Mercato 2.0 + il monachesimo di Binho
Scritto da Federico Basigli il 02/08/2016Siccome il mercato è, in fondo, un working in progress, questo pezzo fa seguito al precedente di metà luglio.
C’è una cosa che però prende il sopravvento sulla cronaca mercantile in entrata.
C’è un però.
Però Fabinho.
A torto o a ragione Binho è stato ritenuto indispensabile da Camplone e Bisoli, due allenatori sicuramente agli antipodi ed ha vinto partite quasi da solo, specie nel primo anno di Camplone. Poi gli infortuni, ma nonostante una forma spesso scadente il suo apporto (minore rispetto a quello che avrebbe potuto essere, lo sappiamo tutti) ha comunque portato punti e risultati.
In più Binho, il primo vincitore del premio Basigli* (mica pizza e fichi), era diventato giocatore bandiera, quindi sarebbe stato una specie di “bonus”, il diciannovesimo giocatore da aggiungere ai 18 over tesserabili.
Non so quale sia il motivo preponderante della cessione, se sia stato l’aspetto sanitario, quello tattico, quello di uno stile di vita non compatibile col monachesimo o quello legato al management a pesare di più. So che onestamente mi mancherà, come mi è mancato Clemente, per dire dell’ultimo giocatore che si fermò abbastanza da sentirne l’assenza una volta che finì il suo ciclo. Un altro, Gianpiero, che ci ha portato ad un livello superiore ed un altro che tecnicamente ha fatto meno di quello che avrebbe potuto.
Quello che sento oggi è un po’ di saudade verso quel ragazzo che vidi giocare per la prima volta insaccando una doppietta contro il Bari, con una velocità fuori dal comune e la gioia di giocare a pallone, che poi penso corrisponda alla mia passione per un certo tipo di calcio, quello del giocare offensivi, verticali, le ali che corrono e dribblano da Rapajc in giù, quello che ti permetteva di affezionarti ai giocatori,. Un amore pre social, quando forse c’era meno voglia di sputtanare tutto e tutti. Il saluto di Binho, “ricordiamoci con affetto e felicità”, penso sia quello più bello. In un periodo in cui scuse, panzane e buonuscite costituiscono parte integrante di presunti uomini tutti d’un pezzo (e chi vuol capire capisce), rispondere al suo saluto con uno altrettanto amichevole, se proprio provare affetto pare troppo nonostante i risultati positivi che anche grazie a lui abbiamo ottenuto, penso sia sinonimo di buonsenso.
Mercato, ora.
Il reparto di difesa centrale è ok, per certi versi quasi sovraffollato. A causa delle vicende sanitarie di Alhassan e Del Prete, un terzino penso serva, ma chi e come dipende dalle valutazioni mediche dei due. Di sicuro serve un centrocampista che sappia impostare e giocare sia come regista in un 4-4-2 o in un 4-3-3 che, nel 4-2-3-1, come trequartista o, in particolari condizioni tattiche, anche tra i 2 di centrocampo (Prcic, Bessa, Fausto Rossi).
Di sicuro serve un esterno di attacco che supplisca alla partenza di Fabinho, magari con caratteristiche diverse (più da “equilibratore”?) come esterno di attacco di un 4-2-3-1 o 4-4-2 ed eventualmente impiegabile come mezzala (quindi, piuttosto che un’ala da 4-3-3, uno tipo Barillà? Uno tipo Moscati?) così con un acquisto copri due necessità, e di sicuro serve un attaccante che sappia fare la prima punta e, al limite, la seconda punta (Aguirre, Mame Thiam, Boye).
Mantenendo la suggestione del 4-2-3-1 anticipato da Bucchi e ricordando cosa valesse la Serie A nel ’99 e quanto vale la B del 2016 (leggasi: ricordiamoci che c’è la recessione per tutti), ritorno al parallelo col 1999:
Guberti (Bonaiuto), Zapata/Prcic e Drolè (X, Zapata) dietro Aguirre/Thiam o Bianchi
potrebbero essere il 2.0 di
Petrachi, Nakata e Rapajc dietro Kaviedes o Bucchi?
Per me il paragone regge.
In particolare credo molto, come ho scritto qualche settimana fa, in uno Zapata alla Nakata, rivedendo nel giovane colombiano caratteristiche simili, in potenza e in proporzione, a quelle del fuoriclasse nipponico. Baricentro basso, capacità di cercare i corridoi per l’imbucata, corsa palla al piede. Nel 4-2-3-1 il trequartista deve essere un elemento associativo, un regista avanzato.
L’anno scorso una delle cose più inguardabili era vedere Di Carmine giocare sulla trequarti, e non per Di Carmine in sé per sé, quanto perché a mio avviso non aveva (e non ha) le caratteristiche per giocare là. Di Carmine, per dire, difende molto bene palla spalle alla porta, ma poi – come Vryzas, tanto per fare altri paragoni – deve avere un Liverani su cui scaricare la palla per far scorrere il gioco. Ed un regista dietro Di Carmine, date le sue caratteristiche, lo può avere se gioca prima o seconda punta.
Avere uno Zapata o un Prcic, considerato che nemmeno Brighi e Zeblì sono scarponi, permetterebbe di avere quel tasso tecnico tale per cui la palla ci sarebbe abbastanza amica, fatto salvo che tutto ciò va calato in un contesto di gioco, altrimenti se non ci sono movimenti anche avere un buon passatore diventa inutile. Prcic che porta avanti la palla con le braccia larghe ad implorare il movimento di qualcuno è per me l’istantanea dei problemi dell’anno scorso.
In attesa del completamento dell’organico e di vedere domenica dal vivo la prima gara ufficiale sono abbastanza ottimista. Con i giusti innesti questa squadra penso abbia buone prospettive e per un Fabinho che parte il mio cuore è già pronto ad affezionarsi al prossimo biancorosso che porterà in alto il nome del Perugia. Non dimenticando chi ci ha accompagnato in anni davvero belli. Grazie.
Forza Grifo!
Federico Basigli
* Il premio Basigli viene assegnato tutti gli anni al giocatore nuovo e possibilmente giovane che mi lascia la migliore impressione dopo le prime partite, ad agosto.
Albo d’oro:
Binho- 2012-13,
Conti- 2013-14,
Verre- 2014-15,
Non Assegnato nel 2015-16.