Mazzantini, un animo nobile capace di volare. Un’ottima carriera tra Inter e Perugia interrotta da un incidente stradale
Scritto da Redazione il 30/12/2022Il mercato gennaio si appresta ad entrare nel vivo. Al Perugia degli anni d’oro è spesso servito per fare un balzo in avanti. Frutti copiosi, come quando Gaucci pescò Andrea Mazzantini dall’albero colmo di Moratti. Preso per rasserenare Castagner e risolvere l’annoso dualismo tra Pagotto e Roccati.
Da gatto volante a pugile. Passionale, fedele, molto premuroso. Il suo cattivo umore, raro per la verità, passa in fretta. Andrea Mazzantini è un mite, ma guai a farlo arrabbiare. Se ne accorsero i compagni di squadra in quel celebre Perugia-Milan del ‘99.
I rossoneri vincono 2-1 e si cuciono lo scudetto sul petto dopo un’ incredibile rimonta sulla Lazio.
Il Perugia, pur perdendo, si salva grazie al pareggio tra Piacenza e Salernitana. A fine partita negli spogliatoi è caos. Alessandro Gaucci è un fiume in piena, accusa la squadra di scarso impegno. Mazzantini risponde per le rime, difende i compagni e, da buon Dottor Jekyll, si trasforma in Mister Hyde. Volano parole grosse e qualcos’altro.
Il sindacalista. Così amava definirlo Luciano Gaucci per via di quell’altruismo sempre e comunque. Mazzantini non vuole che vengano mosse accuse di alcun genere ai compagni di squadra. Loro vengono sempre al primo posto, come nel febbraio 2001 quando chiede a Luciano Uragano di far allenare Bucchi e Monaco – squalificati per una vicenda doping – con il resto del gruppo. I due sono importanti, ci devono essere.
L’uomo giusto. Quando Mazzantini arriva a Perugia – nella stagione 1998/99, il Grifo cambia volto. Mazzantini mette tutti d’accordo, ha le spalle larghe di chi ha affrontato le tempeste nerazzurre della Milano da bere, figuriamoci se può lasciarsi turbare da ciò che accade in una città di provincia.
Dal Gentleman all’Uragano. A creargli pensieri è il differente temperamento dei due presidenti. Moratti è discreto, raffinato gentiluomo, dai modi pacati, sempre pronto a proteggere l’Inter da qualsiasi attacco esterno, a offrire pacche sulle spalle ai suoi calciatori. A Perugia è il contrario. Fuori tutto fila liscio, con i perugini è amore a prima vista. Le polemiche sono il pane con cui si alimenta quotidianamente Gaucci, ci vorrà del tempo a capirlo, ma per lui sono una necessità, un sistema per tenere tutti sulla corda. A volte le decisioni sono giuste, altre molto meno. Come l’esonero di Castagner e l’ingaggio di un Boskov avviato sul viale del tramonto.
Gli amici veri. Mazzantini non condivide ma è costretto ad adeguarsi. Si consola con momenti di purissima riflessione nel suo attico di Madonna Alta che condivide con Milan Rapaic. La vista panoramica sul centro di Perugia aiuta a distendere l’anima e scaccia i cattivi pensieri. Al resto pensano gli amici veri, fidati, come Sogliano, Rapaic, Bucchi e Monaco, Ze Maria, Milanese e Materazzi.
Sor Carletto. Appena arrivato a Perugia, Mazzone lo chiama e gli dice: “Portiere tu me piaci ma me devi fa n’favore. Te devi metté er numero 1 e te devi levà sto 35”. Andrea sorride, apprezza la schiettezza, obbedisce e si rende subito conto che Mazzone ha la giusta personalità per ovattare lo spogliatoio dalle esuberanza del presidente.
Quel coro stonato. Accade che un giorno proprio Gaucci gli punta il dito contro per via di un coro della tifoseria. “O portiere, trombagli la bionda”, canta una parte del tifo, con chiaro riferimento ad una vecchia fiamma di Gaucci. Quello che il presidente ignora non è certo un particolare di poco conto: Mazzantini è un galantuomo, lui certe cose neppure le pensa. Gaucci lo comprende e gli porge il dito in segno di pace.
Questione di attimi. Parate, capriole e miracoli in serie portano Mazzantini ad una venerazione toccata solo dai santi patroni Lorenzo, Ercolano e Costanzo.
Un amore idilliaco che cessa improvvisamente in una domenica di dicembre del 2001. A Bologna, colpisce Pecchia a gioco fermo e si becca tre giornate di squalifica con la prova Tv. Durante l’intervallo, Cosmi è una furia con i suoi, rei di essersi fatti riacciuffare da Pecchia e superare da Fresi nel recupero. Il mister attacca la squadra con parole che fanno alterare D’Artagnan Mazzantini, sempre pronto, da fiero guascone, al tutti per uno ed uno per tutti. Quella ribellione, complice la squalifica, lo porta ai margini della rosa. È costretto ad allenarsi da solo, lontano da quei compagni che ha sempre difeso e che, nel momento del bisogno, si sono allineati e coperti con la dirigenza. La ricca parentesi di Perugia vola via come un brivido caro a Vasco Rossi.
Dagli Ottomani al Palio. A fine campionato, Andrea è libero e può scegliere il proprio destino. Ha estimatori a Istanbul, Lucescu sarebbe disposto a fare carte false pur di averlo al Besiktas. Galeotto fu un Perugia-Inter in cui Mazzantini parò l’imparabile e condannò la mal ridotta Inter di Lucescu a un’altra domenica amara. Anche il Galatasaray di Terim e il Fenerbahce di suo fratello Rapaic lo corteggiano con insistenza. Pur lusingato, deve rinunciare per motivi familiari. Sceglie la vicinanza alla famiglia e firma col Siena, ignaro di quel proverbio della città del Palio che dice che un panno senese si rompe prima che si metta in dosso. Sarà così anche per lui, che non indosserà mai la maglia bianconera per colpa di un maledetto incidente stradale che porrà fine alla sua vita agonistica. La vita ti lascia scegliere, ma è solo una illusione.
Raffaele Garinella – Tifogrifo.com
Foto di Claudio Villa / Allsport – Cosmi torna al Perugia: che fine hanno fatto i giocatori di quella squadra?, su sport.sky.it, 4 gennaio 2020., Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=8296049