Davide Lanzafame: voglio essere una risorsa per il Perugia, per arrivare il più in alto possibile.
Scritto da Redazione il 07/05/2015
D. Ventotto anni, tutta la trafila (14 anni) nelle giovanili della Juve dai pulcini alla Primavera; poi una carriera da professionista in lungo e in largo per l’Italia: Bari, Palermo, Parma, Brescia, Catania, Grosseto, ancora Juventus e ora Perugia. In mezzo, una parte di stagione a Budapest nella mitica Honved. Anni fa disse in un’intervista che la maglia della Juve era la sua seconda pelle: cosa si è portato dietro nel tempo della sua formazione bianconera, dello “stile Juventus”?
R. Dissi così perché da quando avevo sei anni me la portavo addosso. Sono cresciuto nelle giovanili della Juve e sono grato alla società bianconera che mi ha dato poi modo di esordire in serie B e iniziare la mia carriera professionistica.
D. Dopo tanto peregrinare, le sembra arrivato il momento di fermarsi un po’ a Perugia? Il contratto fino al 2017 ce l’ha già; le altre condizioni ambientali, professionali e di contesto per fare questa scelta, le sembra che ci siano?
R. Si, sono un po’ stanco di girare per prestiti e perché cercavo sempre di cambiare per poter giocare. Sono grato al Perugia perché mi ha dato la possibilità di ricominciare dopo le mie vicissitudini. Perugia è per me una tappa molto importante: società e città ambiziose, posto ideale per fare calcio. Mi pacerebbe fermarmi qui.
D. Ha avuto tanti allenatori importanti, Materazzi, Conte, Colantuono, Ballardini, Del Neri, e da ultimo Camplone: da quale ha imparato di più, come calciatore e come uomo?
R. Aggiungo al suo elenco anche Guidolin e Montella. Il calcio è una scuola e quando sei giovane e hai 19-20 anni, cresci come uomo soprattutto grazie ai compagni più esperti. Quanto ai tecnici, ho cercato di imparare il massimo da tutti, anche da quelli che mi facevano giocare poco.
D. La sua carriera è stata variegata anche per i tanti ruoli ricoperti in campo: esterno, trequartista, ala, punta (a Bari con Conte segnò dieci reti). Quale è la posizione in campo che lei preferisce?
R. Si ho cambiato molti ruoli e penso che questo sia positivo perché indice di duttilità, cosa importante nel calcio di oggi. Ma c’è anche l’aspetto negativo della mancanza di continuità in un ruolo specifico. Per me comunque importante è giocare. Il mio ruolo preferito è quello del trequartista, dove sono più libero da tatticismi esasperati. Ma ogni allenatore ha le sue idee e l’importante è che il giocatore si metta a disposizione del trainer, non il contrario.
D. A Perugia è argomento di discussione tra tifosi, opinionisti e media, il suo impiego in squadra. Tutti riconoscono che lei ha doti tecniche che sono un lusso per la categoria. Però, poi, si dividono tra coloro che, per la sua “atipicità” rispetto ai canoni degli schemi, dicono che non sia possibile impiegarla stabilmente; e coloro che, invece, dicono che, per le sue doti tecniche e di creatività, lei dovrebbe giocare sempre da titolare. Camplone dice che lei può dare un grosso contributo, a condizione che curi di più anche la fase difensiva. Lei ha appena detto che si mette a disposizione delle scelte dell’allenatore. Di questa discussione su di lei, cosa ne pensa?
R. Il fatto che si sia innescata la diatriba tra chi mi vorrebbe sempre in campo e chi dice che sono un atipico, sinceramente non mi han aiutato, perché io voglio essere per il Perugia una risorsa e non un problema o uno spunto di polemica. Lo ho detto anche a Camplone: voglio solo mettermi a disposizione per essere un valore aggiunto.D’altronde, io che vorrei fare poi l’allenatore, mi metto anche nei panni di Camplone e capisco che lui mi chieda di fare anche la fase difensiva: nel calcio moderno, specie in Italia dove c’è molto tatticismo, regalare un uomo agli avversari può essere determinante. Poi, certo, io sono per caratteristiche un trequartista, Camplone lo sa; ma ripeto, non voglio assolutamente che questo sia un problema.
D. Il Perugia di Massimiliano Santopadre l’ha cercata l’anno scorso, dimostrando di credere molto i lei, se è vero che mesi fa il contratto le è stato poi prolungato per altri due anni. Lei in che misura sente di aver ripagato questa fiducia sul campo?
R. Il Perugia ha creduto in me, e io mi sono rimesso totalmente in discussione per la causa, da molti punti di vista. Ho profuso finora il massimo dell’impegno, come tutti i miei compagni. Dal punto di vista del rendimento sono parzialmente soddisfatto. Ho fatto abbastanza bene, ma so che posso far meglio, soprattutto in fase realizzativa: un solo gol a Vicenza è poco rispetto ai miei standard, anche se in diverse circostanze sono stato sfortunato. Però sono soddisfatto perché si stanno vedendo i risultati dei sacrifici che ho affrontato nel periodo di inattività.
D. Lo ha appena detto: venendo a Perugia Lei si è rimesso in discussione L’impressione che lei dà è di una persona riservata (e qui forse pesano le sue radici piemontesi-siciliane) pacata, riflessiva, umile, che ha tirato una linea rispetto ad alcune esuberanze del passato e ha messo la testa ben salda sulle spalle. Sono caratteristiche che ha acquisito con la maturità e le esperienze che ha vissuto o che ha sempre avuto come indole?
R. La parte riservata l’ho sempre avuta, anche se ero esuberante e questo è stato un boomerang, a volte. Sono maturato col tempo, ho capito i miei errori di comportamento e di valutazione. Ho imparato a non valutare le cose con superficialità, cercando di prevenire i problemi anziché affrontarli dopo che si erano manifestati, cioè quando era troppo tardi.
D. Il Perugia è nel momento cruciale del campionato. Un elemento importante è la coesione del gruppo, determinante per le sorti di una stagione. Sabato c’è la partita più difficile di questa fase, la trasferta a Pescara. Come la state preparando?
R. Prepariamo la partita col Pescara come tutte le altre, cioè con la massima cura, studiando l’avversario e seguendo i dettami tattici del mister. Il Pescara è una squadra forte, che finora ha reso meno delle aspettative. Sarà un incontro importantissimo, anche se non determinante, per arrivare nelle migliori posizioni di classifica, perché arrivare ottavo o terzo/quarto non è ovviamente la stessa cosa.
D. In prospettiva play-off, quali sono gli aspetti che secondo lei vanno curati di più? L’approccio mentale alle partite, la preparazione fisica o gli accorgimenti tattici?
R. La società e lo staff stanno cercando di curare tutto alla perfezione. Per esempio, l’alimentazione, che è molto importante ora che arriva il caldo. Poi, ci vorrà personalità: quando le pressioni aumentano, bisogna avere le palle per affrontarle, ovviamente insieme alla forma fisico-atletica.
D. I tifosi biancorossi l’hanno accolta calorosamente e non perdono occasione per manifestarle la loro vicinanza. Ultima prova in ordine di tempo, sabato scorso l’hanno votata Miglior Grifone nel trofeo del Coordinamento dei Perugia Clubs, di cui lei ora guida la classifica generale. Lei che ha conosciuto visto altre piazze e tifoserie importanti, come definisce le caratteristiche dei tifosi perugini? E quale messaggio, appello o saluto rivolge loro?
R. La tifoseria perugina è calorosa come quelle meridionali. La curva nord è da massima serie, e non tutti ce l’hanno così neppure in serie A. Mi fa piacere essere primo nel Miglior Grifone, ma ancor più tengo ai risultati della squadra, specie in questo finale di campionato dove conta arrivare più in alto possibile. Certo, arrivare in serie A sarebbe un sogno per me, che ci tornerei dopo un’esperienza negativa; e per i tifosi, la squadra, i giovani, la società, il mister e tutto l’ambiente, che se lo meriterebbe, dopo una stagione importante.
Daniele Orlandi – ASI TifoGrifo Web Radio Tv Perugia
.