Perugia-Cosenza: Dopo 23 anni, tutto è cambiato. In peggio.
Scritto da Redazione il 24/02/2019Nel mio stereo stamattina risuona Children, iconico brano dance di Robert Miles, e il pensiero va inevitabilmente agli anni Novanta, in particolare a quell’estate del 1996 quando, fra giugno e settembre, il Perugia prima agguantò la promozione in Serie A a quindici anni dall’ultima apparizione nella massima categoria e poi vi debuttò, battendo 1-0 la Sampdoria di Mancini, Veron, Montella e Mihajlovic (sì, avete capito bene…) alla prima di campionato, con una rete – nemmeno a dirlo – del centravanti Marco Negri.
Se si esclude lo scampolo di presenze a fine carriera nel campionato di Serie B 2004-’05, l’ultimo della gestione Gaucci, il bomber “silenzioso” trascorse due sole stagioni a Perugia siglando ben 33 reti, quasi tutte decisive per conquistare i tre punti. Una di queste, strepitosa, fu quella messa a segno nel girono di ritorno, al “Renato Curi”, proprio contro il Cosenza, allora guidato da Bortolo Mutti, che portò subito in vantaggio i grifoni, poi capaci di raddoppiare con la rete di un certo Massimiliano Allegri.
Potenza, duttilità, volontà, forza, tecnica, colpo di testa, senso del gol: tanti e tali erano le caratteristiche del goleador milanese. Tipo schivo e riservato, Marco Negri era croce per i giornalisti, a cui non rilasciava quasi mai interviste, ma delizia per i tifosi, che in massa – sia fra le mura amiche che in trasferta – seguivano la squadra con il calore e l’attaccamento di una piazza del Sud, nonostante il temperamento nordico, “freddino” e un po’ snob, di una città come Perugia.
Ieri, appena svegli, fra i primi pensieri c’era quello di correre in edicola a comprare il giornale per “annusare” l’inchiostro delle penne locali e nazionali nella cronaca sportiva. Oggi, invece, standosene comodamente a letto, basta uno smartphone per poter leggere tabellini, resoconti e classifiche. E dover prendere atto di una sconfitta casalinga contro il Cosenza – stavolta guidato da Piero Braglia, una vita sulle panchine “toste” della provincia toscana – fa malissimo. Perché questo Perugia – nome, divisa e stemma a parte – non è nemmeno lontano parente di quel Perugia che da ragazzini ci faceva sognare e ci trasmetteva la voglia di passare i pomeriggi al parco sotto casa, dove giocavamo a calcio con gli amici, ispirandoci ai beniamini che il sabato o la domenica calcavano il manto erboso del “Renato Curi”.
Negri, Allegri, Beghetto, Cornacchini, Dicara, Rapajc, Materazzi o Tovalieri erano sicuramente calciatori solo di passaggio in quei tre campionati di Serie B che la squadra disputò negli anni Novanta, eppure erano qua, ogni fine settimana, a conquistarsi sul campo quella maglia che, pensando all’epopea di venti anni prima, evocava storia e tradizione. Oggi non è sufficiente nemmeno un museo, bellissimo e quasi unico in Italia, per stimolare atleti incapaci di reagire di fronte allo svantaggio rimediato in casa contro una squadra di bassa classifica, priva di diversi titolari.
Tuttavia appare inutile accanirsi più di tanto contro la squadra, completamente rifondata, imbottita di giovani e priva di un vero leader in campo, così come prendersela con l’allenatore, alla sua prima esperienza in panchina nel calcio che conta. Come nella vita, anche nello sport, solitamente, si raccoglie quanto si semina. E Perugia pare ormai diventata una sorta di laboratorio, dove lanciare giovani e allenatori di discrete prospettive o riabilitare giocatori fermi da tempo per provare a valorizzarli, ma sempre col beneficio dell’incertezza.
Insomma, questo Perugia, dopo cinque anni di assestamento nella cadetteria, sembra sempre più una realtà priva di una strategia mirata a disputare una stagione da vertice alto di classifica, con un tipo di gestione che può funzionare a lungo termine in piazze poco esigenti come ad esempio Cittadella o Carpi, ma non certo qui, dove l’entusiasmo di qualche anno fa si è ormai affievolito, assopito da delusioni e salti di qualità costantemente disattesi.
Senza investimenti adeguati potrebbe essere inutile anche parlare di play-off, un obiettivo centrato finora tre volte su quattro ma che ci ha visto mai competitivi e sempre eliminati al primo turno giocato, disputato rispettivamente contro Pescara, Benevento e Venezia. Quest’anno, a meno di improvvisi sconvolgimenti, il Perugia probabilmente potrà centrare una salvezza tranquilla ma, continuando a navigare lentamente in un campionato lungo ed imprevedibile come la Serie B, chi può escludere che, prima o poi, possa capitare la classica annata storta?
Andrea Fais