più tempo per riportare il pubblico negli stadi, perché, dice, “noi tutti viviamo di emozioni, il calcio lo facciamo per prevalere sportivamente sugli avversari, ma tutto questo è motivato dal pubblico, senza il quale non è calcio e non c’è passione”.

 

Non mi deprimo, lunga vita al Perugia!

Passione ed emozioni che permettono al presidente di non abbattersi nelle difficoltà, ma di reagire se possibile  ancora con maggior vigore. “Non mi deprimo, anzi, sono ancora più incazzato di prima, scrivetelo!”, dice. Se la sua azienda, la Frankie Garage, è stata duramente colpita dall’emergenza sanitaria, lui dice di non fermarsi a piangere sul latte versato, ma pensa a “come rimetterla in piedi, perché è importante  ripartire e non chiudere”. Lo stesso per vale per l’A.C. Perugia. “ne usciremo fuori in qualche modo, io sento che con me, come ci sono i 300 della FG,  ci sono tutti e trecentomila gli appassionati del Grifo e dico: lunga vita alla Frankie Garage e al Perugia!”. Tra l’altro, sul piano sportivo, Santopadre è ottimista per quando si ripartirà: “ho fiducia nel mister e nella squadra: i ragazzi hanno capito un po’ tardi che siamo forti, ma ora l’hanno capito”.

 

I nostri tifosi l’aspetto positivo dell’emergenza

In questo clima di incertezze e contrapposizioni, Massimiliano Santopadre ci tiene invece a sottolineare un aspetto positivo ed edificante per tutti, quello dei tifosi, che si sono distinti per la generosità e gli esempi di solidarietà che hanno saputo offrire alla comunità in questo momento di emergenza sociale e sanitaria. “I gruppi ultras e il Centro di Coordinamento dei Perugia Club, come sempre nelle difficoltà, e non avevo dubbi,  hanno saputo tendere una mano da stringere. Se come tifosi a volte eccedono, lo fanno per passione, e quando c’è amore si fanno cose straordinarie, come quelle che hanno fatto loro, che hanno raccolto fondi per gli ospedali, distribuito mascherine e generi di prima necessità a chi ne aveva bisogno. E magari alcuni lo hanno fatto pur essendo in cassa integrazione!”.

 

Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia

 

 

 

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