TifoGrifo.com: Web Radio Tv Perugia, calcio, sport, sito, giornale,news

Perugia. Comunque vada, la città merita ben altro: non è retorica ma realtà

Scritto da il 11/08/2020

(ASI) Fare bilanci a tre giorni dalla sfida che deciderà una stagione potrebbe sembrare inopportuno. Altrettanto dare giudizi definitivi. Eppure, in ogni caso resterà sullo sfondo la peggior stagione dell’intera era Santopadre in termini di risultati. Mai così in basso e tanto umiliante era stato un campionato per il Perugia, per lo meno da quando è risorto dopo il fallimento del 2010. Dalla ripartenza tra i Dilettanti alla conquista della serie cadetta nel 2014 c’era stato un crescendo di successi. Il ritorno in Serie B con Andrea Camplone aveva visto la squadra chiudere al sesto posto, con 66 punti, in un torneo tutt’altro che livellato verso il basso, cui prendevano parte piazze di spessore come Bologna, Bari, Brescia, Vicenza, Pescara e Catania, nonché attrezzatissime outsider come Frosinone, Spezia e Avellino.

Dopo aver perso amaramente il preliminare playoff casalingo proprio contro i biancazzurri abruzzesi, ogni stagione è partita con un allenatore ed un gruppo diversi, senza mai un progetto capace di andare oltre la singola stagione. Malgrado le nuove garanzie che la serie cadetta offriva rispetto alla Lega Pro (diritti tv, maggiori incassi, maggior giro di sponsor), la società non ha mai costruito un organico davvero competitivo e completo per tentare quel salto di qualità che avrebbe permesso ai grifoni di affrontare il campionato e gli spareggi con ben altro piglio.

Svanita la promessa di riportare entro tre anni la squadra in Serie A, ci si è limitati ad assicurare alla città campionati tranquilli, senza mai compiere passi più lunghi della gamba. Si diceva che la priorità fosse quella di “tenere i conti a posto” ed evitare colpi di testa, citando gli esempi negativi di piazze, anche importanti, finite contemporaneamente nell’inferno della Serie D per fallimento. Tutto vero ed è stato senz’altro giusto ridurre al minimo i rischi societari. Eppure non si sarebbe dovuto rinunciare ad investire adeguatamente per allestire un organico competitivo, puntando sul solito ed inconcludente mix di senatori sulla via del tramonto e giovani promesse da valorizzare per qualche vivaio di Serie A.

Perché, come diversi osservatori facevano notare (non molti in verità), questa strategia “al risparmio”, in un campionato strano e per certi aspetti imprevedibile come la Serie B, avrebbe potuto aumentare i fattori di rischio. Si paventava, insomma, che, alla prima annata storta, questo modo di gestire la società avrebbe potuto mettere in pericolo la stessa permanenza in cadetteria.

Il primo campanello d’allarme in questo senso era suonato quasi tre anni fa, quando il gruppo guidato da Federico Giunti, dopo un inizio scoppiettante, si inceppò misteriosamente, piombando in zona retrocessione già a metà del girone d’andata. L’arrivo di Breda salvò la situazione, ripristinando gli equilibri interni di uno spogliatoio pesantemente frammentato e, pur tra alti e bassi (con un bruciante derby casalingo perso in rimonta), il tecnico veneto riuscì a traghettare i grifoni all’ottavo posto. Il secondo campanello d’allarme si era appalesato l’anno successivo quando, con Nesta in panchina, il Perugia subì un numero record di sconfitte interne in un’altalena di risultati inspiegabile che portò i grifoni al nono posto, fuori dal perimetro playoff ma “ripescati” in virtù della maxi penalizzazione del Palermo. Il terzo campanello d’allarme si è fatto sentire quest’anno quando, nonostante l’ennesimo cambio di allenatore (Cosmi per Oddo), la squadra non è riuscita ad esprimersi come avrebbe potuto e dovuto.

Troppo tardi? Non per Santopadre e Goretti che, dopo il pari interno con la Cremonese, decidono di richiamare Massimo Oddo per le ultime tre gare di campionato. La squadra vince a Chiavari contro l’Entella e molti sospettano che lo spogliatoio fosse semplicemente in disarmonia con Cosmi ma finalmente compatto con l’allenatore preferito, cacciato mesi prima. Invece no. Dopo il blitz in terra ligure, il Perugia rimedia altre due sconfitte: una col Trapani in casa e l’altra a Venezia.

Considerando che il Collegio di Garanzia del CONI avrebbe poi respinto il ricorso dei siciliani, che chiedevano di riavere i due punti tolti dalla giustizia sportiva per inadempienze nei mesi scorsi, a conti fatti sarebbe bastato un solo misero punto per ottenere l’agognata salvezza e spedire il Cosenza (ultimo nell’eventuale classifica avulsa con Perugia ed Ascoli) al playout contro il Pescara. Allo spareggio-salvezza sono così finiti proprio i grifoni, senza nemmeno il vantaggio di classifica, dal momento che, a parità di punteggio, il regolamento non considera gli scontri diretti un parametro sufficiente per garantire ad una delle contendenti la possibilità di ottenere la salvezza con due pareggi tra andata e ritorno.

La sconfitta di ieri a Pescara è la summa dell’impotenza tecnica e tattica di questa squadra: discreta e a tratti “grintosa” nel primo tempo, tanto da passare in vantaggio con una rete di Kouan, ma disastrosa nel secondo, per l’ennesima volta incapace di amministrare la partita e gestire un risultato importantissimo. Male assemblata, piena di giocatori fuori ruolo, tecnicamente e fisicamente non all’altezza o, peggio ancora, del tutto indifferenti alla maglia che indossano.

Quest’ultimo è senz’altro l’aspetto peggiore. Proprio nell’anno che sancisce (almeno ufficialmente) le 115 primavere del Perugia Calcio, i tifosi, già costretti a casa dalle misure anti-Covid, hanno dovuto assistere in diretta tv o radio a situazioni imbarazzanti, umiliazioni con pochi precedenti in un campo di gioco solcato da tanti grandi campioni degli ultimi cinquant’anni, inclusi quelli che hanno indossato la nostra maglia. Ricordi sbiaditi? Nostalgie fuori luogo? Discorsi senza senso? No. Finiamola con questo cinismo, tanto di moda oggi da ritenere cool l’antipatica abitudine di sminuire qualsiasi opinione disallineata, puntando il dito contro tutto ciò che possa anche solo minimamente apparire “retorico” o “nostalgico”. Bisogna essere realisti e saper guardare sempre avanti, certo. Ma, sottolineiamolo tre volte, il tifoso NON è un dipendente della società, fare i conti tra entrate ed uscite non rientra nel suo ruolo. Il tifoso deve semplicemente sostenere la squadra e chiedere il massimo impegno, dal primo all’ultimo tesserato, per onorare la maglia e, possibilmente, centrare risultati importanti. Ed è del tutto normale (e lecito) che chi ha vissuto altri tempi, di fronte allo squallore attuale ed in assenza di alternative, si rifugi nei propri ricordi più piacevoli, mettendoli a confronto col presente.

Solo un anno fa, Santopadre rimproverava ai tifosi la tendenza a pretendere troppo dalla società in una piazza che, in fin dei conti, nei suoi 115 anni di storia (o 119…) ha disputato soltanto 13 stagioni di Serie A. Questa riflessione, freddamente numerica, forniva già allora l’idea plastica della differenza tra un normale imprenditore ed un presidente di una squadra di calcio. Per noi tifosi, quei tredici anni ne valgono almeno il doppio. Sicuramente pesano ben più dei 15 o 20 di chi magari ha collezionato annate in A senza lasciare grandi tracce di sé o comunque senza eguagliare un secondo posto da imbattuti, come quello del 1979, e vincere una Coppa Intertoto, come quella conquistata nel 2003.

Ci sono poi le sensazioni, i ricordi, gli aneddoti, le storie personali: insomma, tutto quel patrimonio immateriale che ogni piazza, grande o piccola, metropolitana o provinciale, custodisce nel cuore dei propri tifosi. Cose che può capire soltanto chi le ha vissute, in primis dagli spalti ma anche sul campo. Solo chi riuscisse a calarsi davvero in queste sensazioni realizzerebbe che prima dei numeri viene la dignità e che un ciclo è ormai finito da almeno due anni. Averlo compreso tardi potrebbe costarci carissimo, ma c’è ancora un’occasione per evitare che questo popolo fedele e appassionato, oggi offeso ed umiliato, ne paghi il prezzo. A buon intenditor…

 

Andrea Fais – Agenzia Stampa Italia

Scritto da
il 11/08/2020.
Registrato sotto PERUGIA CALCIO, Primo Piano.

Multimedia

passionebiancorossa

Tifogrifo - Quotidiano ed Emittente Radio-Televisiva Web - Autorizzazione 33/2002 Registro dei Periodici del Tribunale di Perugia 24/9/2002 - Iscrizione Registro Operatori Comunicazione N° 21374 - Partita IVA: 03125390546 - Iscritta al registro delle imprese di Perugia C.C.I.A.A. Nr. Rea PG 273151 – © Tutti i diritti sono riservati - Studio grafico: EffePi Soluzioni Grafiche - Provider: Aruba Spa