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Approfondimento tecnico a cura di Michele Antognoni

Scritto da il 04/05/2015

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‘When life gives you lemons, make lemonade’. Quando la vita ti dona un frutto aspro, quasi immangiabile, trasformalo in una bevanda zuccherata e gradevole. Trattasi di metafora, semplice ed efficace, che gli inglesi molto comunemente usano per spronare chi si trova in difficoltà per incoraggiarlo a darsi da fare, con ottimismo. ‘To turn lemonade into lemons’ è invece il ribaltamento del proverbio, che indica l’incapacità di non saper approfittare delle opportunità, rovinare o sprecare una situazione favorevole, esattamente ciò che è capitato al Perugia contro il Trapani. Per fortuna che al triplice fischio la limonata non si sia guastata e tutti quelli che amano questi colori e questa squadra abbiano attinto alla gustosa bevanda a ganasse spiegate: normale, perchè questa vittoria (pur se troppo sofferta) significa 59 punti a tre giornate dalla fine , sesto posto in classifica generale: tanta roba. Ma tutto ciò ancora non basta: ed è per questo che va profuso ogni sforzo, di tifo, di ragionamento, di stimolo, di sostegno, di analisi alla ricerca della felicità. Del Grifo, non di Muccino, e di conseguenza della nostra.
Il Perugia non ha saputo approfittare degli ottimi auspici sotto i quali era nata e si era sviluppata la partita contro il Trapani: partita sbloccata dopo appena due minuti, il più pericoloso e temibile degli avversari espulso dopo un quarto d’ora ( con standing ovation dell’intero stadio alla sua uscita dal terreno di gioco degna di titoli a nove colonne. Evento più unico che raro nel calcio, Perugia insegna ancora), avversario finalmente venuto a giocarsi la partita e ad evitare le barricate, con un calcio logico, pulito negli schemi e nel fraseggio palla a terra, al di là dei nomi poco nobili debli interpreti. Non solo il Grifo non ha chiuso una partita che aveva il dovere di chiudere, ma se Antonino Barilla’ da Reggio Calabria non si fosse trasformato in inconsapevole difensore dei grifoni, togliendo dall’angolo cui era destinata la inzuccata del compagno a metà ripresa, ora staremmo a piangere sorseggiando l’aspro del limone che ci avrebbe fermato a quota 57 e sulla soglia dei play off, anziché gustare la limonata ghiacciata dei 59 punti ed un posto agli spareggi quasi in frigo. E intendiamoci: nel primo tempo almeno il Perugia non è andato male. Partito aggressivo, motivato e convinto, il Perugia dopo i cennati eventi favorevoli del primo quarto d’ora non ha sviluppato nella maniera e con l’intensità che era lecito attendersi il proprio gioco. Ha prodotto, è vero, almeno tre palle gol (due con Lanzafame, sventate dall’ottimo Gomis con altrettanti prodigi ed una inzuccata di Ardemagni a lato di poco) dando sempre la sensazione di comandare agevolmente le operazioni, soprattutto con la catena di destra (Lanzafame, Fazzi: due eccellenti intuizioni di Camplone che li sta trasformando in una mezzala e in un quinto di centrocampo di valore assoluto). Ma col passare dei minuti ha fatto prendere coraggio, campo e occasioni importanti al Trapani. D’accordo, nel calcio esistono anche gli avversari ed il Perugia non è il Bayern di Guardiola che trita gli antagonisti. Ma la giocata con la quale è stato consentito per ben due volte di presentare l’acerbo ma ficcante Malele solo davanti al portiere merita di essere sottolineata con la matita blu. Trequartista (Falco) che libera il mancino sopra Giacomazzi che andava a prenderlo troppo alto (dove magari sarebbe stato il caso che si fosse abbassato Fossati), palla alle spalle di Mantovani (dalle parti di Goldaniga il giochino non era nemmeno pensabile) per lo scatto di Malele. Che solo davanti a Koprivec in una circostanza ha sparato a lato, nell’altra si è fatto ipnotizzare da Jan. Fortuna del Perugia che nel corso della ripresa ci abbia pensato Cosmi a levarci il pensiero e gli imbarazzi per quel tipo di giocata, togliendo dal campo sia Falco che Malele: francamente non so come sarebbe potuta andare una eventuale terza giocata del genere. Ripresa nella quale il Perugia ha avuto altre due chiare occasioni da rete (Ardemagni ancora di testa, Falcinelli a lato) ed ha avuto a disposizione due contropiede quattro contro due la cui gestione grida vendetta al cospetto di Dio, contro l’unica, colossale palla gol dianzi ricordata con Barilla’ che ha tolto dalla rete la palla del pareggio e proteste degli ospiti per un boccatone (evitabile, ma nulla più) rifilato da Giacomazzi a Ciaramitaro in piena area. La palla non ha girato come avrebbe dovuto, ma soprattutto sono mancate cattiveria e intensità che avrebbero consentito il raddoppio e zero patemi. Tirata d’orecchie d’obbligo per Fazzi e Parigini che hanno rimediato due cartellini gialli evitabilissimi e pesanti che priveranno il Perugia di due pedine importanti ( al pari di Falcinelli) a Pescara.
Già, perché sabato prossimo ci sarà gita fuori porta all’Adriatico. E chi scrive, dopo aver visto Avellino – Pescara (della serie:il calcio è solamente un hobby….) vi può garantire che Marco Baroni, allenatore degli abruzzesi, dopo il suicidio odierno al Partenio e sebbene ne possegga le phisique du role, non ci aspetterà sul bagnasciuga in ciabatte e canotta da bagnino, con mojito e cinesina pronta al massaggio. Sarà dura. Perchè il Pescara ammirato nel primo tempo non ha stravinto solo perché gli si è avverato il proverbio in voga a Città di Castello : ” tal merlo ‘ ngordo gni crepo’ ‘l gozzo “, con le “o” pronunciate rigorosamente aperte, talmente tanti i gol divorati in palese e schiacciante superiorità tecnica, al cospetto di un Avellino che pareva suonato come uno sparring partner di Tyson. 4-3-1-2 con l’islandese Bjarnasson ( muscolare e tecnico ) a proporsi tra le linee strette non appena riconquistata e rigiocata palla dai piedi aggrazziati di Brugmann e Memushaji o da quelli meno raffinati ma più mobili dell’ivoriano Salasi. Con Bjarnasson pronto a sollecitare Pettinari, signor bomber di scorta di un certo Sansovini, dal passo rapido e dal gran fiuto del gol che partiva molto largo a destra si accentrava e rapidissimo scaricava sul fronte opposto nella corsa dell’imprendibile Melchiorri, non a caso accostato a club di serie A. Morale? Un gol, una traversa, uno spettacolo, tecnico e atletico, un costante e schiacciante predominio, con difesa inoperosa. È bastato all’intervallo avvicendare per ragioni ignote, ma ci auguriamo per Baroni serie, Salasi (ragazzino africano che garantiva buona gamba e tanto equilibrio) con il nostro Matteo Politano che l’incantesimo si è rotto. Non per colpa di Politano, sia chiaro, che anzi appena entrato si è visto negare da un paratone del portiere irpino il colpo del ko, ma perché quel perfetto equilibrio tecnico-tattico e fisico ammirato nella prima frazione si è di colpo dissolto pef fare spazio ad un 4-3-3 prevedibile e lungo, dove soprattutto il sacrificato vero è stato Bjarnasson, scalato da eccellente trequartista atipico, preziosissimo in fase di non possesso, ad anonima mezzala. Schieramento che ha allungato la squadra palesando spaventosi limiti nei due centrali difensivi (Fornasier e Salomon) eccessivamente legnosi e nei due esterni (Zampano e Pucino) che se messi sotto pressione senza godere di adeguata copertura soffrono oltremodo. Morale? All’Avellino, cui è bastato l’inserimento del solo Zito in luogo dell’imbrazzante Fabbro a metà primo tempo, squadra sorniona e assai resiliente (che si adatta, cioè alla perfezione alle situazioni negative), non ci è voluto molto per rianimarsi, caricata nelle spalle dall’eterno Castaldo e poi azzannare a morte (da veri lupi) con Zito e Kone, mentre il Pescara con Melchiorri ancora continuava a divorare gol e a trasformare la limonata in limone. Partita assai istruttiva questa del Partenio. Camplone, che torna a casa sua da protagonista, avrà preso appunti e avrà trovato spunti e contromisure in abbondanza per vendicare oltretutto la beffa patita all’andata al 92’ per colpa di Maniero, dopo che Fossati in quella partita si era meritato giustamente il pieno di voti in pagella e le attenzioni di grossi club al termine di una prestazione sontuosa.
Fuori i secondi, second out dicono gli arbitri della boxe. Il tempo delle mele è finito. C’è da menar battaglia per mantenere questi play off e per giunta nella posizione attuale. Massima intensità. Non so se sia ben chiaro a tutti cosa ci sia in ballo e soprattutto – come avrebbe detto Lucio Battisti – come sembri al tempo stesso vicino, ma irraggiungibile il traguardo.
Una certezza l’abbiamo maturata: se il Grifo gira a mille per intensità e solidità difensiva fino al novantesimo, cominciamo a preparararci: ci attende una fine maggio-inizio giugno da vivere in piedi.

Michele Antognoni – TifoGrifo.com

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il 04/05/2015.
Registrato sotto PERUGIA CALCIO, Primo Piano.

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