Un tuffo nella memoria del Grifo – Alessandro Melli racconta l’esperienza di Perugia. Ricordi belli e brutti di un’avventura unica e irripetibile
Scritto da Redazione il 08/07/2021
Da Istanbul a Perugia con un biglietto di sola andata. Dalla Champions League col Parma alla serie B col Perugia. Da Tanzi a Gaucci, un viaggio attraverso due regni completamente diversi. Tre ore di volo e due di auto per tornare a sentirsi protagonista assoluto dopo otto mesi dall’ultima gara da titolare. Quando Melli atterra all’aeroporto di Fiumicino viene accolto dal suo procuratore Gastone Rizzato. Indossa una tuta, la barba è incolta, lo sguardo già proiettato verso la nuova avventura professionale. Quindi direzione Galex, azienda di Alessandro Gaucci, dove ad attenderlo ci sono lo stesso Alessandro, suo fratello Riccardo ed Ermanno Pieroni.
Gli chiediamo di chiudere gli occhi per un momento e di pensare a Perugia, di descrivere il primo ricordo che, attraversando le curve della memoria, torna prepotentemente alla ribalta.
Perugia è una città a misura d’uomo. Conservo un bellissimo ricordo sia della città che dei perugini. Ti lasciavano vivere in tranquillità. Durante il mio primo anno ho abitato a Ferro di Cavallo e stavo davvero bene. Ho vissuto belle emozioni, tre stagioni importanti arricchite da una promozione in serie A e da due salvezze conquistate non certo senza sudare. Molto sofferte, soprattutto la prima afferrata all’ultima giornata nonostante la sconfitta casalinga contro il Milan (1-2 n.d.a.) ed il contemporaneo pari (1-1 n.d.a.) della Salernitana a Piacenza. Lì un gol avrebbe davvero fatto la differenza. Nel 2000 ci salvammo alla penultima giornata di campionato e poi ci togliemmo lo sfizio di scucire uno scudetto praticamente già ricamato dalle maglie della Juventus in quella domenica piovosa di Maggio.
Khalil Gibran, poeta libanese, lo avrebbe eretto a paladino di schiettezza. Melli non si è mai nascosto dietro mezze frasi o parole sussurrate. Nessuno ha mai frainteso la sua franchezza perché l’ha sempre accompagnata ad un garbo che veste con naturalezza disarmante. Palesata sin dalle prime dichiarazioni da calciatore del Perugia. In tanti gli domandarono come mai avesse firmato per soli sei mesi e lui rispose che avrebbe prolungato il contratto solo se fosse riuscito a lasciare un segno importante nel cuore dei tifosi e nella storia del club.
Risposte che prive di qualsivoglia immaginazione o fatasticheria, un pò come il personale ricordo di Luciano Gaucci.
Lavorare con Luciano Gaucci non è stato semplice. Il presidente era un intenditore di calcio, ma qualche volta esagerava e pretendeva di comandare in tutto. Non era facile, soprattutto nel rapporto con gli allenatori. I successi, però, non sono mancati.
Quando Melli firma per il Perugia, la classifica del Grifo non è rosea. Pian di Massiano è una polveriera. Il Parma, invece, disputa la Champions League ed è impegnato in piena corsa scudetto contro Juventus ed Inter. Lasciare Parma gli provoca disagio. La città ducale è da sempre nel suo cuore. Caro Alessandro, chi te l’ha fatto fare? – gli domandiamo anche alla luce del suo rapporto con Nevio Scala che aveva salutato Perugia senza alcun rimpianto.
Me lo sono domandato più volte. Tanti miei ex compagni mi avevano fortemente sconsigliato il trasferimento a Perugia. Ho sempre avuto un carattere impulsivo ed in quel determinato periodo della mia carriera volevo solo giocare. Avevo compreso che a Parma avrei avuto pochissime possibilità per sentirmi protagonista. Avevo ricevuto anche altre offerte da squadre di serie A, ma decisi di affidarmi al mio istinto. Ero convinto che Perugia rappresentasse la scelta migliore. La società era forte, il pubblico straordinario ed ero certo che avremmo centrato la promozione in serie A. Oggi, ripensando a quella scelta, non farei tre salti carpiati all’indietro, ma uno sicuramente sì… (ride).
Neanche il tempo di un caldo benvenuto che si ritrova catapultato a pieno titolo nella nuova realtà. L’esordio avviene allo stadio Bentegodi di Verona. Melli riassapora il gusto della titolarità, scrollandosi di dosso la fastidiosa sensazione di panchinaro a tempo pieno. Gioca ottanta minuti prima di essere sostituito da Massimo Lombardo. Un esordio fortunato che coincide con il ritorno al successo del Perugia. Merito anche del suo zampino decisivo in occasione dell’assist per il gol vincente di Milan Rapaic al 73’. Per lui Albertino Bigon accantona il fedele 5-3-2 passando al 3-4-3. Melli sigla la sua prima rete in biancorosso una settimana dopo contro il Foggia. E’ il gol che vale il momentaneo 2-0. Sembra fatta ma la squadra molla sul più bello facendosi raggiungere da Vukoja al 93’.
La caduta di Genova (2-0 n.d.a.) costa cara a Bigon. Il ritorno di Attilio Perotti non giova al Grifo che, partita dopo partita, perde le poche certezze acquisite fino a quel momento. Rotolano via come quelle di Melli non più sicuro di aver scelto un gruppo forte e compatto. Mere illusioni d’un inverno pronto a gelare anche l’anima del tifoso più caldo. Le cose precipitano definitivamente dopo la sconfitta casalinga contro la Reggina (1-0 n.d.a.). Gaucci decide di mandare la squadra in ritiro a Fratta Todina. La fragilità dello spogliatoio emerge attraverso una spaccatura che sembra insanabile. Matrecano e Tasso finiscono fuori rosa.
Lo spogliatoio era completamente spaccato, oserei dire devastato. C’erano due fazioni ed entrambe cercavano di portarmi dentro. Da una parte Tovalieri, Materazzi, Tangorra e Cucciari mentre dall’altra Manicone, Guidoni e Tasso. Matrecano era il capitano ed il più delle volte rimaneva neutrale. Quando si schierava, lo faceva dalla parte di Tovalieri. Io ne sono sempre rimasto fuori perchè non era mio interesse schierarmi con nessuna delle due. Ripesando a quei momenti mi sembra davvero incredibile che siamo riusciti a conquistare quella promozione. L’arrivo di Castagner fu determinante. Il mister fu molto bravo, ed anche un pizzico fortunato, nel garantire quell’equilibrio mancato fino a quel momento. Riuscì a compattare il gruppo e tutti cominciammo a remare nella stessa direzione. Solo così recuperammo nove punti al Torino prima di sconfiggerlo nello spareggio di Reggio Emilia.
Melli ha osservato da molto vicino durante il suo triennio all’ombra di Sant’Ercolano quattro allenatori. Nessun dubbio su chi sia stato il migliore in assoluto. Così come gli viene naturale indicare il suo migliore amico in biancorosso.
Carlo Mazzone rappresenta il miglior allenatore che ho avuto a Perugia. In primis come uomo ma anche come allenatore. E sempre stato schietto e sincero. Boskov è venuto a Perugia in una fase calante di una carriera ormai avviata al tramonto. Il meglio lo aveva espresso in altre piazze. Dell’uomo conservo ricordi molto belli. Persona davvero straordinaria. Il compagno di squadra con cui ho legato di più, di cui mi sono sempre fidato e con cui è nato un buon rapporto di amicizia è Sean Sogliano.
Melli ha lasciato Perugia nel 2000 per chiudere una gloriosa carriera ad Ancona e sigillare la sua bacheca ricca di trofei. Un Campionato d’Europa conquistato nel 1992 con la Nazionale Under 21, due Supercoppe Uefa, una Coppa delle Coppe, una Coppa Italia e due promozioni – dalla serie C1 alla serie B e dalla serie B alla serie A – con il Parma, una Supercoppa Europea con il Milan e, dulcis in fundo, una promozione in serie A con il Perugia. Il gol che lo ha reso immortale per i tifosi del Grifo è quello alla Ternana nella sfida d’andata di Coppa Italia giocata allo stadio Liberati in una mite serata d’ottobre del 1999. Un piattone di destro che permise al Perugia di conquistare un prezioso successo spegnendo, di fatto, qualsiasi utopico progetto di gloria delle Fere.
Melli ha vinto tanto e lo ha fatto con umiltà e semplicità che, da sempre, rappresentano le sorgenti di bellezza dell’animo umano. Doti che trametterà ai campioncini in erba del settore giovanile del Sorbolo, dove occuperà la carica di direttore responsabile. Abbinate alla solita grinta che lo ha sempre accompagnato in ogni avventura professionale.
Raffaele Garinella – TifoGrifo.com
Foto: profilo social Alessandro Melli