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Padri nobili

Scritto da il 31/12/2013

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Quante volte abbiamo detto allo stadio: “vedi tizio, mi ricorda caio!”. Poi ci sono paragoni che reggono e quelli che strappano un sorriso. Vediamo se per ogni giocatore del Grifo- per alcuni, magari, forzando un po’- troviamo un padre nobile, un giocatore del passato biancorosso con dei tratti in comune.

 

 

Koprivec- Mazzantini

Reattivo, un po’ matto, coraggioso, felino. L’identikit di Koprivec è questo, e ricalca quello di Tiramolla Mazzantini, portiere che il Curi conobbe con la maglia del Venezia, intento a perdite di tempo clamorose e poi attore nella rissa successiva al famoso rigore di Allegri al 97esimo. Tiramolla giunse in A con colpevole ritardo, preso dall’Inter per fare la riserva a Pagliuca, un po’ come Koprivec con Handanovic ad Udine. Perugia segna per entrambi una tappa decisiva per consacrarsi e giocare con continuità. Reattivi, un po’ pazzi, coraggiosi, due gatti nella propria area piccola.

 

Conti- Liviero

Di giovani terzini ne abbiamo visti passare tanti, ultimamente, anche per la regola degli under che spesso consiglia di mettere sulle fasce gli elementi più giovani. Andrea Conti e Liviero arrivano a Perugia entrambi poco più che maggiorenni, vengono da giovanili di pedigree (Atalanta il primo, Juve il secondo), sono entrambi terzini (uno a destra, uno a sinistra) e sono alla prima esperienza in un campionato professionistico. Liviero sembra più un prodotto finito, mentre Conti stenta, specie all’inizio, per prendere confidenza con una realtà nuova. Li unisce la capacità di affrontare entrambe le fasi di gioco, utili in difesa quanto quando possono sganciarsi in attacco. Liviero è uscito meglio dai blocchi di partenza, l’anno scorso, si è dovuto fermare per il bruttissimo infortunio, è ripartito come niente fosse ed ha finito in calando. Conti ha cominciato male, ha perso il posto, ha continuato a lavorare e l’ha riguadagnato, costringendo Comotto ad andare a giocare “contromano” a sinistra. Due giovani levrieri pronti a sprintare verso le alte serie.

 

Massoni- DiCara

L’arrivo di Massoni, a gennaio, coincide con una difesa altissima e lui a prendere per mano Russo per impostare il gioco sul filo di una tattica del fuorigioco portata fin quasi a centrocampo, che se sbagli qualcosa hai l’attaccante solo contro il portiere e ciò non è bello. DiCara, l’attuale secondo di Camplone, è nato a pane e fuorigioco, legando al sua carriera a questa tattica prima con Galeone a Pescara e Perugia e poi nel Vicenza di Guidolin. Entrambi slanciati, eleganti, di solito in coppia con un altro centrale più “ignorante”, Massoni rispetto a DiCara pecca un po’ in reattività e “resistenza agli urti” (purtroppo si fa male spesso) ma guadagna qualcosa, data anche la sua statura, sulle palle alte. Due comandanti di difesa sempre alti.

 

Scognamiglio- Vierchowood

Quando di mestiere fai il difensore centrale non è che per forza devi essere un maniscalco, ma se di base hai un fisico quasi da pugile allora certe volte basta farti vedere determinato e sarà l’attaccante stesso ad evitare di fare il galletto (cfr.: “Ciao Lentini, mi chiamo Marco Materazzi”, anche se poi dopo le parole il Marco Martello allentò al talento granata nel famoso Perugia- Torino decisivo giocato al Curi un’entrata che io per precauzione non è che sarei uscito solo dal campo, mi sarei messo proprio nel pullman chiuso a chiave ad aspettare la fine della partita). Scogna è forte e preciso, imponente e però non è lento, anzi. Ricorda, per queste caratteristiche, l’eterno Pietro Vierchowood, che fece toccata e fuga a Perugia ma che in vent’anni di Serie A queste qualità le ha messe costantemente in mostra. Due mastini pronti a far la voce grossa.

 

Comotto- Sogliano

All’inizio Comotto si è messo a svirgolare palloni a casaccio, e ciò ha fatto dubitare del suo futuro a Perugia. Il capitano, invece, ci si è messo d’impegno e, seppur accusando qualche carenza, da quando è stato spostato sulla fascia ha fatto valere il suo passato e la sua tigna e, nonostante nasca marcatore, provando anche a spingere un po’, come vuole Camplone. Il punto d’equilibrio è questo terzino che sulla fascia si fa sentire e se c’è da far valere le proprie ragioni non si tira certo indietro nel protestare anche a difesa dei compagni. Diceva il paron Nereo Rocco: A tuto quel che se movi su l’erba, daghe. Se xe ‘l balon, no importa. Come Sean Sogliano, ma qualche volta spingendosi oltre la metacampo. Due che sul campo si fanno sentire.

 

Moscati- Blasi

Di Blasi, Moscati mi ricorda la facilità di corsa e la capacità di tenere il ritmo in maniera costante. Poi certo, Blasi era più incontrista, più agonista di quella carica in campo che ancora manca a Marco per fare il definitivo salto di qualità. Moscati è più tecnico, portato all’inserimento e versatile nell’impiego. Più leggero, però. Blasi sarebbe un buon modello per trovare le doti comuni e capire come lavorare su quelle che il centrocampista di 10 anni fa aveva in più rispetto al buon Marco. Che ha un futuro davanti e mezzi adeguati per costruirselo. Due che corrono, corrono, corrono.

 

Filipe- Giunti

Piazzato regista nel centrocampo a 3 da Galeone, che lo trasferì dall’ala sinistra con una intuizione che solo lui poteva avere, Giunti vide ricominciare la sua carriera. Anche Filipe, giovane brasiliano scovato da Pantaleo Corvino sul mercato verdeoro, qualche anno fa ha ricominciato la sua carriera, causa un infortunio che quasi gli troncava la carriera. Vertici bassi del triangolo di centrocampo, quando perdere una palla è potenzialmente letale, entrambi giocano a testa alta e non hanno paura di sbagliare. Due che sanno come dare la palla.

 

Nicco- Tedesco

Entrambi giunti tra la scetticismo generale, l’uno da un periodo di inattività dovuto ad infortuni e squalifiche, l’altro dall’arcinemica dell’epoca, la Salernitana, i due numeri 8 rappresentano nel loro periodo di militanza l’essenza del centrocampo. Nicco, come Tedesco, lo trovi dappertutto e partecipa ad ogni fase del gioco del Perugia: corre, contrasta, imposta, difende, si lancia a rete. Quando un giocatore così gioca sottotono, il Grifo ne risente, è ovvio. Sono entrambi uomini che fanno la differenza, che ti danno quasi l’impressione di giocare in 12 tanto coprono l’intero centrocampo. Due uomini ovunque.

 

Insigne- Ahn

Non ricordo chi, ma c’è chi, eccedendo giusto un po’, definì Ahn uno dei più grandi talenti inespressi della Serie A dell’epoca. In realtà Ahn nel Grifo rimase una via di mezzo tra un bidone stile “l’impiegato comunale” Ma Ming Yu ed un campione come Hidetoshi Nakata. Ogni tanto qualche bella prestazione senza mai raggiungere il traguardo di una continuità di rendimento e di impiego, come un Berrettoni, all’incirca. Anche Insigne finora non ha rispettato del tutto le attese: si vede che ha capacità e classe, ma solo a tratti riesce a metterle in campo con continuità, in maniera determinante. Insigne, come Ahn, è alla prima esperienza in un calcio diverso: il tempo è dalla sua parte e lo stesso Ahn, in fondo, pur deludendo in Italia arrivò ai Mondiali e, assieme a Byron Moreno, ci sbatté fuori dalla competizione. Talenti intermittenti, ma occhio a quando esplodono, insomma. E- detto per inciso- per me Insigne è davvero uno che ha le qualità per fare strada. Due che hanno i numeri.

 

Eusepi- Vryzas

Vryzas come padre nobile e Denis e Tiribocchi come attuali figure di riferimento. Eusepi lavora per la squadra ma quando la porta chiama lui ha le orecchie pronte per udirne la voce. Arrivato tra lo scetticismo di alcuni per un ultimo anno di B avaro di gol (ma colmo di pali, e gli anni precedenti in Serie C l’avevano già segnalato come bomber di qualità e quantità) e risentendo di questo, i primi tempi li ha vissuti con nervosismo, e ciò è stato ben visibile fin dalla partita di Coppa Italia col Savona. Dopodiché, partita dopo partita e gol dopo gol, l’Eusepione biancorosso ha iniziato a mettere insieme filotti di reti. 5 gol su azione, 3 rigori, un altro mezzo gol a metà con Sprocati e 2-3 reti regolari annullate. Particolare curioso, ma importante: la sfida maggiore per un bomber è sbloccare la partita. Ecco: dalle statistiche visibili su Soccerway, Eusepi è stato primo marcatore del Grifo per 7 volte, nessuno come lui, e dietro, a 6, ci sono due cannonieri che ben conosciamo: Miccoli e Ciofani. Eusepi e Vryzas: due che giocano bene per loro e per gli altri.

 

Fabinho- Rapajc

Ogni tanto adotto un giocatore, specie quando vedo delle potenzialità inespresse. Con Fabinho questo è accaduto (tanto per essere sincero ammetto che avevo adottato anche Paponi e, spostandomi sui tecnici, Sarri). Proposi il paragone con Rapajc più di un anno fa, nel periodo in cui Binho, scongelato dalla panchina Battistiniana,  aveva sbagliato 2-3 gol piuttosto facili ed era contestato dalla stessa Curva Nord. Eppure la partita col Bari in Coppa Italia non poteva essere stata un miraggio ed un paio di numeri, di spunti, di giocate non potevano essere venute a caso: tecnica e velocità son doti che o le hai o ti attacchi al tram. Binho le aveva, si vedeva da un chilometro di distanza, ed io pensavo, da squallido ex terzino di tornei amatoriali, che essere puntati da uno come quello là sarebbe stato un castigo divino. Come capitava a chi doveva affrontare il Gran Croato, Milan Rapajc, anche lui messo una volta in discussione, da Perotti, nel periodo perugino. Nacque così il paragone, e piano piano le prese in giro degli amici divennero… “Daje Binho”. Oggi Binho è parte di Perugia ed un giocatore che meriterebbe altre categorie. Da conquistare col Grifo, spero. Oggi Binho è l’erede di Rapajc, con alcune caratteristiche diverse, ma con la stessa capacità del Gran Croato di far sognare il Curi. Che Dio ce lo conservi! Due che emozionano.

 

 

Panca

 

Sini- Esposito

Ok, come ruolo non c’entrano nulla, ma come traiettoria di carriera al Grifo, beh sì. Sini arriva dal Benevento, giovanili della Roma e buon curriculum per la Serie C, inizia male ma piano piano si dimostra sempre più affidabile. Prime prestazioni brutte e bocciatura, la fatica di riprendere fiducia e farsi accettare, le ultime partite su livelli onesti (a Frosinone uno dei migliori). Esposito lo stesso: giocatore di categoria, esordio piuttosto deludente, un cambio di passo con l’arrivo di Camplone, ma senza mai essere in pieno il giocatore che si sperava. Sini è ancora in tempo. Due che dovevano essere sicurezze.

 

Vitofrancesco- P. Rocco

Multitasking Vitofrancesco può praticamente ricoprire tutti i ruoli del centrocampo, metà di quelli di difesa e stare largo in attacco, dovesse servire. In pratica gli manca di fare il portiere, il difensore centrale e la prima punta. Mi ricorda moltissimo Pasquale Rocco, un altro che forse era un po’ più tecnico, ma con un po’ meno di corsa. Due che dove li metti stanno (e ci san stare bene).

 

Sprocati- Gautieri

Difficile definire Sprocati in un giocatore del passato del Grifo: la velocità di Gautieri, sì, un po’ di tecnica di Petrachi, perché no. Ali classiche come non se ne trovano più. Sprocati è alla prima esperienza tra i professionisti e deve capire che non si può andare sempre per terra, anche perché gli arbitri non stanno sempre a fischiare. E poi lo sa anche lui che quando arriva davanti alla porta può essere letale, non a caso ha segnato gol pesanti. Quando parte ha una bella velocità con la palla, come Gautieri; Sprocati è un razzo che deve saper controllarsi meglio e scegliere le migliori opzioni di gioco: la sua crescita calcistica si gioca lì. Guardarsi due videocassette di Gautieri e Petrachi male non gli farebbe. Due che se partono è difficile riprenderli.

 

Mazzeo- Clemente

Gianpi, il Capitano che ha vinto la C2 con un ruolo così decisivo come difficilmente mi ricordo un solo uomo abbia mai avuto nella storia dei campionati del Perugia. Gianpi che con l’arrivo di Camplone giocò pochi minuti inguardabili col Frosinone che, sotto di due gol, impattò sul 2-2. Gianpi e l’idiosincrasia al 4-3-3 camploniano. Mazzeo ed il nuovo tecnico Lucarelli, e poi ancora Camplone. Tecnica di altre categorie e poco fiato, andatura indolente di chi è bravo e se la tira. Qui le storie, però, si biforcano: Clemente in pratica con l’arrivo di Camplone diventa un non giocatore, mentre Mazzeo si ritaglia i suoi spazi, da prima punta anomala, da uomo che spezza la partita e modifica il 4-3-3 in 4-2-3-1 quando c’è da gettare un assalto massiccio, da ala con licenza di fare un po’ quel che gli va e mettere un pallone sotto al sette, come a Frosinone. Due che sanno vincere e perdere da soli.

 

 

Allenatore

 

Camplone- Galeone

Quando arrivò a Perugia, Galeone chiese tre rinforzi al mercato di novembre, e giunsero Suppa, Allegri e Briaschi. E fu Serie A. Camplone, all’inizio del 2013, chiese 3 rinforzi ed arrivarono Massoni, Cangi e Nicco. E fu una rincorsa incredibile ad un Avellino che vinse il campionato solo in volata, con qualche rigore dubbio a favore ed oggi è in lotta per salire in Serie A. Anche quest’anno a gennaio si parla di 3 innesti, ma il Perugia oggi è primo, e può gestire il suo futuro. Il 4-3-3 come modulo, terzini che spingono, regista classico, sovrapposizioni. Camplone ripropone il gioco di Galeone, anche se quest’anno sta portando degli accorgimenti che rendono la squadra forse un filo meno bella, ma più pratica. Perché in fondo conta vincere, ed anche se proponi un calcio sconosciuto alla categoria quel che conta poi alla fine è uscire dalla C, torneo terribile e dalle mille insidie. Ed allora, legati da somiglianze così evidenti (Camplone è in fondo un discepolo dichiarato di Galeone), i due tecnici spero che a giugno abbiano una ulteriore similitudine: quella di aver conseguito una promozione che abbia riportato in alto il Grifo. Due che giocano per vincere.

 

 

Ci sarebbero altri due paralleli: uno forzato tra Goretti ed Alex Gaucci ed uno più lineare tra Santopadre e Luciano Gaucci. Durante la sosta, forse, si può scrivere qualcosa perché ora, in realtà, siamo già vicini alla gara con la Nocerina.

Si torna a fare sul serio, tutti ai nostri posti (al Curi).

Salirò!

Sipario!

Federico Basigli

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Scritto da
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