Ciao Osvaldo
Scritto da Federico Basigli il 22/09/2016Ciao Osvaldo
Dopo la partita contro la Spal forse avremo le idee piu’ chiare sulle sorti del nostro Grifo; so che la cronaca, che non aspetta niente e nessuno, dice Entella, ma preferisco sospendere l’argomento e, ancora per un momento, salutare chi – nel giorno del derby – ci ha lasciato.
“Il calcio ha significato troppe cose per me
e continua a significare troppe cose”
Nick Hornby, che se non avete letto Febbre a 90 chiudete qua
Mio nonno morì un anno che in porta c’era Mazzantini, il che fa già capire quanto il calcio abbia per me fin da sempre rappresentato una unità di misura tanto sbagliata quanto reale e presente.
Morì dopo che era tornato allo stadio perché ci andavo io, dopo che il pallone era andato a rappresentare forse l’unico terreno di confronto tra me e lui (anzi, per essere precisi devo a lui anche una preparazione in briscola, tressette e derivati). L’unica volta che era andato allo stadio prima, diceva, era per un Fiorentina – Cagliari che arbitrava Concetto Lo Bello, e che finì con invasioni di campo e sai tu che cosa, la raccontava come lo sbarco in Normandia.
Io entravo in curva e lui andava in gradinata; una volta la persona vicina a lui ebbe un malore, a la portarono via in ambulanza in fin di vita. Dopo 15 giorni sul seggiolino di quella persona c’erano dei fiori. Ricordo anche i fiori che il numero 99 Saudati portò in occasione della morte di una mia amica, Michela, sotto la curva.
Lo stadio non è un pianeta separato dalla vita reale, anche se questa è spesso la percezione che se ne ha.
“Dopo un po’ ti si mescola tutto nella testa e non
riesci più a capire se la vita è una merda perché
l’Arsenal fa schifo o viceversa”
Nick Hornby, Febbre a 90
Perché il calcio E’ la vita, ed è quindi anche la morte. Cos’è, d’altronde, la prima partita di Coppa Italia se non un nuovo battesimo? Cos’è ogni fine stagione se non una piccola morte, con la promessa di prossima resurrezione al campionato successivo? Quello che non è concesso all’uomo, è invece permesso al Dio Pallone. La ciclicità. Il ripetersi mai uguale. Il ricominciare con grandi aspettative ogni singolo anno. Che tu sia in Serie A o in Serie D avrai sempre davanti tante squadre che vogliono ciò che vuoi tu: che i tuoi rivali si chiamino Juventus o Castel Rigone diventa quasi un particolare di poco conto. Quando il pallone scandisce i suoi tempi, non resta che seguire quella danza.
“Tutto questo si ripete continuamente, c’è sempre
un’altra stagione. Se perdi la finale di Coppa in maggio
puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio,
che male c’è in questo? Anzi, è piuttosto confortante se ci pensi”
Nick Hornby, Febbre a 90
Io non ho mai sentito eccessivamente il derby. Penso che dare troppa importanza a una partita che vale, come le altre, 3 punti sia sbagliata proprio come idea generale. Vivo relativamente il concetto di rivalità, anche perché non sempre hai sottomano un ternano con cui battibeccare e se dovessi litigare con qualcuno preferirei prendermela con chi conduce politiche secondo me sbagliate piuttosto che con uno che vive in una città che ha come maggior momento artistico il monumento alla pressa. Quello che è successo sabato, quella fratellanza che ha legato assieme Grifo e Fere, deve essere un segnale da cogliere. È inutile farsi la guerra, ed è maggiormente inutile quando c’è una passione ad unirti.
“Non è facile diventare tifoso di calcio,
ci vogliono anni. Ma se ti applichi ore e ore
entri a far parte di una nuova famiglia”
Nick Hornby, Febbre a 90
La decisione presa allo stadio è stata immediata, favorita da circostanze particolari (l’inizio campionato, il pareggio, il fatto che mancassero pochi minuti al novantesimo), imperfetta come non poteva non essere. Ogni decisione avrebbe lasciato dubbi, perché è la vita che è imperfetta ed è la sua sorella gemella morte che si diverte a creare situazioni paradossali. Ripenso a mio nonno, penso al figlio di Osvaldo, in curva come me. Penso ad un figlio e ad un padre, alla presenza ed alla mancanza, ai cambiamenti che toccano ognuno. Penso che ognuno di noi senta qualcosa dentro stando dietro a questi pensieri: non voglio allargare troppo il discorso, non è la sede.
Penso al Presidente che spiega quello che è successo in sala stampa, alla sua speranza di aver gestito al meglio un evento impossibile da gestire, con la sua preoccupazione di aver cercato di fare tutto al meglio in una situazione non preventivabile. Penso alla sua presenza al funerale di Osvaldo.
Penso che il nome Osvaldo è anche quello del poeta Soriano, una delle persone che ha meglio raccontato il calcio, da Obdulio Varela a El Gato Diaz.
Saluto anche io Osvaldo con una immagine che porterò sempre con me, questa qua, la copertina del libro Futbol. Di Soriano.
Buon viaggio, Osvaldo.
Federico Basigli – TifoGrifo.com