Tre anni senza Luciano Gaucci. Il figlio Riccardo ne ricorda luci ed ombre nel giorno del compleanno. Dalle feste di Torre Alfina al rapporto con la GEA e Cesare Geronzi
Scritto da Redazione il 28/12/2022Ogni uomo può essere padre ma occorre una persona speciale per essere un papà. Luciano Gaucci lo è stato, con la sua tenacia, la sua determinazione e capacità di resistenza. Il lavoro ha rivestito un ruolo fondamentale nella sua vita, forse superando l’amore, talvolta sacrificato proprio in nome della smisurata ambizione.
Con papà non ho avuto un rapporto facile, l’ho detto altre volte e lo ribadisco adesso, però di lui ho sempre avuto una grande ammirazione e mi manca tantissimo. Mi ha fatto il regalo che poteva fare a un’altra persona: ha creduto in me. Lui, Alessandro ed io eravamo una triade vincente. Penso alla stagione 2001/02: Perugia qualificato all’Intertoto, Catania promosso in serie B, Sambenedettese promossa in C1, Perugia calcio a cinque promosso in serie A. Quattro competizioni vinte dalla famiglia, successi che trascinavano invidia. Abbiamo avuto tanti amici, ma abbiamo anche sentito il rumore dei nemici.
Di Gaucci non si possono dimenticare le tavolate nei saloni del castello di Torre Alfina, che hanno segnato un’epoca.
Il compleanno di mio padre l’abbiamo sempre festeggiato a Torre Alfina, con più gente possibile, come piaceva a lui. Gente di ogni estrazione sociale, politici, capitani d’industria, ma anche amici di infanzia, perché papà non ha mai rinnegato le sue umili origini.
Riccardo, forse per nostalgia, e forse per avvicinarsi ancora di più al papà, né ricorda la vita piena di tanti trionfi e di poche sconfitte.
Avverto come un obbligo di dover ricordare mio padre e i suoi anni a capo del Perugia. La mia non è nostalgia bolsa, ma ristabilire la verità, tante volte calpestata nell’evolversi della vita di un uomo che aveva trionfato all’Arc de Triomphe e allestito una squadra in serie A che se la giocava con gli squadroni sempre e comunque.
Riccardo non nasconde le sofferenze provate quando il papà decise di iniziare una relazione sentimentale con Elisabetta Tulliani.
Ho provato a farmene una ragione, ma ancora oggi non ci riesco. Fu una storia assurda e posso dire che quella relazione è stata l’inizio della fine della mia famiglia. Quando vedevo le loro foto in Corso Vannucci non certo gioivo. Pensavo agli anni lieti con mia madre, vedevo mio padre perdere la testa per una donna giovane e ambiziosa.
Da Capricorno autentico, Lucianone era rigido con se stesso e pretendeva sempre il massimo dagli altri.
Talvolta il suo carattere è stato semplificato quando veniva definito Uragano, occorreva approfondire perché le sue decisioni erano sempre motivate. Certo, una volta deciso non tornava indietro, la flessibilità non era il suo forte. Acquistò il Perugia senza dirci nulla. A cose fatte, ci rese partecipi del suo entusiasmo. O eri con lui, o contro. Guardava sempre avanti e i fatti hanno dato ragione a questo suo modo di interpretare la vita. Era un ultra generoso e possedeva la capacità di leggere l’animo umano. Capiva le persone in pochi momenti.
Del rapporto con Geronzi, al tempo Deus ex machina della finanza, c’è tanto da dire. Un rapporto che ha, inevitabilmente, influenzato la storia del Perugia nella fase finale della storia.
Il loro è stato un rapporto importante, impegnativo. Erano molto legati, anche se di fronte al Pubblico Ministero, Geronzi ha negato di conoscerlo. La fine di quel legame è da attribuire ad entrambi. Geronzi gli chiuse alcune porte, mio padre peccò di umiltà. Ci fu un incontro alla presenza di due alti funzionari dello Stato in un prestigioso albergo di Roma. L’obiettivo era quello di farli riappacificare, la politica spingeva per la pace, purtroppo mio padre non volle sentire ragioni e piuttosto che sotterrare saggiamente l’ascia di guerra, la lucidò, decretando, di fatto, la fine dei Gaucci.
Quel litigio ha rovinato anche i rapporti con la GEA World S.p.A., al tempo la più nota società di procuratori del calcio italiano in cui operavano anche Chiara Geronzi, la figlia di Cesare, Alessandro Moggi, il figlio di Luciano, Andrea Cragnotti, il figlio di Sergio, Riccardo Calleri, il figlio di Gianmarco.
I rapporti erano straordinari, di collaborazione totale con tutti i membri della GEA. Alcuni calciatori del Perugia erano rappresentati dall’Agenzia. Purtroppo fu un effetto cascata, furono inevitabilmente compromessi quando venne meno il rapporto tra mio padre e Cesare Geronzi.
A proposito di poteri sui campi di calcio, è impossibile non ricordare le vicende che precedettero quel famoso Perugia-Juventus del maggio 2000.
Definirla una semplice partita di calcio è un paradosso. Piuttosto si trattò di uno scontro tra poteri calcistico, economico e politico. Da una parte la Juventus degli Agnelli, dall’altra la Lazio di Cragnotti che, come il Parma e il Perugia, era controllata dalla holding Capitalia S.p.A. che deteneva la partecipazione di controllo della Banca di Roma. Dopo quella partita, i rapporti con la Juventus si incrinarono per qualche mese, salvo poi tornare buoni. Prova ne sono le operazioni di mercato che portarono Baiocco e Blasi alla Juventus, Amoruso e Zalayeta al Grifo.
Anni esaltanti, gestioni sempre cariche di pathos. Troppe erano le varianti da mettere nel conto come ad esempio la gestione Gheddafi.
Che non fosse un campione era fuori di dubbio, inizialmente é stata un’operazione d’immagine. Successivamente mio padre pensò anche alle potenzialità economiche della famiglia Gheddafi in Libia. L’obiettivo di papà era quello di cedergli delle quote del Perugia, così come aveva fatto la Juventus. Volevamo che diventasse socio del Perugia, Colantuono lo riteneva inadeguato e non volle sentire ragione di fargli giocare qualche partita. Non capì che quello era un modo per puntellare i bilanci della società e per cambiare il corso della storia.
A furia di nominare tanti campioni, ci viene in mente di chiedere a Riccardo di creare il suo undici ideale.
In porta su tutti Cordoba, un carisma ammaliante. In panchina Mazzantini, dalla professionalità straordinaria. Su Kalac ho solo riserve di carattere umano, ebbi come l’impressione che fosse concentrato più sul nuovo contratto col Milan che sul triste momento che stava vivendo il Perugia. In difesa nessun dubbio: Ze Maria a destra, Dellas e Materazzi al centro, Grosso a sinistra. A centrocampo Tedesco, Baiocco e Gattuso con Nakata trequartista. In attacco Rapaic e Cornacchini. Visto che oggi c’è la panchina lunga ho solo l’imbarazzo della scelta. Camplone, Stendardo, Pieri, Olive, Alenichev, Blasi, Miccoli, O’Neill, Vryzas, Bazzani e Negri. In panchina Cosmi e Castagner su tutti. Una squadra che oggi potrebbe tranquillamente lottare per un posto in Champions League.
Con Riccardo proviamo a fantasticare su un ipotetico viaggio nel tempo, l’obiettivo, neanche troppo velato, quello di poter parlare brevemente con Luciano per chiedergli di non fare alcune cose. Di cambiare alcune decisioni per il bene della famiglia.
Oltre a non litigare con Geronzi e di contare fino a cento per evitare a me ed Alessandro umiliazioni immeritate, gli direi di non comprare tutte quelle squadre di calcio. È stato un dispendio di risorse non solo economiche, ma anche psico fisiche.
Riccardo ha rivissuto una parte dei successi del Perugia nel calcio maltese, portando il Floriana ai massimi livelli della sua storia. Una qualificazione ai preliminari di Champions League svanita contro il Cluj, quindi la retrocessione in Europa League e i gironi svaniti ai calci di rigore. Un’esperienza fondamentale, e chissà che le porte del calcio non tornino a riaprirsi. Ci saluta con una promessa.
Al momento ho progetti lavorativi da condurre in porto, ma tra due o tre anni potrei anche tornare nel calcio. È un mondo nel quale ho dimostrato di poterci stare anche senza il prezioso sostegno di papà.
Nonostante l’era Gaucci si è chiusa quasi venti anni fa, quel nome è ancora tanto pesante.
Raffaele Garinella – TifoGrifo.com