Pescara-Perugia 2-2. Grifoni, una rimonta di cuore e di intelligenza, in nove contro undici.
Scritto da Daniele Orlandi il 09/05/2015
Un punto agguantato con il cuore. Una partita dagli scenari mobili, un saliscendi da montagne russe. Il trionfo del calcio degli episodi, come spesso accade nelle partite di fine stagione. Come in un bazar, nella partita si è visto di tutto. Alla fine è stato 2-2, come all’andata. E, come all’andata, c’è stata una rimonta di due gol. Allora furono gli abruzzesi a risalire la china in un convulso finale e con l’uomo in meno. Stavolta è toccato ai grifoni recuperare il doppio passivo, e l’impresa è stata impreziosita dal fatto che il pareggio è arrivato in dieci contro undici, ed è stato poi difeso addirittura in nove. Dopo un primo tempo con molto equilibrio tattico e poche occasioni, tutte le emozioni si sono concentrate nella ripresa. Che era iniziata sullo stesso canovaccio dei primi 45′, cioè il Perugia a tenere l’iniziativa e il Pescara ad aspettare e rilanciare in verticale per le progressioni di Melchiorri e la velocità di Pettinari. Uno schema che Camplone aveva previsto e cercato di prevenire anche schierando Comotto, ma che ha avuto comunque la sua efficacia, se è vero che le azioni dei due gol pescaresi sono arrivate in questo modo. Prima, all11′, Comotto si è fatto superare sullo scatto da Melchiorri e lo ha steso da dietro, facendosi espellere e causando il rigore poi trasformato da Memushaj. Poi, quattro minuti dopo, è stata la volta di Mantovani e Goldaniga (ma anche di Koprivec, non impeccabile in uscita) a farsi infilare da Melchiorri. Due a zero, due fulmini a ciel sereno, due errori della difesa e due gol subiti. Quanto potrebbe bastare per atterrare perfino i forti, anche perché i grifoni erano con l’uomo in meno. E invece, dimostrando che questa squadra sa fare il meglio quando ha la mente libera da pressioni, il Perugia ha reagito con il cuore, ma anche con intelligenza. Spinto da Verre e Lanzafame, il Grifo ha saputo approfittare del vistoso calo fisico degli abruzzesi. Si è portato in avanti giocando palla con la solita continuità, ma anche sapendo cercare il gioco senza palla e sfruttando gli spazi che erano mancati nel primo tempo. E Ardemagni su assist al bacio di Verre al 23′ ha accorciato le distanze. Poi, dopo centoventi secondi, sempre su conclusione di Verre respinta dal palo, è toccato a Goldaniga, spintosi in avanti per far manforte ai compagni, ribattere in rete da pochi passi, sia pure in (sospetta) posizione di fuorigioco. Due a due e un finale che, nonostante l’inferiorità numerica, si preannunciava interessante per i ragazzi in biancorosso, perché il Pescara era ormai con la cannula dell’ossigeno esaurita, mentre il Perugia era autorevolmente messo in campo e sembrava crederci. Ma ci ha pensato il signor Abbattista da Molfetta a rianimare, almeno in parte, gli uomini di Baroni, espellendo Goldaniga per un fallo inesistente su Bjarnason (il difensore aveva preso pulito il pallone). La successiva punizione dal limite veniva tirata alle stelle da Caprari per il sospiro di sollievo dei perugini che seguivano la partita. Un sospiro che diventava esultanza dopo quattro minuti di recupero. Il pareggio vale tanto in chiave classifica, ma anche per la consapevolezza dei grifoni di potersela giocare con tutti. Magari, credendoci e osando di più quando si è in parità numerica, perché le imprese “disperate” non sempre riescono e, comunque, sono dispendiose. E perché non sempre si può rimpiangere quello che si sarebbe potuto fare: meglio provare a farlo, c’è in palio un obiettivo non da poco.
Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia
Foto : Matteo Marzella