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Alino Diamanti, vincere è un sogno che dobbiamo coltivare senza ossessioni.

Scritto da il 12/04/2018

Alino Diamanti, vincere è un sogno che dobbiamo coltivare senza ossessioni.

 

Ellera, tre figli e una moglie orientale.

A Perugia abita nella zona di Ellera. Alessandro, detto Alino, Diamanti, è arrivato in Umbria dopo una carriera importante, con anche diciassette presenze in nazionale, tra il 2010 e il 2013, e il secondo posto agli europei di Polonia-Ucraina.  Tre figli, due femmine, Aileen (10 anni) e Olivia (7) e poi Taddeo (5) unico maschio: e, puntualizza, “avrei continuato finché non veniva il maschio”. Tutti e tre i bambini, ci tiene a dire, “hanno un tratto fisionomico  dominante orientale” (la moglie, Silvia Hsieh, è una conduttrice televisiva taiwanese naturalizzata italiana).

La Roma e… l’Avellino.

Alessandro comincia l’intervista dall’attualità, la vittoria della Roma sul Barcellona.  “È stata una bellissima partita della Roma, uno spot per il calcio italiano: sono contento per il mio amico Daniele (De Rossi, ndr). È l’ennesima conferma che in questo sport può succedere di tutto, anche di passare dalle stelle alle stalle, o viceversa”. Riferito al Perugia e alla sconfitta di Avellino precisa: “…ma noi non siamo caduti in basso dopo la sconfitta. Siamo professionisti che lavorano e, come dobbiamo rimboccarci le maniche dopo una vittoria, così dobbiamo fare dopo una sconfitta”. Avellino è stata una “partita persa giustamente, del tutto sbagliata da tutti i grifoni, a 360 gradi”, tatticamente, tecnicamente e mentalmente. Un passo falso, ma è normale, ogni tanto capita, perché, dice, in campo ci vanno le persone, non i robot. Diamanti si prende anche le proprie responsabilità in “una partita molto difficile, nella quale era difficile subentrare, perché il ritmo della partita era spezzettato, con loro che logicamente hanno fatto la loro partita, con perdite di tempo e botte: io non credo di aver  aver giocato più di sei o sette minuti da quando sono entrato!”.

Silenzio e lavoro. E positività.

Ma, quando capitano le giornate storte, il rimedio per Alino è uno e uno solo: “silenzio e lavoro, e quando si vince ancor più di quando si perde”. Bisogna lavorare a testa bassa, con umiltà, perché i risultati arrivano solo dall’impegno. E Diamanti ricorda che quando lui è arrivato a Perugia, la situazione era molto meno rosea di quella di oggi, perché la squadra era a soli 4 punti dai play off. “Per cui, commenta, se mi avessero detto che oggi saremmo stati dove siamo, allora ci avrei messo la firma, altro che preoccuparsi per una sconfitta -cosa che peraltro nel calcio succede in molti posti”.  Insomma, si dichiara molto contento di quello che la squadra ha fatto negli ultimi tempi, anche se, precisa, “essere contenti non deve significare essere appagati”.

Vincere è un sogno, non un’ossessione

Per ripartire dopo la sconfitta in Irpinia,  adesso sarà importante, per l’ex azzurro, l’unita di intenti tra tutte le componenti, squadra, società tifosi e ambiente.  Anche perché, questa la sua analisi, a parte il Foggia nel primo tempo, nessuna squadra ha mai messo sotto nel gioco il Perugia che, dunque, passato il “periodo incasinato”,ora può giocarsi tutte le sue chances in questa serie B. “Ma vincere, precisa con la saggezza dell’esperto, per l’ambiente deve essere un sogno, non un’ossessione, altrimenti i risultati non arrivano”.

Diamanti a Perugia, un primo bilancio.

Sul suo rendimento personale a Perugia,  Alino dice di aver dato finora tutto sé stesso, anche se il suo è un ruolo difficile e lui non è mai stato un grande goleador. Quanto al suo impiego tattico da trequartista, dice di sentirsi più un centrocampista che un attaccante  e di aver già giocato dietro due punte, a Livorno, a Bologna, alla Fiorentina, in Nazionale. Questo modulo, secondo lui, richiede ai tre davanti di correre più dei centrocampisti, “anche una dozzina di chilometri” e, precisa, “io comincio a stare bene da quando gioco con continuità, e quella distanza ho già fatta quando ho giocato dall’inizio”.  Comunque, non farà storie,  si dichiara  a disposizione dell’allenatore, come ha detto fin dal primo giorno. Anche perché, “essendo il più anziano, non devo trasmettere negatività”. Tradotto, non si può permettere di “essere scontento” per come viene impiegato, tanto più in un gruppo dove si trova benissimo e che gli piace tantissimo. Anche perché per il successo di una squadra è fondamentale l’equilibrio tattico, e su questo aspetto riconosce che le valutazioni e le decisioni non possono che essere dell’allenatore.

Il Venezia e le atre partite che restano.

 Arriva il Venezia, partita difficile, squadra forte, costruita per vincere il campionato,  molto fisica, con un allenatore molto preparata che ha saputo dare ai giocatori una mentalità vincente. “Sarà, prevede, un bello scontro, una bellissima partita”. Non sarà decisiva più delle altre, che per lui sono tutte da preparare bene e intensamente allo stesso modo. Dato l’equilibrio, saranno importanti i tifosi del Perugia, che si faranno sentire con presenza e affetto e che “ci sanno caricare”.

Noi e i tifosi. Non siamo noi che trasciniamo loro, sono loro che trascinano noi.

“Io non entro mai cosa mi aspetto dai tifosi, io posso dire solo che è normale che noi siamo felici più gente c’è e più siamo felici. Noi giochiamo per far contenti i nostri tifosi, perché alla fine sono loro che ci fanno sentire importanti, sono loro, quelli che ci trascinano. Non siamo noi che trasciniamo loro, sono loro che trascinano noi. Io la penso così. Io penso che una piazza come Perugia è sempre stata presente. Anche adesso i tifosi si fanno sentire. C’è una grande presenza, c’è un grande affetto e questa è una cosa che mi ha fatto molto piacere e che deve fare onore anche alla piazza di Perugia. I tifosi sono sempre presenti e si sentono molto. Sul piano personale mi fa molto piacere sentire l’affetto dei tifosi alla stadio in casa, come fuori. A Cesena ho vissuto belle emozioni, sentivi i tifosi e ti caricavano.”

A cura della Redazione di TifoGrifo.com

 

 

 

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