Foggia-Perugia 1-0. Un’altra sconfitta per i grifoni. Play off ora lontani.
Scritto da Redazione il 06/05/2019Intensità e sfortuna, ma anche sterilità e la solita leggerezza dietro. La partita del Perugia a Foggia si riassume in queste parole. Niente di nuovo, a ben vedere, rispetto a tutta la stagione, di cui la partita in Puglia è stata degno emblema. Gli uomini di Nesta hanno dato tutto, tenuto bene il campo, per larghi tratti hanno costretto il Foggia alle corde e creato anche chiare occasioni. Ma per sfortuna (palo di Verre) e sterilità (per esempio, Sadiq a inizio ripresa) non l’ha buttata dentro. E nel calcio, se giochi bene ma non segni, rischi di rassegnarti, almeno inconsciamente, all’autocontemplazione fine a sé stessa, ad un estetismo di maniera che è l’opposto della filosofia del gioco del calcio: concretezza, sostanza, finalizzazione in gol. Il Perugia, dunque, ha giocato bene, come doveva, al massimo di quello che poteva: ma se, per l’ennesima volta, deve rammaricarsi di aver perso una partita che avrebbe meritato forse di vincere, viene il dubbio che qualcosa di sbagliato di fondo ci sia. Se, poi, prendi gol con la solita sfasatura difensiva, come è successo anche a Foggia con Sgarbi che ha causato il rigore appena entrato, non puoi accampare scusanti. La sfortuna, sotto forma del palo di Verre nel primo tempo e degli infortuni che hanno privato Nesta della possibilità di fare i cambi che aveva in mente, ha avuto certamente il suo peso nell’indirizzare la partita. Ma in questo gioco, se non segni, non vinci. E se non vinci, non fai punti (tre soli per il Perugia nelle ultime sette partite, media da retrocessione diretta). Insomma, inutile fare le cose giuste al momento sbagliato, le cose belle ma non concrete, e non fare quello che serve quando serve. Aldilà di come finirà la stagione (anche la vittoria con la Cremonese potrebbe non bastare per i play off) si spera che tutti i protagonisti, dalla società allo staff tecnico, tengano ben conto di quello che è mancato al Perugia quest’anno per fare trentuno, visto che trenta lo ha fatto quasi sempre.
Daniele Orlandi-Agenzia Stampa Italia