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L’avvocato del diavolo

Scritto da il 14/09/2015

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Qualcuno, prima o poi, ci spiegherà come mai, quando una soluzione sperimentata con successo sul campo, debba essere abbandonata repentinamente e altrettanto repentinamente il campo la va a punire. Il campo. Il campo. Il campo. Mai fidarsi di niente altro. Parole. Opinioni. Proclami. Sensazioni. Speranze. Timori. Aspettative. Suggerimenti. Il campo. Parla sempre e solo lui. Ed è solo nel campo che chi sa, sa, come diceva Michel Platini. E chi ha ragione la ottiene.

Premesso che ad inizio stagione la fisionomia delle squadre è in una fase estremamente embrionale e che ben possono alternarsi prestazioni esaltanti replicate da magre figure appena sette giorni dopo, e che addirittura nella serie B delle quarantadue giornate esistono due campionati in uno – fino alla pausa di fine anno e dopo la pausa: ciò che lo fa tanto somigliare al campionato argentino che si divide in apertura e clausura – ragion per cui sparare giudizi e azzardare previsioni è quantomeno imprudente, pur tuttavia il campo, come sempre, ha parlato. E per questo nuovo Grifo il campo non aveva parlato: aveva urlato 4-2-3-1, con una idea di gioca ben precisa trovata per merito di Bisoli da subito. Milan a parte (differenza tecnica abissale), quattro impegni seri tra pre campionato e coppa e quattro successi con Carpi, Bari, Reggiana e Teramo lo avevano sentenziato: 6 gol fatti, uno solo subito, spettacolo pochino, ma la sensazione era esattamente quella di una squadra solida e quadrata che se avesse segnato, ben difficilmente gli avversari avrebbero potuto recuperare. Perché mai, caro mister Bisoli, cambiare ciò che il campo aveva sentenziato? Se lo lasci dire, ci consenta, da chi fa un’altra professione e non è nemmeno giornalista, ma un po’ di calcio dal di dentro lo ha vissuto e soprattutto tifa Grifo da 45 anni ed è stato l’unico lo scorso anno a scrivere che Provedel e Giacomazzi (al di là di tante congetture sul modulo e sugli interpreti e del valore straordinario delle due summenzionate persone) fossero inadeguati e hanno fatto arrotare almeno sei – otto punti e tutto quel che ne sarebbe conseguito.

Partiamo dal patrimonio più grande di tutti, dal Presidente ai neonati della nostra citttà: l’amore per il Grifo. Ed è in suo nome che chiediamo di porre fine ai paragoni con le stagioni passate (soprattutto con quella appena trascorsa), ai rimpianti per chi non c’è più, per chi doveva arrivare e non è arrivato e soprattutto per chi doveva partire e non è partito. Resettare e ripartire. D’accordo. Mancheranno almeno tre giocatori di spessore per puntare alto: un difensore centrale mancino, un terzino sinistro e un centrocampista di esperienza (vedremo con quali caratteristiche). Ma in giro, nella serie B di queste prime due giornate, Gabionetta a parte, di fenomeni non v’è traccia. L’altra punta in grado di fare la differenza, oltre ad Ardemagni, forse ce l’abbiamo già (Drolè), ma non è opportuno caricarlo di responsabilità eccessive, altrimenti rischia di montarsi la testa e bruciarsi, è stato detto: giusto che faccia tutta la trafila, vista la giovanissima età, anche se nell’oretta di amichevole contro il Teramo pareva Alexis Sanchez (ex Udinese e Barcellona). Ma come mai, allora, lo stesso discorso non deve valere per Mancini? Il giovanotto scuola viola sarà pur bravo, sarà di grande prospettiva, sarà uno che coi piedi buoni che ha, sarà un leader: sarà, appunto. Futuro prossimo. Nell’immediato sono bastate e avanzate un paio di uscite terminate giustamente anzitempo (anche troppo tardi) per far emettere dal campo un giudizio unanime: sarà. Possiamo solo immaginare lo scoramento ed i moccoli strozzati di un Comotto o di un Belmonte (anche se al 50%) nel fare la riserva al signor sarà: bellino e acerbo come un caco che allappa.

4-2-3-1. Questo aveva sentenziato il campo come la via giusta per la felicità. Anche perché la più straordinaria delle qualità di questo nuovo Perugia è che col nuovo modulo ed i nuovi interpreti il calcio offerto era stato assai poco champagne, ma straordinariamente efficace e soprattutto aveva dato l’idea di una identità di gioco e di squadra ben precise. Bravo Mister Bisoli a dire in diretta Sky al suo predecessore Camplone che col possesso palla prolungato non è assicurata la vittoria. Bisogna essere concreti. Ma perché mai, ancora mi domando, anziché essere concreti pur se assai poco spettacolari, come in tutte le altre circostanze con il 4-2-3-1 si è diventati brutti, brutti e rinunciatari come nel primo tempo a Pescara, al cospetto di un avversario tutt’altro che trascendentale (che ne aveva beccati quattro a Livorno, rischiandone altri due, appena sette giorni fa), con un 3-5-1-1 degno del Nevio Scala che ci fece retrocedere nel 1997 a Piacenza? Il 3-5-2, come tutti i moduli, ha i propri postulati, dai quali non si può prescindere. Postula anzitutto due esterni di centrocampo bravi sia ad offendere che a difendere che il Perugia attuale non ha. Lasciamo perdere i paragoni con Ze Maria e Grosso, passi p er il solito sttraordinarioDel Prete, ma Fabinho quinto di centrocampo può giocare solo al Curi contro avversari modesti nel palleggio e nella corsa sui novanta minuti. Postula un regista classico, che sappia dettare i tempi per quanto lento e compassato: e dei due che abbiamo giocoforza in rosa adatti o adattabili alla bisogna (Filipe o Taddei), entrambi erano out per manifesta svogliatezza e altrettanto manifesta inadeguatezza nel rientrare nei piani societari. Postula due mezzali capaci di inserirsi e fare male sottoporta: ed in rosa non ne abbiamo nessuna. Rizzo può inserirsi ma non sa segnare, Salifu è uno straordinario incontrista che a Pescara oltretutto si è inserito servendo sullo 0-0 una straordinaria palla gol ad Ardemagni, Della Rocca un fine palleggiatore, ma con la palla al piede: quindi, chi ci va dentro? E postula ancora due punte (pur se con caratteristiche diverse) che giochino vicine. Meglio allora puntare da subito, se l’idea era quella del 3-5-2, su Parigini o Di Carmine vicini ad Ardemagni a mordere. A proposito: caro Di Carmine, neanche Floro Flores che ha segnato oltre cento gol tra serie A e serie B si può permettere di mugugnare pubblicamente dopo un gol decisivo al 90’ in serie A, come ha fatto Lei dopo l’inutile 1-2 da Lei segnato al 90’. Dimostri sul campo quello che vale anche in serie B (segnare 14 gol in terza serie conta poco) con gol pesanti e prestazioni convincenti, poi forse le consentiremo di mugugnare.

Molto meglio, nel secondo tempo di Pescara col 4-2-3-1 cui questo Perugia è vocato. Ma perché questo Perugia è vocato a questo modulo e al momento solo a questo? Perché ha giocatori ed un modo di giocare precisi per questo. Difesa a quattro bloccata (e neanche troppo, considerati Del Prete e Spinazzola o Alhassan sugli esterni: alla faccia del Bisoli difensivista…), due eccellenti incontristi e ruba palloni in mezzo (Rizzo e Salifu), una batteria nutrita e assai assortita di trequartisti funambolici, atipici e solisti (Fabinho, Lanzafame, Zapata, Parigini, Drolè) un trasformista (Spinazzola) ed un atipico adattabile a tutti i ruoli dell’attacco (Di Carmine) in grado di supportare uno dei tre insostituibili di questa squadra (Ardemagni) al pari di Rosati e lo straordinario Volta. Non è male, questo Grifo. Che sarebbe stato tutt’altra cosa con gli innesti di Hegazy dietro, dell’accoppiata Porcari – Bianco in mezzo o di Giorgi, l’unica mezzala tecnica e di inserimento, l’unico centrocampista che per caratteristiche manca davvero al Perugia lì in mezzo. Perché a chi si lamenta della mancanza di un Fossati (insostituibile per la bravura del singolo), per caratteristiche ben possono essere impiegati Filipe o Taddei, sempre che costoro si ricordino di essere dei calciatori. Non è male questo Grifo, che nelle prime uscite aveva proposto un modo di difendere scalando all’indietro (e non anche in avanti come nella passata stagione) e lo sfruttamento vincente dei calci piazzati che ci aveva fatto concordare col Presidente che in questo campionato non è necessario spendere milioni di euro per essere competitivi. A patto che, al di là delle tattiche (nel 4-2-3-1- i due trequartisti esterni devono essere velocissimi e devastanti o nel guadagnare il fondo o nel puntare a rete, cosa non sempre vista nelle precedenti apparizioni), gli interpreti che scendono in campo siano animati dal quel sacro fuoco di arrivare, migliorarsi, gettare il cuore oltre i limiti tecnici individuali e di squadra, totalmente assente a Pescara. Eccolo il peggior difetto, al di là del modulo suicida, proposto dalla trasferta in riva all’Adriatico. L’atteggiamento totalmente inadeguato, la mancanza di voglia e di forza di stupire e migliorarsi. Che meditino i Grifoni perché di fenomeni in giro (Gabionetta a parte) in questa serie B delle prime due giornate non se ne sono visti: anzi, si sono viste difese assai allegre di squadre allestite con tanti milioni liquefarsi come ghiaccioli al sole del luglio passato.

Che meditino i Grifoni, perché quest’anno- come anche nell’anno passato – in serie A non ci vanno gli squadroni coi nomi ma gente che sa giocare a calcio, difende bene e riparte veloce, è intenso per 95 minuti e va giocarsela ovunque alla garibaldina. Tutte caratteristiche appena intraviste in pre – campionato e nella prima giornata e sbiadite in quel di Pescara.

Che meditino i Grifoni dalla salutare scoppola di Pescara: perché quella paura e quel giocare molli non abbiano più a ripetersi. Perché anche nella seconda giornata appena trascorsa la serie B ci ha insegnato che con la paura, con la spocchia o la presunzione si rimediano solo figure barbine, come Cagliari, Cesena, Spezia insegnano.

Michele Antognoni – TifoGrifo.com

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il 14/09/2015.
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