Di Chiara, un protagonista del Gauccismo a cuore aperto: a Perugia anni meravigliosi, Gaucci un vincente. E su Scala dico che…
Scritto da Raffaele Garinella il 25/01/2022Per avvicinarci a chiudere il cerchio, per capire sempre meglio cosa fu il Gauccismo, non si poteva ignorare Alberto Di Chiara, un nome e una garanzia non solo con la maglia del Grifo. Chi ha voglia di approfondimenti sicuri, ci segua.
Alberto, quali ricordi hai di Perugia?
Solo ricordi bellissimi, città meravigliosa. Abitavo in un hotel del centro storico e l’ho apprezzata moltissimo. Con il Grifo sul petto ho giocato la mia ultima stagione da calciatore e poi ne ho vissute sette da dirigente. Immagino voglia sapere di Luciano Gaucci: è sempre stato impulsivo, ma il suo metodo era vincente. Ha condotto il Perugia in Europa in un’epoca calcistica più complessa di quella attuale. Si percepiva in ogni angolo della città tanto entusiasmo.
Come mai lasciasti Parma?
La trattativa nacque molto in fretta. A Parma era finito il ciclo con Nevio Scala, ricco di successi in Italia e in Europa. Avevo ancora un anno di contratto e sarei potuto rimanere, però decisi di cambiare. In Emilia avevo conquistato tutti gli obiettivi e raggiunto un prestigioso traguardo come la Nazionale. Con Tanzi fu una separazione consensuale e positiva. Sposai il progetto del Perugia di Gaucci, ambizioso anche se non così ad ampio raggio come quello di Parma. C’era l’entusiasmo di cominciare un nuovo ciclo, ricordo la presentazione della squadra in Corso Vannucci, le quasi diecimila persone in Piazza IV Novembre. Fu allestita una squadra molto forte in un contesto fortissimo. In quella serie A militavano calciatori del calibro di Zidane, Djorkaeff, Weah, Batistuta e tanti altri ancora. Oggi non c’è più quella qualità. Roberto Mancini è stato costretto a richiamare Balotelli per mancanza di alternative. Durante gli Europei ha compiuto un miracolo riuscendo a vincere con organizzazione, preparazione fisica e spogliatoio compatto.
La stagione di Perugia non cominciò benissimo. Cosa accadde a Valencia tra Galeone e Vierchowod?
Vierchowod è sempre stato un calciatore votato alla totale professionalità. Sin dalle prime battute a Roccaraso si era trovato in disaccordo con la preparazione fisica di Galeone. Sia io che lui provenivamo da due grandi squadre dove c’era la cultura della preparazione fisica. Galeone prediligeva una preparazione più leggera rispetto al normale. Partimmo a razzo per poi spegnerci durante il campionato. Galeone affrontava tutto come una gita continua, così litigarono. Vierchowod voleva vincere sempre e non apprezzò la mentalità tranquilla con cui ci approcciammo al triangolare di Valencia. Lo scontro fu totale e se ne andò al Milan.
Come spieghi quell’incredibile retrocessione? A Perugia la ricordano come una delle squadre più forti mai viste.
Il rapporto tra Gaucci e Galeone era logoro. Si percepiva la sensazione che il presidente non vedesse l’ora di esonerarlo. Una volta, per fare un dispetto al mister, dette il benservito al vice Trombetta. Lo fece scendere dal bus della squadra per poi impedirgli l’accesso allo stadio Curi. Ricordo che c’erano Rapaic, Allegri, Giunti, Negri, e tanti altri che hanno fatto molto bene anche nel prosieguo della loro carriera. Siamo retrocessi anche per quanto successo durante Milan-Cagliari, con l’incredibile vittoria dei sardi. Fu una partita dall’andamento molto strano. La rivincita ce la siamo presa un anno dopo durante il famoso spareggio di Reggio Emilia contro il Torino.
Com’è possibile che un allenatore esperto come Nevio Scala abbia fallito?
Nel calcio non c’è una regola fissa. Pensa a Gasperini ed immagina se tentasse di fare quello che fa nell’Atalanta in altri contesti. Non è detto che ci riesca. Ci sono tanti aspetti che incidono nel rendimento di una squadra: ambiente, città, gruppo, la stessa società. Scala subentrò in corsa e non è la stessa cosa di quando cominci una nuova avventura dall’inizio. Per far risultare vincente un modulo, occorrono i giusti interpreti. A Parma c’eravamo io e Benarrivo. L’esperimento di trasformare un’ala in terzino riuscì con me in Emilia. La stessa cosa non è riuscita a Perugia con Gautieri. Le caratteristiche sia fisiche, ma anche di predisposizione mentale, sono diverse nei calciatori. L’ambiente era al centro di continue polemiche e il miracolo non riuscì. Scala fu preso anche grazie alle mie indicazioni. A quel tempo era tra gli allenatori più importanti ed era libero da vincoli contrattuali.
Pensi che Scala sia rimasto troppo ancorato al suo credo tattico?
Il bravo allenatore non è quello che riesce ad avere una sola idea tattica, ma quello che sa sfruttare al meglio le caratteristiche dei calciatori a disposizione. Se i calciatori non riescono a rendere con quel modulo, è bene cambiare, altrimenti rischi di rimanere con un pugno di mosche in mano. Nel calcio non si inventa nulla. Bisogna difendersi bene, ripartire e fare un gol più degli altri.
Da ex dirigente, pensi che con Galeone vi sareste salvati?
Chi può dirlo. Quando andò via Galeone, lasciarono anche calciatori rappresentativi ed importanti per lo spogliatoio come Allegri. L’esonero di Galeone incrinò i rapporti generali. Se Galeone avesse avuto la possibilità di lavorare serenamente con quel gruppo, che lui stesso aveva plasmato, e che veniva anche dal successo in serie B, probabilmente avremmo potuto fare qualcosa in più. Al di là di Scala, anche se fossero arrivati Van Gaal o Guardiola, non avrebbero risolto i problemi e nonostante questo siamo retrocessi per la classifica avulsa.
Raffaele Garinella – Tifogrifo.com
Foto: profilo Facebook di Alberto Di Chiara