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Riccardo Gaucci: “Caro papà, fu un errore esonerare Galeone”. Marco Negri: “Senza quella retrocessione avremmo emulato l’Atalanta di oggi”. 

Scritto da il 20/01/2022

 

Metti una sera al… monitor. Non con Florinda Bolkan, che avremmo sicuramente invitato a cena, ma con due giornalisti collegati da Perugia e due assoluti protagonisti del Gauccismo. Parliamo di Riccardo Gaucci, secondogenito dell’indimenticabile Luciano ed ex presidente del Floriana, nobile squadra del campionato maltese, e Marco Negri, bomber ineguagliabile, celebre in Umbria e non solo, per aver realizzato gol memorabili. Analisi, aneddoti e curiosità di un’epoca irripetibile e figlia di un calcio poetico e romantico che purtroppo non c’è più. 

 

A farla da padrone, la retrocessione incredibile della stagione 1996/97, cominciata con Giovanni Galeone in panchina e proseguita con Nevio Scala, celebre per aver condotto il Parma a primeggiare in Europa. Ad attaccare è Riccardo Gaucci.

 

“Mio padre andava accettato così com’era. Nel bene e nel male, prendere o lasciare. Difficile vivere e gestire una squadra di calcio nel pieno della serenità con lui la timone, ma in quindici anni di militanza a Perugia abbiamo raccolto prestigiosi risultati. Su tutti, la vittoria dell’Intertoto e la partecipazione alla Coppa U.E.F.A. del 2003/04, e i due scudetti con la formazione Primavera. Però ci sono state anche pagine molto tristi come, appunto, la retrocessione del 1997. Figlia di decisioni sbagliate, su tutte quella di esonerare Giovanni Galeone. Mio padre commise un grave errore mandando via un allenatore che faceva giocare bene la squadra ed era molto amato dalla squadra. Con il mister non si presero a livello caratteriale perché entrambi volevano recitare la parte dei protagonisti assoluti, insomma due prime donne. Mio padre soffriva parecchio la celebrità di Galeone a Perugia. Il tempo ha il grande merito di sanare qualunque incomprensione e così accadde anche nel rapporto tra mio padre e Galeone. Negli gli ultimi anni di vita di mio padre, Giovanni si è sempre informato sul suo stato di salute ed è stato tra i primi a contattarmi quando mio padre è venuto a mancare” 

 

 

Marco Negri è sulla stessa lunghezza d’onda. 

 

“Tra Galeone e la squadra si era creata davvero una bella sintonia. Ci divertivamo durante le partite alla domenica, così come durante gli allenamenti. Era un piacere giocare a calcio, soprattutto per noi attaccanti. Ricordo la promozione in serie A conquistata contro il Verona, l’esordio in massima serie contro la Sampdoria e i tre punti ottenuti grazie ad un mio gol. Partimmo molto bene e si parlava di noi come squadra rivelazione. Giunti fu anche convocato da Sacchi in Nazionale. Fu un traguardo prestigioso per una neopromossa. Poi le cose presero una piega differente”. 

 

Riccardo Gaucci, che a Malta ha conquistato un campionato, una Coppa di Malta ed una Supercoppa, ci tiene a porre in risalto le differenze gestionali tra lui e suo padre. 

 

“Mi sento diverso da lui perché sono sempre stato vicino all’allenatore, non soltanto nella buona sorte, ma anche in quella cattiva. Se Galeone avesse avuto la possibilità di lavorare con maggiore serenità, anche in quella stagione avremmo raccolto buoni frutti”.

 

Marco Negri ricorda Gaucci come innovatore.

 

“Era un grande intenditore di calcio ed un imprenditore all’avanguardia. Guardava oltre il suo tempo, aveva percezione di ciò che sarebbe accaduto in futuro. Non sono tanti i presidenti che possono legare il proprio nome ad una squadra di calcio così come ha fatto Luciano Gaucci. L’unico suo limite era quello di essere un presidente- tifoso. Questo aspetto nel post partita lo portava a ragionare con impulsività quando, magari, in alcune occasioni avrebbe fatto comodo maggior razionalità. Anche sulla questione dei ritiri, vorrei spezzare una lancia in favore del presidente. Quando firmavi per il Perugia, sapevi a cosa stessi andando incontro. I ritiri erano parte integrante del modo di agire di Luciano Gaucci. La sua maniera per scuotere la squadra, per  compattarla. Non ho mai apprezzato le lamentele di qualche mio compagno per i ritiri. Un discorso completamente differente riguarda la minaccia di ritiro. Prima bisognava giocare, poi guardare alla prestazione, quindi valutare l’eventualità di ritiro a mente fredda”. 

 

Marco Negri ha una visione ampia di quel momento: approfondisce anche la questione tecnica che, di fatto, fece precipitare il rendimento della squadra.

 

“Non comprendemmo mai le reali cause che condussero all’esonero di Galeone. C’è sempre stata una nebbia fitta e mai diradata del tutto su quella vicenda. Non poteva essere una scelta tecnica, anche perché la squadra continuava a giocare bene e seguiva il mister. Forse si trattò di attriti, o di difficoltà legate alla comunicazione o magari di divergenze di altra natura. Quando i motivi di un esonero sono poco chiari, una squadra lo digerisce con maggiori difficoltà come, appunto, avvenne a noi. Peccato perché resto convinto che con Galeone in panchina, il Perugia avrebbe potuto cominciare un ciclo importante come quello che hanno vissuto Atalanta ed Udinese. Quella retrocessione rimane il rimpianto più grande della mia carriera. Senza quella retrocessione, si sarebbe parlato di Perugia non più come una squadra provinciale”.

 

A proposito di Scala, Negri può garantire che nessun giocatore abbia remato contro l’allenatore? 

 

“Scala era un eccellente allenatore ed una bravissima persona. Con lui vivemmo una rivoluzione tattica passando da un collaudato 4-3-3 ad un 3-5-2 che, per caratteristiche dei calciatori che avevamo in rosa, non rappresentava il modulo più congeniale. Cito Rapaic, per esempio. Devastante con Galeone, irriconoscibile con Scala. Non si crearono fazioni nel gruppo. Ricordo che verso la fine del campionato, dopo una sconfitta fu ordinato un nuovo ritiro e si paventò la possibilità di esonerare Scala. La squadra si schierò compatta in favore dell’allenatore”.  

 

 

Colpi di genio, di testa, di mercato, ma anche acquisti sfumati sul più bello, come ricorda Riccardo Gaucci. 

 

 

“Siamo stati vicinissimi ad ingaggiare Roberto Baggio prima che andasse Brescia. Eravamo praticamente d’accordo, poi l’affare sfumò all’ultimo istante per problematiche legate all’ingaggio del calciatore. Abbiamo trattato anche Diego Armando Maradona. Mio padre era così, quando c’era la possibilità di far parlare di sé o del Perugia, coglieva l’attimo”.

 

Tra i colpi meno fortunati, quelli relativi alla multinazionale del 1997/98.

 

“Ti riferisci a Versavel, Emmers e Thorninger. Furono acquistati per la serie A, poi la retrocessione compromise i piani. Erano calciatori molto tecnici che in serie A avrebbero certamente potuto dire la loro. In un campionato spiccatamente agonistico come quello di serie B, fecero fatica. Correggemmo il tiro e conquistammo la promozione in serie A grazie agli acquisti di Renato Olive, Sandro Melli e Sandro Tovalieri”. 

 

Negri non ha giocato con nessuno di loro, ma ha incontrato due meteore come Petter Rudi e Luis Muller.

 

“Erano agli antipodi. Rudi era dotato di grande corsa, si impegnava molto ed era sempre al servizio della squadra. Aveva certamente dei limiti di talento che emergevano in una serie A importante per qualità come lo era quella di allora. Avrebbe avuto bisogno di più tempo. Muller di talento ne aveva anche troppo, ma non scattò mai la scintilla con Perugia. Cominciò ad avvertire la famosa saudade ed i sudamericani quando non sono felici, si trasformano e si chiudono in sé stessi. In allenamento faticava e pensavamo che dal Brasile ci avessero mandato suo fratello gemello. Sulla carta quello fu un colpo incredibile. Arrivò a gennaio e quando vide i gradi sotto zero di Perugia rimpianse il caldo del Sud America”.

 

La chiusura è affidata Chiusura  al caso – Vierchowod, durato a Perugia meno di un gatto in tangenziale. Negri lo ricorda come un compagno che non voleva perdere mai.

 

“Neanche in allenamento. Mi marcava e mi randellava. Non accettò di perdere contro il Flamengo durante un’amichevole disputata in Spagna. Si lamentò per quella sconfitta e per un atteggiamento troppo rinunciatario della squadra. Quando ci sono episodi così eclatanti, vengono meno i presupposti per un rapporto duraturo”.

 

Di parere diverso è Riccardo Gaucci

 

“Aveva trovato un accordo con il Milan e cercò il pretesto giusto per rompere il rapporto con il Perugia. E’ stato anche mio allenatore a Catania e non ne conservo un buon ricordo”.

 

In tanti rivorrebbero Gaucci a Perugia, così come a Catania, ma lui glissa. Forse i tempi non sono maturi o forse non vuole anticipare nulla dei progetti futuri. È lapidario : 

 

“Mi piacerebbe tornare nel calcio italiano, ma al momento non esiste nulla. In futuro, si vedrà”.  



Riccardo e Marco, Marco e Riccardo: la schiettezza al potere, certe verità si rafforzano.  

 

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