Il Perugia fermato a Brescia. Luci e ombre, anatomia di un campionato
Scritto da Redazione il 17/05/2022Nel calcio, come in moltissime altre attività, i criteri di valutazione sono tanti, le variabili altrettante, e il giudizio conclusivo, ovviamente, diverso, a seconda dei criteri usati. Se si arriva primi (trionfo) o ultimi (fallimento) c’è poco da discutere, ma quando una squadra, come il Perugia, in questo campionato 2021-’22, appena concluso, si è classificata all’ottavo posto in classifica, disputando anche una gara dei preliminari playoff, ci sono ampi margini per opinioni diverse. L’obiettivo posto dalla società, alla vigilia del campionato, quando è stato chiamato Massimiliano Alvini, dopo la promozione dalla C, con Fabio Caserta, è stato quello della tranquilla salvezza. Un traguardo, per una matricola, del tutto ragionevole, accettabile da (quasi) tutti. Eppure le decisioni del presidente Massimiliano Santopadre non hanno trovato quel consenso che si poteva immaginare, così che il torneo è cominciato tra tante, troppe perplessità, e molto pessimismo. Cominciando dalla scelta del tecnico, che era appena retrocesso, con la Reggiana, in serie C. Appariva a molti, quantomeno azzardato affidare, al tecnico di Fucecchio, il Perugia, che, seppure con ambizioni, quest’anno, relativamente modeste, rimane sempre la squadra di una piazza importante ed esigente nel panorama calcistico italiano. Massimiliano Alvini ha, quindi, cominciato la sua avventura perugina circondato da molti dubbi e perplessità, anche perché l’organico, ampiamente rinnovato rispetto al campionato precedente, sembrava piuttosto mediocre e comunque nemmeno in grado di raggiungere, senza affanni e sofferenze, quel traguardo minimo fissato dalla società. Seppure in sordina, il campionato è cominciato con una vittoria sul terreno di Lignano Sabbiadoro contro il Pordenone. Però senza gioco, hanno subito sentenziato gli ottimisti. Pensate l’opinione dei pessimisti. L’allenatore si è trovato, così, a dover lavorare su diversi fronti: costruire una squadra con un gioco convincente e nello stesso tempo in grado di ottenere i risultati necessari per la salvezza, e far fronte, nel contempo, all’incalzare della stampa e agli opinionisti pret – à – porter delle tante (troppe?) trasmissioni televisive, mentre i tifosi, a parte la frangia no-Santopadre, ha, come al solito, pensato solo a sostenere la squadra, sempre, a prescindere. Il lavoro di Alvini, serio e meticoloso, con il tempo, ha cominciato a dare i suoi frutti. La scoperta (finalmente!) di un portiere sicuro e affidabile con una fase difensiva soddisfacente ed efficace sono sembrati essere, subito, i punti di forza di questa squadra, tanto che, alla fine, è stata la migliore difesa (32) dopo quella del Lecce (31). Un po’ meno affidabile la fase offensiva con i gol fatti con il contagocce, 40 in totale, al quattordicesimo posto. A metà campionato, tuttavia, i grifoni si sono trovati in un’invidiabile posizione di classifica, a ridosso dei primi posti. È sembrato, in quel momento, che ci fossero tutte le condizioni per abbandonare gli obiettivi minimali disegnati dal team di Santopadre e puntare, con una certa convinzione, ad obiettivi più importanti, facendo crescere ed alimentare interessi e ambizioni. Non tutto, però, è andato secondo le speranze e le aspettative. Pur rimanendo sempre a metà classifica, una serie di concause, dai gol clamorosamente mancati, agli arbitraggi indecenti, dalle banali distrazioni, ad un calo di condizione, hanno fatto perdere occasioni e smalto, e punti preziosi, paradossalmente, nelle gare (ritenute) meno impegnative (due sconfitte con il Como e tre punti lasciati al Pordenone) per ottenere una classifica finale migliore. L’ottava posizione è anche l’ultimo posto utile, certamente ambito, seppure scomodo predellino per proseguire il viaggio negli spareggi per la serie A. Il Brescia, capitato nell’abbinamento della gara preliminare, non sembrava un avversario invincibile, semmai il contrario, certamente alla portata dei grifoni, e lo si è visto in campo. Perugia grande, ben disposto, ad imporre il proprio gioco nettamente superiore rispetto a quello degli uomini di Eugenio Corini. Vantaggio meritato con Kouan e mai messo in discussione fino a quando l’arbitro, e il Var, hanno visto il pallone sfiorare il braccio di Curado e decidere per il calcio di rigore, trasformato da Pajac. Un pareggio, 1-1, che non è cambiato fino al 90’ anche perché l’arbitro Fourneau, in un’occasione confusa in area del Brescia ha avuto l’idea (infelice) di emettere un fischio, che si è poi dimostrato essere di natura meramente preventiva, perché ha fermato il gioco proprio quando Santoro aveva già scoccato il tiro che avrebbe riportato in vantaggio il Perugia. L’arbitro ha visto un fallo? Dalle immagini televisive non sembrava ci fosse nulla di irregolare. Rimangono fortissimi dubbi. E nei tempi supplementari c’è stato ancora il Perugia protagonista, con Matos che, al 102’, ha segnato il gol del vantaggio. Sembrava fatta. Almeno questo abbiamo pensato un po’ tutti. La squadra incerta, balbettante, spenta di Corini non avrebbe potuto battere la migliore difesa del campionato nei 18 minuti mancanti. E invece è successo che due imperdonabili e inspiegabili distrazioni hanno consentito il capovolgimento del risultato e l’addio alle speranze di serie A. Con questo finale è inevitabile che ci siano ampi margini per recriminare, perché se è vero che gli obiettivi della vigilia sono stati ampiamente raggiunti è altrettanto vero che un campionato così equilibrato, e modesto, è difficile che si possa ripetere. E quando ci sono le occasioni bisogna saperle cogliere al volo.
Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia