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Gaucci non merita una via o un settore? Il calcio è del popolo, non degli anonimi salotti buoni

Scritto da il 06/02/2020

 

 

(TifoGrifo) Si rincorrono in città le proposte per l’intitolazione a Luciano Gaucci di una via della città o di un settore dello Stadio “Renato Curi”. La figura dell’ex presidente del Perugia nella storia dello sport cittadino torna così di grande attualità a pochi giorni dalla sua scomparsa. Purtroppo, però, come un tempo, anche oggi, per certi versi, divide le opinioni tra favorevoli (moltissimi) e contrari (del tutto marginali). Questi ultimi ritengono che Luciano Gaucci non incarni un esempio di irreprensibilità e, dunque, non meriti l’intitolazione di alcuna via o struttura in città, contrapponendolo addirittura a Franco D’Attoma, in un confronto del tutto fuori luogo. Per altro, al presidente del Perugia dei Miracoli degli anni Settanta è già stato intitolato – e giustamente – da anni il viale che si estende dietro la Curva Nord dello Stadio “Renato Curi”.

Dunque, che senso ha seminare contrasti e divisioni tra i tifosi in un momento per altro di ritrovato entusiasmo e unità d’intenti dopo il ritorno di Serse Cosmi sulla panchina della squadra? Al netto della squalifica per illecito del 1993, decisione ancora controversa che tolse al Perugia una Serie B conquistata sul campo, e del patteggiamento per bancarotta fraudolenta a seguito del fallimento della società nel 2005, circostanza su cui la famiglia Gaucci si è sempre ritenuta vittima di un’ingiustizia, l’ex patron romano ha portato la squadra della nostra città a livelli impensabili al momento del suo arrivo, nel novembre 1991, in una piazza da tempo affossata in Serie C.

In tredici anni, il nome di Perugia si è ritrovato proiettato nel mondo grazie alla squadra di calcio: dal Giappone all’Iran, dalla Cina alla Corea del Sud, dalla Croazia alla Grecia, dall’Ecuador al Messico e così via. Il solo acquisto del campione nipponico Hidetoshi Nakata nell’estate 1998 portò a Perugia migliaia di turisti e appassionati di calcio giapponesi, che scoprirono così in massa una città fino ad allora conosciuta in Estremo Oriente quasi soltanto per la sua storica Università per Stranieri.

Due anni prima, a seguito della promozione in Serie A, ottenuta a quindici anni dall’ultima apparizione dei grifoni in massima divisione, Luciano Gaucci aveva intuito il futuro del calcio italiano, proponendo alle autorità locali la cessione dello stadio alla società e la massiccia ristrutturazione della struttura, con attività e servizi annessi per rendere sostenibile la gestione e il funzionamento dell’impianto. Quello di Perugia sarebbe così stato il secondo stadio di proprietà in Italia, ben quindici anni prima dello Juventus Stadium e poco dopo l’esempio del consorzio creato a Reggio Emilia per la costruzione del “Giglio”, oggi di proprietà del Sassuolo e noto come “Mapei Stadium”. Ostilità politiche e ostacoli amministrativi impedirono qualsiasi prosecuzione del progetto.

Malgrado il triste epilogo sportivo, l’operato della famiglia Gaucci a Perugia nelle quattordici stagioni calcistiche trascorse sotto la sua gestione, è sotto gli occhi di tutti: sette stagioni di Serie A, una Coppa Intertoto, un ottavo di finale di Coppa UEFA, una semifinale di Coppa Italia e due scudetti Primavera. Senza poi citare il lungo elenco di singoli campioni, scoperti e valorizzati nella “cantera” di Pian di Massiano. Dopo la Curva Nord, dedicata ad un sanguigno presidente e imprenditore perugino come Spartaco Ghini, ora la Tribuna Ovest – quella coperta per intenderci – o una via potrebbe essere dedicata a Luciano Gaucci. Cosa ci sarebbe di sbagliato?

Una bieca ed ipocrita forma di moralismo giustizialista non può essere il metro di giudizio della storia dell’uomo, tanto più di fronte ad una vicenda del genere, così controversa. Le carte bollate riguardano un’altra dimensione della sfera umana, quella delle aule di tribunale. La storia è fatta anche di tanto altro e i tifosi, quelli veri, lo sanno bene. Gaucci, per loro e per noi, non è un mostro né un immorale. I mostri sono ben altri. Non hanno passione, non hanno sentimenti, non sanno creare nulla di buono e… “non sbagliano mai”.

 

Redazione TifoGrifo.com

 

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