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Amara Konaté, scappato dalla guerra, calciatore per istinto e passione. “Il Perugia mi ha cambiato la vita”.

Scritto da il 20/04/2020

 

 

Fuggito dalla Guinea, arrivato su un barcone

“Sono arrivato in Italia con un barcone, c’è l’ho fatta per miracolo. Sono fuggito dalla Guinea perché da noi c’era la guerra e sono arrivato in Libia, poi in Sicilia. Chi non ha vissuto questa esperienza non può comprendere quanto sia drammatica. Se non sei forte, non ce la puoi fare. Io ringrazio Dio ogni giorno per esserci riuscito, non tutti riescono ad arrivare”. Comincia così il racconto di Amara Konaté, ventunenne centrocampista del Perugia. Un racconto lontano dall’oleografia ovattata che, anche ai tempi del corona virus, molti continuano ad applicare al calcio. Nessuna scuola calcio frequentata, nessun settore giovanile dove apprendere le basi del gioco. Solo passione e istinto per il calcio, giocato per le strade della sua città. E un viaggio avventuroso per fuggire la guerra, terminato con un lieto fine.

 

Da Cassino a Perugia.

Perché, dopo lo sbarco a Catania, Amara si ritrova, appena diciassettenne,  a Cassino con lo status di profugo e lì, da innamorato del calcio, comincia a frequentare una squadra locale che gli permette di allenarsi. “Ma non potevo giocare, perché non avevo i documenti”. Però, come in tutte le storie a lieto fine, Amara viene visto giocare dal procuratore Antonio Altrui. Che decide di ingaggiarlo nella propria scuderia. E, qualche mese dopo, gli fa fare un provino con il Perugia. L’accoppiata Goretti-Pizzimenti resta favorevolmente impressionata dalle potenzialità del ragazzo e lo inserisce nella Primavera. Per 7/8 mesi Amara si allena ma non può giocare, sempre per il solito problema delle carte da regolarizzare. Problema che si risolve grazie al Perugia che lo ingaggia. “Il calcio e il Perugia mi hanno cambiato la vita, dice, mai avrei pensato di fare il calciatore, convinto come ero che, per aiutare la famiglia, avrei seguito le orme e di mio padre, che fa il commerciante. Goretti, Pizzimenti e il mio procuratore mi hanno aiutato tantissimo e sarò loro sempre grato”.

 

Nesta, la Primavera, il Rieti

È l’anno di Nesta allenatore e Amara, insieme ad altri ragazzi della Primavera, viene aggregato alla prima squadra per il ritiro estivo. Poi rientra nei ranghi della squadra Primavera, dove mister Mancini e Petrini lo mettono a centrocampo (“ho detto che mi piace giocare con la palla”, racconta). Con il suo procuratore decide di “provare a trovare una squadra in Lega Pro, per giocare con continuità”. Si trasferisce in prestito a Rieti, dove disputa una buona stagione come mezzala. Poi rientra l’estate scorsa al Grifo dove finora ha disputato sette partite, compreso lo spezzone  di Coppa Italia a Napoli, dove sostituì Carraro e fece una bella impressione.

 

Oddo e Cosmi

Se Oddo lo aveva  mandato in campo due volte (esordio con il Pescara: “ho provato una grande emozione, non avevo mai giocato in uno stadio con tanti tifosi) è stato Cosmi a credere di più in lui, sia pure per parti di gara. “Mister Cosmi mi ha dato subito fiducia. Mi ha fatto giocare a Napoli e poi la prima da titolare” a Castellammare di Stabia. “Per me ha significato molto, non me lo dimenticherò”. Cosmi lo vuole play davanti alla difesa, con compiti difensivi. “Mi dice che non devo aver paura, che devo ascoltare lui e, quando pressiamo alto, che devo giocare semplice a uno o due tocchi e basta”, racconta. Il “metodo Cosmi” gli ha evitato alla radice possibili esclusioni derivanti dal fatto che Amara non ha seguito l’iter normale di formazione giovanile, crescita ed esperienze che tutti i calciatori percorrono prima di arrivare in prima squadra. “Cosmi ci dice che se ci alleniamo bene abbiamo possibilità di giocare, altrimenti no. Tutti noi abbiamo accettato questa regola, per cui non c’è differenza tra chi viene da una grande squadra e chi non ha quelle basi”. Amara continua, quando richiesto, anche a dare una mano alla Primavera, dove ha disputato sei partite e segnato due gol, entrambi su punizione. “Mi sento fiducioso di poter segnare su punizione” dice. 

 

Devo crescere e tutti mi stanno aiutando a farlo

A tutta l’attenzione che ha ricevuto, non era abituato. Per cui gli pare “strano” che la gente, soprattutto i ragazzini, lo fermino per strada per chiedergli l’autografo. Ma, anche se il rischio ci può essere,  non è tipo da montarsi la testa, dopo tutto quello che ha passato: “io sono da solo qui e questo mi dà più motivazioni”, spiega. E, poi, “Pizzimenti mi dice che non devo avere fretta, ma allenarmi e crescere. Anche  il mister e i suoi collaboratori non mi mettono pressione. Se faccio qualche errore, me lo fanno rivedere in video e mi dicono in cosa devo correggermi”.  E anche le critiche non lo spaventano: “dobbiamo aspettarcele, aiutano a crescere, anche quando magari sono fatte da fuori” e perciò con non piena cognizione di causa. “Comunque, conclude, è certo che devo migliorare”.

 

Voglio dare una mano per arrivare ai play off

Ha il contratto fino al 2022 e né con la società, né con il procuratore ha cominciato a pensare alla prossima stagione: “in questo momento è tutto fermo”, riferisce. Piuttosto, anche dopo aver letto la storia del “grande Perugia, di Cosmi, Allegri, Grosso e Nakata”, lui che come modelli nel suo ruolo si inspira a Pirlo e De Rossi, pensa ad un finale stagione, quando si riprenderà, nel quale “mettersi in mostra e dare una mano alla squadra per lottare per i play off”.

 

L’emergenza a casa e l’amico Kouan

Intanto, come tutti, è costretto in casa dall’emergenza sanitaria. Si sente spesso con i suoi parenti in Guinea, preoccupati dalle notizie che arrivano dall’Italia. Si allena in base ai programmi che lo staff tecnico gli invia, legge e guarda la tv. E, poi, cucina, piatti italiani e anche della sua Africa. Si sente spesso con i compagni. In particolare con Christian Kouan, con cui è amico si conosce già dai tempi della Primavera, e che lo ha aiutato molto a inserirsi nel gruppo.

 

Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia

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il 20/04/2020.
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