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Un tuffo nella memoria del Grifo- Ibrahim Ba, la pantera bionda che azzannò la Fera.

Scritto da il 03/01/2019

Quando Silvio Berlusconi acquista Ibrahim Ba nell’estate del ‘97, prelevandolo dal Bordeaux, è convinto di aver fatto un affare, l’ennesimo da quando è alla guida del Milan. L’ex presidente del consiglio dei ministri, dopo un’amichevole contro il Monza, squadra che farà parte del suo futuro, paragona l’esterno offensivo al beaujolais nouveau. Di bollicine pronte a solleticare i fini palati dei tifosi rossoneri ce ne saranno molto poche.

Da vino ad aceto

Per chi non ha dimestichezza con i vini, stiamo parlando di popolare novello rosso.  Ba viene descritto come un calciatore spumeggiante, frizzante, tecnico. È spavaldo, qualità necessaria per imporsi nel difficile campionato nostrano, ma da sola non basta. È come predicare nel deserto.

Il Milan deve riscattare la fallimentare stagione precedente, cominciata con Oscar Washington Tabarez, e conclusa con il deludente ritorno di Arrigo Sacchi. Berlusconi, evidentemente, dev’essere tipo da gradire le minestre riscaldate, purché siano di prima qualità.

Dopo Ruud Gullit, richiamato in pompa magna dalla Sampdoria, salvo poi essere rispedito nuovamente a Genova, e Sacchi, che si dimette dalla guida della Nazionale all’indomani di una disastrosa amichevole in Bosnia, è il turno di un altro volto noto.

A Milanello riappare Fabio Capello, fresco campione di Spagna con il Real Madrid.

L’obiettivo di Berlusconi, neanche tanto celato, è quello di vincere il campionato. Bisogna tornare a primeggiare sia in Italia che in Europa. L’inizio promette bene, ma le promesse, qualche volta, appartengono ai marinai.

Alla prima di campionato il Milan è di scena a San Siro contro la rinnovata Lazio di Sven Goran Eriksson. Nel momento migliore dei biancocelesti, che falliscono una clamorosa occasione con Boksic, i rossoneri si portano in vantaggio. L’autore del gol è Ibrahim Ba, Ibou per gli amici, soprannome ereditato dal padre, e visibile sul retro della maglietta numero 13.

Il francese, di origini senegalesi, dalla improbabile pettinatura dorata, – un biondo che impegna, eccome-, triangola con Weah, buca la difesa laziale e si presenta a tu per tu con Marchegiani. Il destro che vale l’1-0 è tanto preciso quanto chirurgico. La Lazio riesce a pareggiare al ‘94 con Beppe Signori, grazie ad un dubbio calcio di rigore.

La prestazione di Ba sembra aprirgli le porte del Paradiso, nonostante sia un calciatore al servizio del diavolo. Si tratterà di un flebile fuoco di paglia in una stagione che, pur arricchita da un’autorete provocata,- in un calcio dove esiste ancora un pizzico di romanticismo, e le autoreti vengono conteggiate-, e da ben undici assist, si rivela al di sotto delle aspettative.

Il Milan non riesce a qualificarsi in Europa, e il nostro protagonista, proprio nell’anno in cui i campionati del mondo si disputano in Francia, perde la maglia della Nazionale. Un duro colpo da digerire, solo il primo di una lunga serie.

Le luci a San Siro sono di Vecchioni, le ombre appartengono a Ba

Berlusconi è costretto a cambiare nuovamente allenatore. Da Udine giunge un nuovo profeta romagnolo. Non si tratta del nuovo Sacchi, naturalmente, ma Alberto Zaccheroni, accompagnato dal suo 3-4-3, è un ottimo maestro di calcio. Il modulo sembra congeniale alle caratteristiche di Ba, desideroso di gettarsi alle spalle la delusione per non aver potuto sollevare al cielo la coppa del mondo.

Con Bierhoff terminale offensivo, Weah e Leonardo in supporto, i cross di Ba, almeno sulla carta, dovrebbero andare a nozze. Si tratta di un sogno di mezza estate, perché Zaccheroni, oltre al panzer Bierhoff si è portato da Udine anche il fidato esterno destro Thomas Helveg.

Ibou, o Ba, a seconda delle preferenze, comincia titolare, ma poi scivola costantemente e ripetutamente in panchina. Saranno solo diciotto le presenze stagionali.

Troppo poche per rimanere all’ombra della Madunina a contemplare la nebbia. Meglio cambiare aria, e l’Umbria, il cuore verde d’Italia, sembra essere il posto giusto per riscattarsi. Ba prende armi,-i suoi cross, comunque precisi-, e bagagli-, una valigia colma di speranze-, e parte per Perugia. Ad attenderlo ci sono Luciano Gaucci e Carlo Mazzone.

Colpo di testa di Ba e… nascita della prova Tv

Gaucci crede nelle qualità tecniche, innegabilmente presenti, dell’esterno francese. Ba si è trovato a Milano nel momento sbagliato, dove tutto è da ricostruire. Le stagioni di dominio incontrastato appartengono ai libri di storia. È arrivato il tempo della Vecchia Signora, e nessuno può farci nulla.

Perugia può rappresentare il giusto trampolino di lancio per riprendersi la maglia rossonera. D’altronde, l’approdo nella città che aveva visto i santi Lorenzo, Domenico ed Ercolano spartirsi la benedizione delle antiche mura, avviene con la formula del prestito.

L’esordio contro il Cagliari alla terza giornata, nell’anticipo di sabato 18 settembre, è tutt’altro che memorabile. La partita di Ba non passa inosservata, ma non certo per giocate estasianti. Ne fa le spese il volto di Fabio Macellari.

L’ex numero 13 del Milan,- che nel frattempo ha ereditato il 25 in biancorosso-, tenta di fermare il 13 del Cagliari,- Macellari sì, ha mantenuto quel numero-, con una scivolata. Tentativo vano, l’avversario fugge via, ed alleggerisce per un compagno di squadra.

A palla lontana, la pantera bionda,- altro soprannome inventato da una mente sopraffina-, si avvicina al povero Macellari e gli rifila una testata in pieno volto, degna di quelle che Jean Claude Van Damme avrebbe adoperato per tramortire Tong-Po.

L’arbitro Collina è lontano e non se ne accorge. Ba termina la partita a sette minuti dal novantesimo sostituito da Andrea Sussi come se nulla fosse accaduto. Il Perugia vince 3-0 grazie alle reti di Nakata, Materazzi e Melli.

La testata di Ba crea un precedente, sancendo, di fatto, la nascita della prova televisiva. Il calciatore biancorosso viene squalificato grazie alle immagini tv. Al ritorno in campo, dopo quattro giornate, Carletto Mazzone, Er magara, gli rinnova la fiducia, almeno fino a gennaio.

Ba firma la sua unica rete in campionato in Perugia-Bari, vinta dai galletti per 2-1. È la gara, per intenderci, della sfuriata di Luciano Gaucci contro l’arbitro Pellegrino. Vincenzo Matarrese, ed il suo proverbiale: “Gaucci noi siamo di serie A, Gaucci!”, fanno letteralmente imbestialire il nostro amato Uragano.

Un’altra rete la mette a segno nel derby di ritorno di Coppa Italia contro la Ternana. Si tratta di un gol fondamentale, che consente al Perugia di vivere gli ultimi istanti di gara senza affanni.

Il 19 febbraio del 2000, dopo alcune giornate trascorse a guardare partite in panchina, eccetto brevi spezzoni, si riprende la maglia da titolare. Il buio sembra alle spalle, ma in realtà è destinato a tornare, inaspettato, indesiderato e più cupo che mai, solo sette giorni più tardi.

Il ginocchio fa crack

Allo stadio Curi è di scena il Verona di Cesare Prandelli. La partita è inchiodata sullo 0-0, risultato che troverete scritto sugli almanacchi. Purtroppo per Ba, una sfida anonima si trasformerà in indimenticabile, e non certo per la prestazione, tutt’altro che irresistibile.

In uno scontro di gioco si rompe il tendine rotuleo del ginocchio destro, e la stagione va in archivio prima del previsto.

Il futuro in panchina, ma non per scaldarla

Ba rientra al Milan, ma ci resta meno della rugiada posata dolcemente sulle foglie. Comincia un girovagare per il mondo verso esperienze poco gratificanti. Prima Francia, poi Inghilterra, quindi Turchia, e infine Svezia.

Rientra nuovamente a Milano, ma solo solo per appendere le scarpette al chiodo.

Continuerà a giocare a calcetto con i vecchi e fidati amici, tra cui Bobo Vieri. Il futuro di Ibrahim Ba potrebbe essere in panchina. Studia da allenatore, ma dovrà essere molto più convincente di quando calcava i campi di calcio. Ha frequentato l’ambiente del Milan, e non deve fare altro che tenere  a mente le parole di Marco Van Basten.

Il cigno di Utrecht, a proposito degli allenatori avuti in carriera, ha dichiarato che solo uno gli ha insegnato qualcosa. Tre non hanno lasciato alcun segno nel suo percorso di crescita, e sei hanno rischiato di rovinarlo. Ibou Ba si è scelto un mestiere piuttosto complicato, ma non è forse vero che chi non risica non rosica?

Raffaele Garinella-Tifogrifo.com

Foto : Wikipedia

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