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Castagner. Ascoli e Perugia, quando nel calcio si possono fare i miracoli

Scritto da il 14/11/2015

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Siamo con Ilario Castagner. Ilario è stato un giocatore del Perugia, che Guido Mazzetti portò in Umbria dalla Reggiana. Per i perugini, però, è un mito come allenatore perché il suo nome resterà per sempre legato alla guida tecnica del Perugia dei miracoli, una squadra capace di ottenere un primato che può soltanto essere eguagliato ma non superato.

 

 

Gentile Castagner, ripartendo dal Suo bellissimo libro “Buon giorno Mister. Sessantotto anni di calcio vissuti dall’allenatore”, pieno di aneddoti e di informazioni ma anche di conoscenza per chi si approccia al mestiere di tecnico. Intanto, poco prima di Ascoli-Perugia, sveliamo un aneddoto: Lei all’Ascoli ha segnato una rete.

Sì, parliamo del 1962 o del ’61. Non ricordo con precisione, ma comunque nel campionato 1961/1962. Parliamo di 53 anni fa. Ad Ascoli feci un gol di testa su calcio d’angolo, arrivando un attimo prima del portiere, che, se non mi sbaglio, era Persico. Arrivai un attimo prima del pugno del portiere, che mi colpì l’occhio. Il dolore fu fortissimo ma vincemmo la partita, ed è questo quello che conta.

 

C’è sempre stato un travaso di tesserati, come Morello, Lei stesso, Novellino o Colautti. In quegli anni tanti giocatori dell’Ascoli sono venuti a Perugia e viceversa. Cosa si ricorda della sua esperienza da allenatore con i bianconeri negli anni Ottanta?

Nel mio primo anno [1986-’87, ndr] ricordo un lavoro importantissimo, diciamo quasi miracoloso, nel senso che arrivammo a novembre con la squadra che aveva pochi punti. Allora, c’erano i due punti per la vittoria ed un campionato aveva solo 30 giornate. Concludemmo il girone d’andata con soli 8 punti. Nel girone di ritorno, invece, facemmo un lavoro straordinario. Mi ricordo solamente le ultime quattro partite, contro la Roma in trasferta, in casa con l’Inter che si contendeva lo scudetto con il Napoli, a Brescia dove le rondinelle cercavano punti salvezza e ancora in casa contro il Napoli di Maradona. Praticamente pareggiamo con la Roma, vincemmo con l’Inter, consegnando lo scudetto al Napoli, vincemmo a Brescia, superando in classifica la squadra lombarda, e poi pareggiamo con il Napoli.

 

Facendo un parallelo, cosa Le è rimasto tra le tante panchine collezionate a Perugia? Qual è stato il momento più bello?

A Perugia ci sono stati veramente tanti “momenti più belli”. La promozione in serie A nel 1975, poi l’ultima giornata del campionato 1978/’79, a Bologna, quando ci rendemmo conto di aver fatto una cosa straordinaria, perché una squadra di provincia capace di finire un campionato senza mai perdere credo che non la vedremo mai più. Ma momenti belli sono capitati anche in tempi più recenti, come lo spareggio di Foggia contro l’Acireale nel giugno del 1993 per la promozione in serie B, quando 18.000 tifosi del Grifo invasero il capoluogo pugliese con una fila interminabile di autobus e macchine, o lo spareggio di Reggio Emilia contro il Torino del giugno 1998 per la promozione in serie A. Con il Perugia i momenti da incorniciare sono stati davvero tanti.

 

Castagner è un uomo che anticipa ciò che succederà. Ricordo che restammo tutti interdetti a Perugia mentre leggevamo sui giornali le Sue intenzioni di voler emulare l’Ajax dell’epoca. Da uomo di grandi intuizioni, come ha potuto convivere con tre personaggi dal carattere burrascoso e “conservatore” come Rozzi, Anconetani e Gaucci. E quali sono le differenze fra loro?

Rozzi era un presidente di grande entusiasmo. Voleva vincere le partite in casa. Fuori casa gli importava meno che la squadra facesse risultato, ma in casa ogni vittoria era una festa che continuava da mattina a sera. Lo vedevo ogni mattina, perché abitavo in un residence nei pressi del suo ufficio, quindi prendevamo spesso il caffè assieme e parlavamo della squadra. Io gli raccontavo della situazione dei giocatori.

Anconetani voleva vincere il campionato di Serie B. Arrivai dopo quattro giornate, quando la squadra era ferma a zero punti. Noi siamo partiti subito per portare la squadra in serie A. Sapeva valutare l’approccio degli avversari e quando c’era una partita difficile se ne rendeva conto. Solo quando perdevamo una partita in modo strano, aveva la mania di ritiri. Cosa che ha trasmesso anche a Gaucci, che tra l’altro era suo amico. Si sentivano spesso.

Anconetani era un grande uomo di calcio, perché prima faceva l’intermediario. Ha venduto tantissimi giocatori. Quando c’era un passaggio importante di un calciatore da una squadra all’altra, in mezzo c’era quasi sempre Anconetani.

 

Alla 12a giornata della stagione 1975/’76 il Perugia ottenne la prima vittoria esterna in serie A proprio contro l’Ascoli. I biancorossi vinsero per 2-1 in virtù delle reti di Zandoli per l’Ascoli, di Vannini e di Novellino per il Perugia. Nel campionato di Lega Pro Girone B 2013-’14, il Perugia ha vinto ad Ascoli al 94’ con la rete di Sprocati, decisiva per agguantare il Frosinone al vertice della classifica del campionato di Lega Pro. Cosa potrà rappresentare per il Perugia questa gara contro i marchigiani viste anche le due diverse situazioni in classifica?

L’Ascoli deve davvero cercare punti per la salvezza, mentre il Perugia praticamente deve giocare per il rilancio definitivo. Perché vincere una partita fuori casa, dopo aver vinto in casa, darebbe continuità ai buoni risultati che hanno fornito la carica all’ambiente e ai giocatori. Vincere la partita diventa determinante visto che ci si può avvicinare subito alla zona spareggi promozione.

 

Ricordo un altro aneddoto di Vannini che, durante la presentazione del Suo libro alla Sala dei Notari, aveva detto: “Se l’avessi letto prima, avrei avuto informazioni utili per allenare”. Detto da un suo ex giocatore, credo si tratti di un grande complimento.

Si, infatti. Anche per me è stata una grande soddisfazione sentire quelle parole di Franco Vannini, che tra l’altro è stato un giocatore importantissimo per il Perugia. Sono convinto che se lui non avesse subito quell’infortunio nel 1978/’79, probabilmente avremmo vinto anche lo scudetto oltre che raggiungere l’imbattibilità, perché era un giocatore determinante in quella squadra.

 

Quando Lei lo vide giocare a Como, lo volle subito a Perugia nel quadro di uno scambio poi dimostratosi preziosissimo per la società biancorossa, a cui approdarono tre giocatori che avrebbero fatto la fortuna del Grifo.

Sì, è vero. Quando allenavo la primavera dell’Atalanta, ho visto giocare molte squadre olandesi. Per questo tirai fuori il discorso del “gioco olandese”. Ero incaricato di osservare gli avversari che la prima squadra avrebbe dovuto affrontare la domenica successiva. Mi capitava spesso di andare a Como, dove giocavano Curi, Vannini e Savoia. Li conoscevo bene e quando sentii che il Como li stava cedendo, feci di tutto per spingere la società ad ingaggiarli. Dissi che c’era un affare da concludere in fretta. Negli anni successivi, questi giocatori diventarono le colonne del Perugia.

 

Oggi va di moda parlare molto dei moduli. Ma la tattica è davvero così importante?  In definitiva, qual’è la cosa più importante quando si mette in campo una squadra?

E’ un equilibrio. Un equilibrio che è determinante per piazzare i giocatori in modo tale da sfruttare al meglio le loro qualità.

 

 

 

Ettore Bertolini e Natsuko Moritake – ASI TifoGrifo Web Radio Tv Perugia

 

 

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