Castori in pillole prima di Perugia-Ascoli.
Scritto da Redazione il 09/09/2022
Una settimana a porte chiuse per concentrarci meglio.
Ho voluto una settimana di allenamenti a porte chiuse per lavorare su tutti gli aspetti, mentali e tattici, perché ci sono varie cose da mettere a posto, il campo è stato esplicito. Io però sono abituato a lavorare con discrezione, nel calcio oggi si sa tutto. In questa settimana ho chiesto di restare isolati e riservati, anche perché in questa situazione, per esempio, un urlo di semplice richiamo a un giocatore, con la presenza del pubblico, potrebbe essere travisato chissà come. Era bene perciò restare più concentrati sul nostro lavoro.
Credo nelle mie idee, su quelle insisto.
Mi rendo conto che la situazione è difficile, ma sono uno molto perseverante, non cambio facilmente umore e idea, insisto nelle mie convinzioni e sarà solo il campo che potrà darci le risposte che servono.
L’Ascoli? Pensiamo a dare il massimo noi.
Non mi piace lanciarmi in affermazioni che possono essere travisate e credo davvero che, aldilà dell’avversario, la prima cosa è guardare a noi, essere consapevoli che dobbiamo tirare furori il massimo da noi stessi. Non bisogna dar spazio alla demoralizzazione, io cerco di essere razionale e oggettivo e ho detto ai ragazzi di non lasciarsi prendere dagli umori, che sono momentanei e possono cambiare con un risultato. Meno si parla, più si lavora e meglio è. Da questo punto di vista, voglio dire che i giocatori della nostra squadra più indietro nella condizione di forma e di intesa sono certamente cresciuti in questo settimana di lavoro.
Bartolomei.
È un centrale di centrocampo. Può fare il play e può anche giocare a due in mediana. Questi sono i suoi ruoli adesso, quando era giovane era una mezzala di inserimento. Qui a Perugia si è messo a disposizione con la sua esperienza, con entusiasmo e grande umiltà, è stato proprio un acquisto azzeccato, come pure gli altri, alcuni purtroppo frenati da contrattempi.
Cambiamenti?
Vi ho già detto che sono un perseverante, credo in quel che faccio perché penso in anticipo alle cose. Certo, quando va male, cerco di capire cosa non va e magari trovo anche qualcosa di tattico da correggere. Ma resto razionale, non butto via tutto, anche quello che c’è di buono. È chiaro che qualche accorgimento e modifica lo adotterò, ma non butterò tutto via.
L’abito di Giannitti, le rivoluzioni e i singoli.
Prima di tutto prendo cognizione della situazione, cerco di capire problemi e difetti e individuare soluzioni che non sempre possono essere facili o immediate. In questa ottica, si può cambiare l’abito tattico, ma si può anche intervenire più semplicemente su alcuni singoli meno in forma. Io non credo che le rivoluzioni paghino. Credo più negli accorgimenti.
Non cerco scuse, ma il mio lavoro in profondità ha bisogno di tempo.
E non è mia abitudine cercare scuse. Una testata, quando ho detto che alcuni giocatori appena arrivati volevo verificare se erano in forma, ha interpretato che stavo cercando scuse. No, io io ho coraggio delle cose che faccio. Però, ho bisogno di tempo, lavoro in profondità, non improvvisando le cose. Ho un mio credo calcistico che presuppone che si lavori in profondità. La squadra è come un giocattolo da costruire piano piano, per cui ci vuole tempo.
Presunzione nei giocatori? Non si vive di ricordi.
Se qualcuno finora avesse approcciato le cose con un po’ di presunzione, anche inconsapevole, derivante dal campionato precedente, ora, dopo tre sconfitte in quattro partite, credo che se l’è tolta. Poi, con tutto il rispetto, l’anno scorso a Perugia non si è vinto un campionato, si è arrivati ottavi, e nel calcio non si vive di ricordi e glorie. Ogni anno si riparte da zero. Il vissuto lascia il tempo che trova.
L’esonero? Non lo decido io.
Se resto o vengo cacciato, non sono cose che decido io. Io mi preoccupo solo di tirare dritto col mio lavoro e le mie convinzioni. Non sono uno che si spaventa e perde lucidità per le voci . Voglio solo impiegare tutte le energie e risorse per migliorare gli aspetti che non vanno della squadra che alleno in campo. Il resto non lo decido io.
Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia