Nuovo Cinema SerseCosmi
Scritto da Redazione il 09/01/2020
Bentornati al Bisbylandia, maniaci del Grifo.
Non scrivo da così tanto e, di converso, ne sono successe così tante, che temo che questo articolo andrò lungo più del periodo di ambientamento di Rodin.
Poi non dite che non vi avevo avvertiti.
Le premesse e la confusione
Lo scrissi e lo ripeto. Se a luglio mi avessero chiesto di scegliere un allenatore, Oddo sarebbe stato una delle mie prime scelte. Per dare una continuità rispetto all’anno precedente con una esperienza, però, diversa e più profonda, per un modo di presentarsi che faceva pensare ad un chiaro percorso che avrebbe portato alla crescita del Grifo futuro. La realtà è stata purtroppo diversa. Con un gruppo a disposizione del Mister in buona parte già per il raduno estivo, il Grifo ha manifestato progressi per le primissime giornate di campionato. L’infortunio di Angella, giunto dopo solo due partite, ha però creato una reazione a catena che ha destabilizzato la struttura della squadra privandola di uno dei pochi insostituibili della rosa (per mancanza di alternative, purtroppo pecca che ha origine dal mercato estivo), ma che a quel punto ha terremotato tutta l’impalcatura studiata. Se l’infortunio di Angella però può essere visto come la genesi dei problemi, molti altri errori si sono succeduti, a cascata, ed in maggioranza chiamano in causa l’operato di Oddo.
Il Mister, a quel punto, ha cominciato a cercare alternative finendo per destrutturare anche le cose che funzionavano, col Grifo che nonostante una classifica per certi versi superiore ai suoi meriti si incartava partita dopo partita in esperimenti contrari alla logica e – spesso – al buon gusto. Si iniziava a percepire, inoltre, una frattura (o anche solo una slabbratura, ma tanto basta) tra le idee dei dirigenti e del Mister, cosa che indirettamente poi Santopadre (la metafora del pugno chiuso) ha confermato nella presentazione del nuovo – vecchio allenatore, Serse Cosmi.
Il discorso fatto domenica del pugno chiuso, simbolo di massima coesione tra società e staff tecnico, è rappresentazione plastica di ciò che non è stato, di percezioni diverse tra le varie anime dell’A.C. Perugia. E preso atto di questo, a quel punto il destino di Massimo Oddo era già segnato.
La mezzapunta mancina
Va anche detto che il progetto di Oddo ha subito un intoppo non secondario a causa di un arrivo imprevisto, quello di Falcinelli, e di un non arrivo, quello di Benali dal Crotone che non ha trovato un alter ego nel ruolo di “cervello della trequarti” perugina.
Il Falcio, tornato col chiaro intento di essere profeta in patria nel tentativo di risalita del Grifo, ha involontariamente creato una situazione che Oddo non è riuscito a gestire. Nel modulo con due “sottopunte” e la punta centrale, Falcinelli era chiuso come terminale offensivo da uno Iemmello in stato di grazia, mentre come “sottopunta” credo non sia stato valutato idoneo dal mister. La morale è stata che un elemento che la società credo reputi come potenzialmente decisivo nelle sorti del Grifo (e per me è così) ha finito col giocare poco più di 500 minuti nel corso del girone di andata diventando quasi un caso. Non mi ha mai convinto, invece, la presunta incompatibilità in un attacco a due, tra Iemmello e Falcinelli. Dei due forse Iemmello può preferire giocare punta unica (e nemmeno sono granché convinto di questo), mentre il Falcio penso abbia dato il meglio di sé con un collega accanto, come testimonia il suo rendimento nell’anno di Camplone, quando giocava con quell’Ardemagni che paradossalmente è un esempio di prima punta pura, ancora più di Iemmello (similmente a Crotone Diego ha fatto bene in coppia con Trotta).
A questo va ad aggiungersi che nell’ultima conferenza stampa sostenuta dopo la sconfitta col Venezia la richiesta più urgente per Oddo era quella della “sottopunta” mancina, confermando quindi una strutturazione che avrebbe previsto anche da gennaio in poi la panca (o l’addio) per uno tra Falcinelli e Iemmello e l’esilio di un Melchiorri che in questo campionato ha rappresentato un mistero (poco) buffo.
Per certi versi quindi Oddo è stato l’allenatore giusto al posto sbagliato. Anche la dichiarata volontà di giocare sempre al centro, come se le fasce fossero appendici di troppo, è stata una visione poco lineare, quando proprio il centrocampo ed i trequartisti forse poco si confacevano a questa idea (anche se resto dell’idea che privarsi di una possibilità di gioco già in ipotesi sia una scelta poco oculata).
La pressione e il fallimento
La pressione, poi, è un argomento ciclico che viene fuori quando una piazza esigente si trova a scontrarsi con risultati inferiori alle premesse, spesso supposte.
Certo, a Perugia la cosiddetta piazza è più incisiva rispetto a realtà come Cittadella, Entella o Pordenone, e questo ha i suoi lati positivi ed i suoi lati negativi. Gestire la pressione, tuttavia, è parte integrante del lavoro di una società, di uno staff tecnico, di calciatori professionisti. Mi verrebbe da aggiungere anche dell’ambiente, ma lì le sfumature, i ruoli e gli interessi possono essere invece diversi.
A volte la pressione è funzionale al raggiungimento di un obiettivo, altre è controproducente.
La dichiarazione di Goretti sul fallimento (personale o meno) nel caso non si raggiunga la serie A ha scatenato una serie di reazioni negative. E però, se la frase era quanto di più piana possibile, ciononostante ha dato la stura a quell’esplosivo che era accatastato dalle parti di Pian di Massiano.
Va detto infatti, perché altrimenti è un nascondersi dietro le parole, che al sesto anno di serie B, il senso comune è che a Perugia l’unico obiettivo accettabile è quello della promozione. Senza passare dai play-off, che ci portano una discreta sfiga. È un senso comune decisamente ridicolo, perché prescinde da tante valutazioni economiche (in primis la questione del famoso paracadute di cui godono le retrocesse) e tecniche, però questo è.
D’altronde non viene detto e scritto spesso – in maniera piuttosto sbrigativa e poco intellettualmente onesta – che i precedenti campionati di B sono stati mediocri, quando invece si sono conclusi quasi sempre ai playoff (eccetto l’anno di Bisolone)? Se quei campionati sono stati mediocri, quale dovrebbe essere conseguentemente l’obiettivo secondo quegli stessi critici che poi impalano Santopadre e Goretti alla parola in più o in meno?
E se il primo obiettivo ogni anno è fare quei 48 punti utili alla salvezza, perché la dimensione della Serie B la diamo quasi per scontata, quando scontata non è, chi di noi, dopo sei anni nelle zone medio alte della classifica con playoff giocati e persi, non vedrebbe nel non salire quest’anno, in un campionato contendibile con presunte “corazzate” (toh, un’altra parolina che evoca alcuni ricordi) che stanno cannando l’annata, una occasione persa, una chance non sfruttata, un – estremizzando – fallimento?
Un fallimento rispetto ad un nostro desiderio, rispetto ad una asticella che mettiamo nonostante alcune difficoltà evidenti. Un fallimento rispetto ad una ambizione che è giusto covare, ma che non corrisponde ad un diritto divino.
Se per il Grifo non salire sarebbe un fallimento (sportivo), allo stesso modo questo accadrebbe, se non raggiungessero l’obiettivo, a Benevento, Crotone, Frosinone, Ascoli, Pescara, Salernitana, Chievo, Empoli e Cremonese (la maggior parte “dopate” dal fattore paracadute), a cui vanno aggiunte ora Pordenone, Entella e Cittadella. Due terzi di Serie B, insomma, e magari pure a La Spezia pensavano meglio. Che ne sai.
Nei giorni scorsi mi è uscita mentre girellavo in quello strumento demoniaco di nome facebook questa immagine di delinquentidelpallone.it .
Poi non ditemi che il fallimento non è un sentimento soggettivo
C’è Guardiola che dice che eccetto che nell’anno dei sei trofei ha sempre fallito. Quindi fallimenti, nonostante gli scudetti vinti con squadre che sono state costruite con investimenti, come dire, discreti. Checché ne possiate pensare di Guardiola, e io non sono uno dei suoi massimi estimatori, se abbinate ad un allenatore il concetto di fallimento non vi dovrebbe venire in mente il Pep. Poi per carità, tutto è sindacabile, però penso che il concetto di fallimento di Guardiola sia lo stesso di Goretti.
Dare il massimo per raggiungere l’obiettivo più ambito.
P.S.: Comunque la prossima volta diciamo pure che abbiamo il 10% di salire direttamente, tante quante il Benevento ed il Livorno, così restiamo ortodossi sul calcolo probabilistico e non passiamo settimane a menarcela.
Giri immensi e poi ritornano
E quindi Serse, quando meno te l’aspetti. Invocato dal pueblo unido (o quasi) ad ogni crisi tecnica e mai Prescelto, dopo vent’anni Cosmi tornerà da allenatore del Perugia su quella panchina che lo ha portato alla ribalta nazionale.
Tornerà più anziano, come tutti noi, e ci costringerà a guardarci indietro, a ripensare a quanto è successo negli anni tra il Cosmi I ed il Cosmi II. Ci farà sentire per un attimo più vecchi, ci farà ripensare a quel cazzo di Fantini che segnò il chiacchierato spareggio con la Fiorentina correndo in un modo che più che Bale sembrava Varenne. Ci farà pensare a chi era con noi allo stadio, a me in particolare farà pensare a mio papà che era con me a casa a sorbirsi gli effetti di una passione che faticava a comprendere, ma che ogni volta che ci ripensi ora è malinconia. In fondo ci rassicurerà sul fatto che Venditti non aveva detto coglionerie, che gli amori fanno giri immensi e poi ritornano. Ci farà sperare di sentire le farfalle allo stomaco della prima volta e di veder cacciare quattro urla in faccia a Cristiano Ronaldo per un furto subito, come era successo al povero Nedved tanti anni fa.
Non sono sicurissimo che la rosa del Grifo sia così adatta al tipo di gioco di Cosmi, ma faremo in tempo a parlarne. Sicuramente Serse dovrà vedere ogni singolo giocatore e valutare cosa possa dargli e come, e capire cosa manca. In un 3-5-2, ad esempio, Rosi riuscirebbe a coprire la fascia destra (io centrale Rosi non lo vedo per nulla)? E Falzerano? Capone e Buonaiuto farebbero gli Han ed i Brienza? Fernandez può fare la mezzala come (pare facesse) a Manchester? Servirebbe un regista classico o un Carraro – quasi alla Manuele Blasi – andrebbe bene?
Una delle dichiarazioni più importanti domenica è stato che al calciomercato prossimo non è che serve un difensore o un centrocampista, ma che serve un certo tipo di difensore o di centrocampista. Goretti dovrà essere bravo a mettere a disposizione del mister quei profili, e Cosmi sveglio nell’individuare subito quegli accorgimenti che serviranno per far rendere al meglio chi già c’è e chi verrà (un centrale di difesa però è bene che arrivi il prima possibile, per favore!).
La sfida di Serse è per certi versi una poesia che non sempre capita di vedere in uno stadio, anche se a Perugia non è una prima assoluta, dati gli straordinari ritorni di Sant’Ilario Castagner. La storia del mister a Perugia è stata un romanzo fatto di grandi capitoli ed imprese, ma l’epilogo del Cosmi I fu amaro, amarissimo.
Quasi sedici anni dopo Cosmi, ma in fondo tutta Perugia, hanno l’opportunità di scrivere un capitolo che possa cancellare le ferite del passato (per chi c’era) e produrre nuovi sorrisi. Non viene data a tutti l’opportunità di costruire un ponte che abbracci chi allo stadio è arrivato da poco, chi come me c’era e c’è, e chi oggi ci guarda da lassù, per chi ci crede, e si chiede ancora cosa diavolo rappresenti questo pallone che gira senza senso, perfetto simbolo del mondo e della vita.
Sfruttala al massimo, Serse.
Ciao papà.
Forza Grifo!
Federico Basili per TifoGrifo