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Perugia. Il pari di Cesena conferma le carenze dell’organico, ciclo al capolinea?

Scritto da il 10/03/2021

 

 

 

 

Il pareggio rimediato dal Perugia sul campo del Cesena al 90′ chiude virtualmente – con un mese e mezzo d’anticipo sulla fine della stagione regolare – la lotta per il primo posto, ormai esclusivo appannaggio del Padova, sempre più solido detentore di un primato in classifica al più insidiabile dal solo Südtirol. Tre rigori negati? Probabilmente due ma, al netto delle recriminazioni, una squadra davvero competitiva ed ambiziosa non dovrebbe giocare una gara di metà marzo già con l’acqua alla gola, costretta a recuperare un distacco così ampio dalla capolista.

Quest’anno, anche a voler essere puntigliosi, quasi nulla è imputabile all’allenatore, che di certo non ha difettato in eclettismo e capacità di adattamento. Durante la stagione, Fabio Caserta le ha davvero provate tutte. Ha cambiato due volte modulo, passando dal 4-3-3 al 3-5-2 per poi tornare al 4-3-3. Ha spostato Elia dall’attacco alla difesa e viceversa. Ha reintegrato Monaco nella difesa a tre, ha ripescato Sgarbi quando la retroguardia è tornata a quattro, piazzando sugli esterni Rosi, poi infortunatosi e sostituito da Cancellotti, e Crialese, poi infortunatosi e sostituito da Favalli. Ha provato un centrocampo più tecnico e di qualità, con Burrai regista, ma anche uno fisico e di quantità, con Vanbaleghem in mezzo. Ha dato spazio a tutte le mezzali in rosa: Sounas, Kouan, Dragomir (poi partito a gennaio per Chiavari), Moscati, Di Noia e Falzerano, in seguito avanzato nell’attacco a tre, prima di farsi male nei minuti iniziali della trasferta di Padova. L’attacco ha praticamente girato attorno a Melchiorri, fin quando pure lui non si è infortunato, con Murano, Bianchimano, Minesso e Vano inseriti a rotazione in base alle esigenze tattiche.

Cambiando l’ordine degli addendi, però, il risultato non è cambiato. Il tecnico ha fatto quello che ha potuto, anche considerando gli infortuni, una costante degli ultimi cinque anni che non può più essere semplicemente attribuita al caso o al destino avverso. Il Perugia, tutto sommato, ha fin qui conquistato parecchi punti inanellando due serie importanti di risultati utili consecutivi ma alla fine, dopo il trionfale 3-0 sul Modena, il gruppo è incappato in un periodo critico proprio nel mese in cui era invece chiamato al difficile, ma non impossibile, rush finale.

Il magro pari interno con la Sambenedettese, la sconfitta senza mordente nello scontro diretto di Padova ed il pareggio deludente di Cesena hanno testimoniato, se ancora ce ne fosse bisogno, che questo organico paga a carissimo prezzo la sua fondamentale incompletezza: troppo poco competitivo rispetto alla corazzata veneta allenata da Mandorlini, costruito alla meno peggio in estate partendo da ciò che restava (con quanta voglia?) della stagione precedente e lasciato quasi intatto a gennaio.

Massimiliano Santopadre, entrato la scorsa estate nel mirino della contestazione per la clamorosa retrocessione, dovrà ora riflettere profondamente sulle dinamiche che stanno portando per l’ennesima volta i grifoni a perdere il treno di un campionato da protagonista. Se nella cadetteria le puntuali eliminazioni dagli spareggi promozione lasciavano l’amaro in bocca ma al tempo stesso garantivano la permanenza in Serie B, in Serie C la piazza difficilmente riuscirà a mandare giù un altro campionato anonimo, compromesso ancora una volta da investimenti insufficienti.

Complicato dar torto a quei tanti tifosi che sono ormai stanchi di una gestione societaria del genere, capace di produrre soltanto rimpianti e delusioni. Se offerte importanti ci sono state – e ne abbiamo avuto la conferma più volte – è opportuno che l’attuale dirigenza torni a considerarle. Se un ciclo è finito non ha senso tenerlo a galla in un’interminabile agonia.

 

Andrea Fais – Agenzia Stampa Italia

 

 

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il 10/03/2021.
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