Perugia la squadra con più espulsi diretti. Sgarbi, atteggiamento avventato, espulsione dannosa.
Scritto da Redazione il 05/07/2020
La classifica dei rossi e dei gialli-rossi
Il Perugia è in testa ad una classifica della serie B. Quella delle espulsioni dirette. Nove i rossi rimediati fin qui nelle 32 partite stagionali. Una ogni tre partite e mezzo, in media. Se a queste di aggiunge una espulsione subita per doppia ammonizione, il conto totale delle partite che il Perugia ha finito in inferiorità numerica sale a 10 , cioè la poco rassicurante media di quasi una ogni tre! Come detto, per i rossi diretti il Perugia è primo, davanti al Pisa, che ne ha rimediati 7. Lontane le altre squadre: Trapani e Ascoli 4, Benevento, Salernitana, Livorno, Cosenza e Juve Stabia ne hanno collezionato 3. Le altre 2, 1 o addirittura nessuna espulsione (Frosinone e Pordenone). Se si considerano, invece, gli espulsi per doppia ammonizione, il Perugia è ultimo in classifica: ne conta uno, come Empoli e Chievo. In tesa alla graduatoria dei giallo/rossi ci sono Pisa, Pordenone, Cremonese e Juve Stabia, con 5 allontanati dal campo. La graduatoria complessiva degli espulsi, somma delle due precedenti, incorona il Pisa come squadra più “cattiva” (12 espulsi complessivi) . Il Perugia, però, segue a ruota (10). Trapani e Juve Stabia sono sul gradino più basso del podio, con 8 giocatori mandati in anticipo sotto la doccia. La squadra più risparmiata dalle inferiorità numeriche è il Chievo, con soli due espulsi nella stagione.
Sgarbi, l’arbitro Camplone, l’ammonizione ingiusta e lo sfogo a fine gara.
Ogni espulsione è una storia a sé, certo. Ma i dati qualcosa pur dicono. Quest’anno i giocatori del Perugia soffrono di crisi nervose ricorrenti. Spesso, i rossi beccati sono stati per frasi o parole gridate in faccia agli arbitri. E se è vero che alcuni di questi, come il signor Camplone di Pescara, direttore di Perugia-Pordenone, sono molto fiscali nella tutela del proprio ruolo, è da rimarcare che spesso i grifoni incorrono nel maledetto errore di non controllare le proprie reazioni nervose di fronte a decisioni ingiuste o da loro considerate tali. Le tre giornate rimediate da Sgarbi per le parole sussurrate al direttore di gara dopo la fine della partita, sono indici e di un nervosismo che non è tollerabile, in quanto danneggia fortemente il gruppo. In una situazione in cui la rosa della squadra, e in particolare quella della difesa, per i tanti infortuni, ha i numeri meno che contati, la lingua andrebbe controllata con un’attenzione ancora maggiore di quella normalmente dovuta. Sgarbi aveva subìto durante il primo tempo dall’incerto Camplone un’ammonizione ingiusta. Essendo già in diffida, il giallo rimediato voleva dire squalifica, così il difensore ha pensato bene di dire qualcosa all’arbitro a fine match. Considerando la personalità del direttore di gara e i suoi precedenti dal cartellino facile (caratteristica che, detto per inciso, di solito si abbina, negli arbitri, ad una non eccelsa capacità di tenere in pugno le gare) Sgarbi avrebbe dovuto contare fino a dieci e rinunciare al suo sfogo. Perché anteporre la voglia di scaricare il proprio istinto, se mette a rischio e pericolo gli interessi della squadra, è indice di scarsa considerazione per le esigenze del gruppo, specie in un momento tanto delicato come quello attuale del Perugia.
Sgarbi come Falasco a Verona. Cosmi e lo spirito di gruppo
Cosmi aveva già duramente biasimato Falasco che a Verona, nella partita persa contro il Chievo, era stato protagonista di un episodio analogo a quello di Sgarbi, facendosi espellere per proteste dopo il triplice fischio finale. “É stato un egoista”, disse allora Serse. Immaginiamo che per Sgarbi sia pronta una reprimenda anche più pesante. Il momento è particolare e nessuno dovrebbe compromettere le energie disponibili con atteggiamenti avventati. L’impressione è che i grifoni, che fino all’arrivo di Cosmi non avevano nemmeno l’idea di cosa sia un gruppo e tantomeno una squadra, malgrado il notevole lavoro fatto dal tecnico punteggiano sotto questo aspetto, non hanno ancora superato definitivamente i loro limiti. Basta un episodio, un dettaglio e ognuno pensa a sé, aveva quel che avvenga. Un atteggiamento da correggere, se necessario da reprimere da parte della società, da qui alla fine di questo moncone di campionato. E situazioni da tener presenti, anche, nelle scelte che si andranno a fare per la prossima stagione.
Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia