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Maldestro addio alla promozione in serie A

Scritto da il 31/05/2017

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Nello sport – si sa ed è scontato – c’è sempre un vincitore e un vinto. Ed è inevitabile che lo sconfitto provi un senso di tristezza nel momento in cui si verifica l’evento. E’ quello che hanno provato i diciottomila tifosi che, rispondendo all’appello del presidente Santopadre e del tecnico Bucchi, hanno affollato, in ogni ordine di posti, il “Renato Curi” per la partita di ritorno, semifinale playoff, tra Perugia e Benevento. E quando l’arbitro Abisso ha emesso il triplice fischio, la delusione e l’amarezza erano visibilmente scolpite nei loro volti. Un’altra straordinaria occasione sprecata, peraltro in maniera maldestra, per ritornare in serie A.
Diciamolo subito per non essere fraintesi, e per dire fino in fondo tutta la verità: pochi, per non dire nessuno, alla vigilia del campionato, davano il Perugia come candidato alla promozione in serie A. Ciò non toglie che le circostanze e le occasioni che ha offerto il campionato, equilibrato e sostanzialmente modesto, sono state ghiotte e straordinarie e non averle sfruttate al meglio è stata colpa grave. Quando, nel dopopartita, al “Vigorito”, Cristian Bucchi ha detto che, tutto sommato, non c’era da preoccuparsi più di tanto perché si poteva rimediare nella gara di ritorno, vincendo al “Curi”. Già, vincendo, ed allora, dopo aver fatto gli scongiuri del caso, il pensiero è andato, forse inconsciamente, alla classifica finale dove risulta che il Perugia, in casa, ha vinto solo 8 delle 21 partite giocate, 11 sono stati i pareggi e 2 le sconfitte. Ed il trend, purtroppo, è continuato, con il dodicesimo pareggio e l’addio alla Serie A, mai stata così vicina.
Il Perugia non aveva i favori del pronostico non tanto per il fatto che Massimiliano Santopadre aveva affidato la squadra ad un allenatore giovane e debuttante in serie B, qual era Cristian Bucchi, quanto per l’organico, certamente di qualità, ma incompleto, nel senso che non aveva, in attacco, due bocche da fuoco, che sono – lo sostengo da una vita – essenziali per vincere le partite di calcio. Può sembrare un’ovvietà. Non lo è, evidentemente, se molti se ne dimenticano con estrema facilità. Il calciatore che con un gol risolve il match, al di là dell’andamento del gioco, è indispensabile per vincere. In qualsiasi categoria. E gli esempi sono infiniti. Quando, in estate, la Juventus ha speso 94,7 milioni di euro per prendere Gonzalo Higuain dal Napoli, immagino che molti hanno pensato che si trattasse di una follia, di uno spreco, pesante e inutile. Non hanno capito niente. E’ stato l’investimento più azzeccato che potesse fare la società bianconera. Invidiabili i risultati sportivi già ottenuti: scudetto e Coppa Italia, ed è ancora in ballo, nella finale di Cardiff, la Champions. E ci sono anche i conti che tornano. Finora, e solo per il torneo europeo, ha già incassato 115 milioni di euro. Basta e avanza. Certo, è vero, non c’è stato solo lui, ci sono state altre gemme, preziose e splendenti, nel collier bianconero, le conoscono tutti è inutile ricordale, ciò non toglie che il campione argentino è stato decisivo in molte occasioni. E quando qualcuno ha criticato, spesso a ragione, che il gioco dei bianconeri non era stato sempre spettacolare, avvalora ancora di più la mia tesi: i cannoniere risolvono le gare, portano al successo, fanno vincere i trofei, al di là del gioco e dello spettacolo. Il Verona sarebbe andato in A senza i 23 gol di Giampaolo Pazzini, marcatore principe della serie B? La differenza tra la Spal, prima classificata, ed il Perugia, quarto, sono stati i 13 punti, ottenuti con 13 gol in più segnati. Il Perugia, nel suo organico, aveva come potenziale goleador Rolando Bianchi. Solo e potenziale, visto che non rientrava nei piani e gli schemi di Bucchi, tanto è vero che ha segnato un solo gol, è stato impiegato poco e poi, alla fine, a gennaio, è stato pure ceduto. E così ci siamo affidati, nel mercato di riparazione invernale, a Francesco Forte, debuttante in B, apparso subito anche lui fuori dagli schemi di Bucchi, con inevitabili poche apparizioni. E’ rimasto, a fare “miracoli”, Samuel Di Carmine con un bottino finale sicuramente lusinghiero, di 13 reti. E poi Nicastro (9) Dezi (7) e altri. Niente di meglio e di più. E, nel momento importante e conclusivo, quel “difetto di fabbrica” è ricomparso in tutta la sua importanza. Ed è stato decisivo, purtroppo.

Fortunato Vinci – TifoGrifo.com

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il 31/05/2017.
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